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La societá civile e le sue quattro cause
La Societá Civile e le Sue Quattro Cause
L’uomo è naturalmente un animale sociale o politico. La Società è un’unione morale di più uomini, per agire in vista del bene comune. La ‘causa finale’ della società è il bene comune temporale subordinato a quello spirituale, che non può essere raggiunto dal singolo, la ‘causa materiale’ sono le persone o le famiglie, la ‘causa efficiente’ è Dio che ha creato l’uomo socievole, la ‘causa formale’ è l’unione morale tra i soggetti, essa consiste nei diritti e doveri, mediante i quali i membri della Società sono uniti ad agire per conseguire il bene comune.
Dalla Società civile costituita, risulta l’autorità come proprietà necessaria della civitas. Essa consiste nel potere di far leggi per conseguire il Fine, nel farle osservare e nel castigare chi le vìola. L’autorità è dunque il potere di governare la res publica, ossia di dirigerla al suo Fine. Per conseguire tal fine è necessario:
1°) che i mezzi conducenti al Fine, siano proposti in modo obbligatorio (potere legislativo);
2°) che le cose proposte, siano applicate convenientemente, secondo il senso in cui furono proposte (potere esecutivo);
3°) che coloro i quali non vogliono applicarli e/o si oppongono alla loro applicazione, possano essere costretti con la forza (potere giudiziario o coattivo). Il potere più importante è quello legislativo, essendo gli altri due esecutivi della legge.
La società naturale si divide in Società domestica (la famiglia, che è una Società imperfetta) e Società civile (lo Stato, che è una società perfetta nell’ordine temporale). La Società domestica o famiglia nasce dall’unione coniugale (marito e moglie) e dalla Società parentale e filiale (genitori e figli), essa è ordinata alla Società civile. Quella domestica è una Società imperfetta, poiché non ha tutti i mezzi atti al raggiungimento del bene comune da parte dei suoi soggetti.
Formalmente e ontologicamente, la Società consiste negli stessi suoi membri che, per inclinazione naturale e per un atto di libera volontà, sostanzialmente diverso dal “patto sociale” di Jean Jacques Rousseau si uniscono in ordine ad un determinato bene comune da conseguire. Essa è una pluralità di uomini, o enti ragionevoli, che soli hanno la nozione di Fine ed il desiderio della relazione dei mezzi al Fine, in quanto forniti d’intelletto e volontà; uomini che tendono ad un bene, ossia un Fine ben definito, cioè al benessere temporale (subordinato a quello spirituale) comune a tutti, mediante mezzi convenienti a far loro cogliere il Fine; uomini che formano un’unione che li lega tra loro ed alla Società, in un vincolo fatto di doveri e di diritti: i doveri e gli obblighi reciproci e verso la Società, ed il diritto di questa a dirigere coloro che la compongono verso il Fine nel modo stabilito. Tutto ciò produce, sotto la direzione dell’autorità: unità di Fine, armonia degli spiriti, concordia delle volontà, coordinazione dei mezzi.
Fine della Società non è soltanto quello negativo di proibire ingiurie e liti fra i cittadini, come vorrebbe il liberalismo, ma di produrre positivamente, mediante le leggi, le condizioni necessarie per avere una vita buona, ossia la perfezione materiale, intellettuale e morale della persona, nelle quali consiste la felicità imperfetta della vita terrena. Il Fine della società civile non è il Fine assoluto o Dio, ma è il bene o felicità o vita buona dei cittadini.
Contro la statolatria assolutistica, la sana filosofia insegna che la Società non è Fine assoluto, in cui i cittadini sono ordinati alla Società come loro Fine ultimo. È la società ad essere ordinata al bene comune dei cittadini considerati in quanto uomini fatti a immagine e somiglianza di Dio ed aventi un’anima razionale ed immortale e quindi ontologicamente superiori alla società (“civitas propter cives et non cives propter civitatem”). Contro l’individualismo liberale la retta ragione insegna, invece, che l’autorità politica ha il dovere di difendere i diritti dei cittadini e di procurare anche positivamente i beni che rendono dignitosa la vita del cittadino, che l’attività del privato non può procurare sufficientemente e che l’uomo considerato come cittadino è una parte della Società e quindi moralmente o politicamente inferiore ad essa. L’autorità politica non deve assorbire ma proteggere i diritti della persona e della famiglia; essa interviene solo ove la famiglia ed il privato non riescono ad andare avanti (principio di sussidiarietà).
L’essenza della Società umana
Vi è chi individua l’essenza della Società nell’autorità, asserendo che la Società è composta da due elementi essenziali: quello materiale, costituito dalla moltitudine degli uomini, e quello formale, costituito dalla pubblica autorità. Secondo altri, invece, l’essenza della Società è da individuare nelle sue quattro cause – causa finale, il bene comune; causa materiale, le persone e le famiglie; la causa efficiente, Dio che ha creato l’uomo socievole; causa formale, l’unione morale tra i soggetti che si impegnano in vista del bene comune – essendo l’autorità una proprietà della Società, ossia un elemento che deriva direttamente e necessariamente dall’essenza della Società ma che, da sola, non ne costituisce l’essenza.
L’origine del potere
1°) Potere assoluto del capo
Il potere viene immediatamente da Dio al capo, senza passare attraverso il popolo come canale. Dio sceglie un individuo cui conferisce il potere. Ciò è vero per la Chiesa Cattolica, per i Re dell’Antico Testamento e non per l’autorità umana nel Nuovo Testamento; infatti l’autorità viene da Dio come da causa remota, ma Dio non manifesta (per se o normalmente) direttamente quale sia la persona che debba esercitare il potere (può farlo per accidens, ma in filosofia si considera il per se). La persona è scelta dal corpo sociale. Il popolo perciò non crea il potere, ma designa le persone che lo debbono esercitare. S. Tommaso riconosce la legittimità del suffragio nelle piccole Società, in cui ciascuno conosce in cosa consista l’interesse della comunità; ma lo critica nelle grandi Società (S.Th. I-II, q. 97, a.1). L’Angelico non parla di suffragio universale “che dà lo stesso valore a tutti i voti, e assicura, così, il predominio della massa incompetente e facilmente ingannabile, sulla sanior pars societatis , il predominio della preoccupazione degli interessi individuali immediati sull’interesse generale futuro della società, che è così sacrificata all’interesse di ognuno”. Francisco Suarez insegna che “Nessun monarca ottiene il suo potere immediatamente da Dio; ma mediante la volontà degli uomini”.
La Monarchia di diritto divino, in cui il re ottiene il potere direttamente da Dio, si presta ad una duplice interpretazione:
a) il potere deriva, come da fonte remota, da Dio, e questo è di Fede, “ogni potere viene da Dio” (Rom. XIII, 1);
b) l’autorità regale deriva direttamente al Principe da Dio, quindi è sciolta (assoluta) da ogni legame o dipendenza (dal Papa, dalla Chiesa e dal popolo, anche quando il monarca diventa tiranno).
Solo il Papa riceve direttamente il potere da Dio, dopo esser stato eletto dai cardinali, che non gli trasmettono alcun potere, neppure come canale; ma che designano solo una persona, alla quale Dio direttamente dà il potere, mentre il re (o qualsiasi autorità temporale) riceve il potere da Dio, mediatamente. Quindi se si vuole utilizzare il termine ‘monarchia di diritto divino’, occorre specificare: mediatamente divino.
2°) Potere delegato dal “popolo” canale
È la tesi insegnata dai Padri, sino a S. Tommaso, e da Bellarmino e Suarez. La scelta del capo appartiene al corpo sociale, come sanior pars, di modo che l’autorità lavori per il bene comune. Occorre specificare che il popolo (che non è la massa amorfa) “ha” il potere solo per comunicarlo al capo, ossia il popolo è soggetto imperfetto o transitivo o “viale” del potere, mentre il capo è soggetto perfetto e permanente di esso; il capo detiene stabilmente il potere come suo; una volta datogli, esso non può essere ripreso dal popolo a suo capriccio (tranne il caso di tirannia). Il capo non è il deputato o rappresentante del popolo. Egli ha l’autorità stabilmente, che gli viene, mediante il popolo-canale, da Dio. “Poiché tutti gli uomini nascono liberi, non esiste uomo che possa pretèndere di avere giurisdizione su altri uomini. Dunque, Dio non ha potuto attribuire immediatamente e direttamente la sovranità a qualcuno. La sovranità risiede […] nell’insieme degli uomini, ossia nella comunità. È questa dunque che ha il diritto di scegliere liberamente una certa forma di governo e di designare il capo o i capi cui viene delegato il potere sovrano. Questa è la dottrina scolastica e cattolica o teoria tradizionale del potere-delegato, come la si chiama in etica sociale. Dio è fonte remota di potere, il popolo ne è solo canale di traslazione; e siccome la comunità, normalmente, non sa, perfettamente e stabilmente, esercitare il potere, ecco la necessità di scegliere una persona (o più, a seconda delle forme di governo) alla quale trasferire il potere, come canale, e nella quale il potere resta stabilmente.
La socievolezza naturale dell’uomo
Papa Leone XIII insegna che “L’uomo è naturalmente ordinato alla Società civile: non potendo infatti nell’isolamento procacciarsi il necessario alla vita ed al perfezionamento intellettuale e morale, la Provvidenza dispose che egli venisse alla luce fatto per congiungersi ed unirsi ad altri, sia nella Società domestica, sia nella Società civile la quale solamente gli può fornire tutto quello che basta perfettamente alla vita”. (Enciclica Immortale Dei, 1° novembre 1855). Già Aristotele diceva che chi è incapace di vivere in società o non ne ha la necessità perché basta a se stesso, deve essere “un animale o un semi-Dio”.
La famiglia, non essendo autosufficiente, tende ad integrarsi nella Società civile il cui Fine è universale, perché è quello che riguarda il bene comune a cui tutti i singoli cittadini hanno diritto nella debita proporzione. “Per essa gli uomini si mettono in mutua comunicazione al fine di formare uno Stato”. (Leone XIII, Enciclica Rerum Novarum, 15 maggio 1891).
Lo Stato è per i cittadini, non viceversa, ossia la persona in quanto razionale, libera e spirituale non è un ingranaggio della Società, una parte di essa, come una rotella di un meccanismo, e occorre che lo Stato rispetti la dignità della natura umana, fatta ad immagine e somiglianza di Dio, dotata di un’anima spirituale e di intelletto e volontà, e quindi libera di fare il bene che la condurrà alla vita soprannaturale ed eterna. Lo Stato perciò deve procurare una vita materialmente perfetta all’uomo, difendendo i suoi diritti e la sua dignità: la vita, l’integrità fisica e morale, le comodità temporali, l’educazione, ecc. Ma al contempo l’uomo in quanto sociale o civis deve sacrificare moralmente se stesso per il bene comune della Patria, partendo per la guerra difensiva, pagando le giuste imposte, rispettando le leggi civili rette […]
Papa Pio XI insegna che “Nel piano del Creatore la Società è un mezzo naturale, di cui l’uomo può e deve servirsi per il raggiungimento del suo Fine, essendo la Società per l’uomo e non viceversa. Ciò non è da intendersi nel senso del liberalismo individualistico, che subordina la Società all’uso egoistico dell’individuo, ma solo nel senso che, mediante l’unione organica con la Società, sia a tutti resa possibile, per la mutua collaborazione, l’attuazione della vera felicità terrena”. (Enciclica Divini Redemptoris Promissio, 19 marzo 1937).
Proprio in considerazione della natura dell’uomo, sarebbe un gravissimo errore pensare che la Società civile sia ordinata esclusivamente alla sicurezza ed al bene temporale dell’uomo, senza alcuna relazione a Dio. La Società civile, infatti, non può prescindere dal Fine ultimo della persona, sia perché la felicità temporale dice ordine a quella spirituale, sia perché l’uomo singolo, fatto di anima e corpo, non può contentare solo il corpo, ma deve provvedere anche alla sua anima, che anela ad un Fine spirituale.
Il bene comune
Il bene comune è il bene di una comunità di persone (famiglia, associazione, corporazione, ordine religioso, città, Stato) ed è relativo alla natura della comunità a cui si riferisce. Il bene comune naturale più importante è quello della Società politica, comprensivo di quello delle comunità particolari proprio perché nella Società politica queste trovano il loro sostegno e completamento. Il bene comune è il bene di tutti e di ciascuno, dunque un bene che non deve togliere alla singola persona ciò che le è essenziale per realizzarsi come uomo, ossia conformemente alla propria natura umana, a meno che – a causa di scelte morali e atti contrari all’integrità del corpo sociale – non sia lo stesso individuo a porsi nella condizione di subire restrizioni e sanzioni, comminate dalla legittima autorità posta a protezione del consorzio civile.
Nei rapporti tra bene personale e bene comune, il primo è subordinato al secondo sul piano delle cose temporali e materiali, in questo caso, infatti, la comunità viene prima del singolo. Ma se si tratta, invece, del bene di ordine soprannaturale, che riguarda la vita eterna della singola persona di fronte al bene materiale della comunità, allora il primo posto spetta alla persona razionale, libera ed immortale: “il bene del tutto è maggiore del bene particolare di uno solo, se si tratta dello stesso genere di bene. Invece il bene soprannaturale di una persona supera il bene naturale di tutto l’universo”.
Persona e Società
Lo Stato è una persona morale, esso consiste nell’unione di tante persone fisiche che tendono al bene comune; perciò il problema dei rapporti tra persona sociale o cittadino e Stato va risolto dalla filosofia morale (conoscere per agire), che è una scienza speculativo-pratica, e non dalla filosofia dell’essere o metafisica (conoscere per sapere), che è puramente speculativa.
L’individuo come parte della Società o come cittadino è moralmente o socialmente subordinato al tutto (specie umana e società civile), ma la Società è metafisicamente subordinata alla persona umana razionale, libera ed immortale, che tende ed è ordinata a Dio. Perciò la Società deve aiutare e non impedire la persona umana di tendere a Dio tramite la conoscenza e l’amore e non intralciarla con ordini ingiusti e falsi. “Ubi justitia et veritas, ibi caritas!”.
Il bene del tutto (Società) è moralmente, socialmente o politicamente superiore al bene della parte della Società (cittadino), ma se la parte è considerata come uomo creato ad immagine e somiglianza di Dio e ordinato a Lui, allora la persona umana ontologicamente è più nobile della Società di cui fa parte.
San Tommaso d’Aquino insegna che l’uomo può giungere alla sua dignità morale-prossima, o piena e totale, solo se agisce conformemente al suo Fine, nella Società civile di cui fa parte e che lo aiuta a ben vivere. La dignità ontologica, o radicale, dell’uomo deriva dal fatto che egli sussiste in una natura (essere statico) razionale; tale dignità è posseduta da ogni uomo, in quanto Dio gli infonde un’anima razionale nell’istante del suo concepimento. Mentre la dignità prossima, o morale, la possiedono solo gli uomini buoni, o virtuosi, che agiscono bene, in vista della verità e del bene comune ultimo, come membri dello Stato (nell’ordine naturale) e della Chiesa (nell’ordine soprannaturale), grazie alla morale, o etica, ed alla Grazia santificante.
Secondo Aristotele e San Tommaso, sul piano naturale, il bene comune della Società vale di più del bene di una singola persona. Tuttavia l’uomo è stato creato per un Fine soprannaturale, che sorpassa infinitamente il bene comune temporale. La persona umana, naturalmente sociale, o politica, può conseguire il suo fine prossimo in una società civile ed il Fine ultimo, e soprannaturale, nella Società soprannaturale che è la Chiesa di Cristo. Che il tutto sia maggiore della parte è un principio per sé noto a tutti. Il bene comune è maggiore e più nobile del bene di uno solo, anche sul piano soprannaturale, la creatura potrà ottenere il suo Fine soprannaturale solo come parte del Corpo mistico di Cristo; se è separata da Cristo non può entrare nel Regno dei cieli e anche quando la creatura umana è entrata in Paradiso continua a far parte della Chiesa, quella trionfante, ed è una parte, meno nobile, del tutto. Quindi la persona umana è sempre una parte, della famiglia e dello Stato – nell’ordine naturale – della Chiesa militante (su questa terra), purgante (dopo la morte in Purgatorio), trionfante (in Paradiso) – nell’ordine soprannaturale – e la parte non è mai superiore al tutto, presi nello stesso ordine.
Il tomismo rigetta il liberalismo, che dando valore assoluto alla persona umana la rende superiore allo Stato, e la statolatria totalitaristica, che afferma la superiorità del bene politico su quello ultimo soprannaturale, per cui la politica e lo Stato sarebbero il Fine ultimo dell’uomo che, in questo modo, viene privato dell’ordine soprannaturale in cambio dello Stato assoluto. Tra il bene della persona e quello dello Stato e della Chiesa non c’è conflitto, ma subordinazione dell’inferiore al superiore; della parte al tutto, della persona allo Stato ed alla Chiesa, del temporale allo spirituale.
La corretta nozione di persona
Severino Boezio definisce così la persona: “sostanza individua di natura razionale”. Per San Tommaso la persona è: “individuo di natura razionale” o “sussistente in una natura razionale”. Dunque la persona è un soggetto di natura razionale, ossia fornito di intelletto e volontà; essa esiste ed agisce indipendentemente da un’altra, è autonoma nell’essere (poiché in quanto sostanza non ha bisogno di un’altra realtà cui appoggiarsi) e nell’agire (poiché grazie alla sua natura razionale dirige se stessa nell’azione, in quanto è padrona dei propri atti). L’unico cui dipende è Dio suo creatore e conservatore nell’essere.
San Tommaso spiega che le creature intellettuali sono governate da Dio, in quanto volute per se stesse, mentre le creature non razionali sono ordinate alle creature razionali. Naturalmente ciò non significa che l’uomo non sia ordinato a Dio, suo Fine ultimo, ma solo che tra le creature la persona umana è il fine degli enti irrazionali, dei quali deve servirsi per poter giungere a Dio. Alla persona spettano diritti e doveri, ossia il diritto di poter fare ciò che occorre per conseguire il proprio Fine naturale e soprannaturale ed il dovere di farlo. La persona, in virtù della sua natura razionale, è capace di merito e di demerito, e quando agisce è tenuta a scegliere il bene e ad evitare il male, ossia ad ordinare la sua azione a Dio e allontanarla da ciò che la priva di Dio.
La dignità della natura umana
La dignità è una qualità o “valore” che conferisce una certa superiorità (che non tutti hanno) a qualcuno e lo distingue dagli altri. L’uomo ha dignità solo relativamente alle creature non razionali (minerali, vegetali e animali); ma non ha una dignità assoluta, o per se stesso, come asserisce il personalismo. La persona ha dignità solo in virtù della natura umana, nella quale sussiste, ossia la dignità umana è dovuta alla natura razionale e non appartiene al soggetto in sé; la dignità appartiene direttamente ed in primo luogo alla natura, e secondariamente alla persona o soggetto che sussiste in tale natura razionale. Parlare della “dignità della persona umana” non è esatto, sarebbe opportuno dire “dignità della natura umana” in cui sussiste il soggetto o la persona.
La dignità si divide in:
radicale-ontologica, una persona che è radicata su una natura umana razionale. Quindi radicalmente tutte le persone sono uguali, in quanto sono radicate tutte sulla natura umana e razionale, e solo questa dignità non può essere persa;
- totale-morale o pratica, la persona presa totalmente, nel suo essere ed agire. La dignità totale della persona è data dal suo agire, dai suoi atti buoni, mentre quelli cattivi la privano di dignità umana totale. Totalmente non tutti sono uguali, c’è chi fa il bene ed è buono e chi fa il male ed è cattivo. Infatti l’azione propria dell’uomo è conoscere il vero (intelletto) e amare, o volere, il bene (volontà). Vi sarà dignità totale-morale solo se la persona conosce il vero ed ama il bene; mentre se aderisce all’errore ed ama il male, perde la dignità totale-morale, anche se radicalmente conserva la natura umana e razionale. Papa Leone XIII insegna che: “L’intelletto e la volontà, che aderiscono all’errore e al male decadono dalla loro dignità nativa e si corrompono”. (Enciclica Immortale De, 1° novembre 1885).
San Tommaso d’Aquino scrive: “Col peccato l’uomo abbandona l’ordine della ragione: egli perciò decade dalla dignità umana, che consiste nell’essere per se stessi e nell’agire per il bene; degenerando, così in qualche modo, nell’asservimento proprio delle bestie, che implica la subordinazione all’altrui vantaggio (cavallo al cavaliere, peccatore a Satana) […] un uomo cattivo è peggiore di una bestia”. Questo principio giustifica la pena di morte inflitta dall’Autorità a chi ha perso la dignità umana totale facendo il male gravemente. Altra conseguenza pratica è che il diritto di agire è fondato solo sulla dignità totale (la persona nel suo agire) e non sulla dignità radicale (la persona sussistente in una natura razionale). Agire male, aderendo all’errore, significa perdere la dignità totale (che consiste nell’agire bene), pur conservando quella radicale (la natura umana). Non esiste perciò per la persona umana diritto a professare l’errore ed a fare il male, fondato sulla dignità della persona, la quale, agendo male, smarrisce la dignità totale, che sola fonda il diritto ad agire; anche se mantiene la dignità radicale, che riguarda l’essere e non le azioni.
Erroneamente il personalismo (Mounier e Maritain) afferma che la persona umana ha una dignità assoluta, non relativa alla natura in cui sussiste. Così si è imposta fra molti, l’idea aberrante che la dignità radicale della persona fondi il diritto ad agire, il diritto alla libertà di esprimere pubblicamente qualsiasi pensiero (cfr. Concilio Vaticano II, Decreto sulla “Libertà religiosa”, Dignitatis humanae personae, 7 dicembre 1965); mentre la sana filosofia insegna che, quando la persona agisce male (intellettualmente o moralmente), perde la sua dignità totale (che riguarda l’agire), pur mantenendo quella radicale (che riguarda l’essere). L’errore non ha diritti. Non esiste alcun diritto – che sia tale in quanto fondato sulla dignità della natura umana – a manifestare pubblicamente l’errore e fare il male (Pio XII, Discorso ai Giuristi cattolici italiani, 6 dicembre 1953).
La Società civile secondo il tomismo
La Società è un insieme di persone che si uniscono per conseguire il bene comune, onde ciò che vale per la singola persona si applica alla “persona morale” o Società, che non ha il diritto di essere neutra o agnostica, ma che deve agire conformemente alla natura razionale degli uomini che la compongono, i quali devono aderire al vero ed amare il bene. Così è per lo Stato, il quale non può essere “laicistico” o “neutrale” ossia aderire all’errore e fare il male, altrimenti perderebbe la sua dignità di Società civile e decadrebbe nella tirannide. Il Fine della Società è il bene comune, che deve essere etico e morale, e deve perfezionare la persona la quale non può essere obbligata a rinunciare ai valori morali, in nome di un sedicente ed apparente bene comune. Il bene comune temporale è un mezzo che aiuta le persone a conseguire il loro Fine ultimo. Di fronte alle leggi ingiuste vi è la liceità della non obbedienza ed anche della rivolta, come extrema ratio.
Priorità della Società o della persona?
La persona in quanto civis è ordinata al bene comune della Società ed è subordinata alla Società, come la parte al tutto (per esempio, la mano all’uomo); quindi vi è una certa priorità sociale/politica del bene comune sulla persona; tuttavia, la persona ontologicamente come soggetto intelligente, libero e fornito di anima immortale, non è l’ingranaggio di una macchina, completamente subordinato al funzionamento di essa, o un’ape subordinata all’alveare. La persona non è solo un animale politico o sociale, non è solo un membro della Società o un pubblico cittadino, essa è anche e soprattutto un animale razionale, dotato di anima immortale e di intelletto per conoscere la Verità Somma e di volontà per amare il Sommo Bene.
Bisogna allora distinguere l’essere umano:
- in quanto cittadino, è subordinato alla Società. Poiché l’uomo animale sociale – scrive San Tommaso – è parte della Società, in quanto tale appartiene al tutto.
- in quanto animale razionale e spirituale, sorpassa la Società terrena o civile, ed è ordinato alla Città celeste o divina, che trascende la Società civile. L’uomo non è ordinato alla Società politica secondo tutto se stesso, ma tutto ciò che egli è, può ed ha è ordinato a Dio.
Dunque, in quanto cittadino che tende ad un benessere temporale e terreno, l’uomo è ordinato alla Società, come una parte al tutto, ma, in quanto persona razionale e spirituale, è ordinato solo a Dio, avendo una finalità superiore a quella della Società terrena. Il bene della singola persona (Dio) è superiore al bene della Società (benessere temporale), ma ciò non significa che il cittadino in sé considerato sia più nobile dello Stato in sé considerato, che è un insieme di più cittadini; ad essere più nobile è il Fine che riguarda la natura umana della persona. Pertanto: di fronte al bene soprannaturale dell’essere umano, lo Stato deve riconoscere i propri limiti e subordinarsi a tale scopo, che interessa ogni persona razionale e spirituale da esso governata; mentre, sul piano naturale e temporale, ogni singolo cittadino deve subordinarsi allo Stato il cui fine è quello di perseguire il bene comune della comunità. Lo Stato non deve porre ostacoli al raggiungimento del Fine soprannaturale degli uomini, ma anzi favorirlo secondo quelli che sono i mezzi a sua disposizione, ed il singolo individuo non deve pretendere, in nome di un malinteso senso della sua dignità ontologica, di fare ciò che vuole.
d. Curzio Nitoglia
8 / 12 / 2013
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Partendo da questo luogo d’incanto e da altri come quelli a seguire, ho deciso di tracciare un percorso di ricerca e analisi che sperimenterò in compagnia di alcuni amici ed amiche, come sostegno agli studi comparati dell’antropologia culturale per gli ultimi tempi nella Resilienza Cattolica.
Il punto che mi ha portato alla necessità di osservare nel dettaglio le specificità umane e cratteriali che generano il consenso ed il dissenso, la costruzione e la distruzione, l’assemblamento ed il dissolvimento, la catastrofe e la ricostruzione, il rito e l’abominazione è nel nostro non avvertire -salvo nei casi di disgrazia o gioia che esiste un limite oltre il quale uomini e donne non si spingeranno mai, e altri in cui o ci si trova per forza maggiore o ci si cade per accettazione, voluttuà, indole, ma anche per un inganno atavico (peccato originale) o matriciale (di sistema e quindi pieno di tossicità, veleni, schematismi, ecc.) velato con una forte attrattiva di accumulo, potere, indipendenza, sicurezza, protezione, ricchezza, autonomia.
https://www.youtube.com/watch?v=OJGL-5h3ZIg
https://www.youtube.com/watch?v=lRYZRNcBZE8
http://www.youtube.com/watch?v=QDQxOz2wOYc
http://www.youtube.com/watch?v=bVTq6q70pUY
http://www.youtube.com/watch?v=REtdRsnBfeo
http://www.youtube.com/watch?v=_1_VjYFrP70&feature=youtu.be
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…Detto questo è inutile stabilire se Zenobia sia da classificare tra le città felici o tra quelle infelici. Non è di queste due specie che ha senso dividere le città, ma in altre due: quelle che continuano attraverso gli anni e le mutazioni a dare forma ai desideri e quelle in cui i desideri o riescono a cancellare la città o ne sono cancellati
Italo Calvino, Le città invisibili
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Parto da questa lettera. Un carcerato che esce dalla progione per affrontare nuovamente la vita, ma con spirito nuovo. In fondo siamo tutti presi nella spirale e nella matrice di Mammona fino a quando non scopriamo Dio
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La convivenza secondo Gesù
«Caro Moreno,mi chiamo Roberto, ho cominciato a leggere il tuo blog mentre ero in prigione. Da ragazzo ho avuto una vita senza Gesù e senza regole e mi sono beccato 5 anni di galera per aver orinato sul portone del sindaco, dato fuoco ad una volante dei carabinieri e aver picchiato alcuni tifosi della Juve fuori dallo stadio con un tondino di ferro del 22 ad aderenza migliorata, insieme ad altri Ultras. In prigione ero disperato e continuamente partecipavo a delle risse con gli altri detenuti. Non avevo Fede, e avevo anche iniziato ad usare droghe pesanti con altri carcerati. L’anziano cappellano continuava a farmi visita in galera, cercando di aprire il mio cuore a Gesù, ma io ero ormai preda del maligno e le sue parole non avevano effetto su di me. Un bel giorno però, durante alcune ore di permesso, ho letto sul Facebook di un amico il link al tuo blog. Il sito ha cambiato la maniera di rapportarmi a Gesù. Ho stampato le tue risposte e poco a poco le ho lette nella solitudine spirituale della mia cella. Gradualmente, ho iniziato a riscoprire la mia Fede grazie a Risposte Cristiane. Ho smesso di sprecare il mio seme, e nell’ultimo anno di prigione ho riempito due bottigliette da mezzo litro.
Il mio compagno di cella, che era sempre stato ateo, all’inizio mi ha preso per matto, ma poi quando tra le macchie di muffa è apparsa l’immagine di Padre Pio, si è ricreduto ed ha iniziato a pregare anche lui.
Ho quindi deciso di mettere da parte la rabbia e il male, e diventare una persona rispettabile. Mentre ero dentro, ho iniziato a pregare tantissimo e a comportarmi bene ed ho avuto uno sconto di pena per buona condotta. Nei numerosi permessi premio che ho ricevuto da quel momento, sempre per buona condotta, ho anche conosciuto su internet una bella ragazza, Antonella. Anche lei è una seguace di Risposte Cristiane e proprio questo ci ha spinto a conoscerci e a condividere la nostra Fede in chat. Antonella mi mandava lunghissime lettere in prigione, con il suo profumo che, insieme all’Amore per Gesù, mi aiutava a passare le notti più fredde.
Quando sono uscito di prigione ci siamo fidanzati. Adesso sono una persona per bene e onesta e da qualche mese convivo con Antonella in una bella casa.
Arrivo alla mia domanda: per caso commettiamo un peccato se viviamo sotto lo stesso tetto?
Il nostro parroco, Don Giuseppe, ci ha detto che siamo dei peccatori, egoisti e depravati e ci siamo sentiti offesi! Noi ovviamente, anche se viviamo insieme, rispettiamo tutti gli insegnamenti della Bibbia e vogliamo aspettare il matrimonio per fare l’amore.
Nel frattempo, pratichiamo il sesso orale e anale come ci hai spiegato sul blog e siamo felici e innamorati. Antonella è contenta di preservarsi vergine fino alle Nozze!
Da quando ho conosciuto Risposte Cristiane non mi drogo più e il contenitore in argento dove tenevo le siringhe e l’eroina l’ho fatto benedire durante un pellegrinaggio a Santiago de Compostela, che ho fatto con Antonella appena uscito di prigione come prova del mio pentimento: adesso lo utilizzo per raccogliere il mio sperma. Infatti mai io e Antonella abbiamo sprecato una goccia del Sacro Seme! Il contenitore lo tengo vicino al letto come hai spiegato tu, anche se la maggior parte delle volte è la bocca di Antonella a non mandarlo sprecato, come descritto nella Bibbia.
Allora ho deciso di scriverti per ringraziarti, Moreno, hai salvato la mia vita! Con immensa gratitudine ti annuncio che io e Antonella vogliamo formare una famiglia numerosa dopo il matrimonio! La prima bambina vogliamo chiamarla Morena!
Grazie Illuminati Cristiani! Senza di voi avrei ancora Satana in me!
Roberto»
Caro Roberto, che Dio ti benedica, non devi ringraziare noi, chi devi ringraziare è il Signore, che ha reso tutto questo possibile! Noi esegeti di Risposte Cristiane ci limitiamo a leggere cosa dice la Parola dell’Altissimo e a rispondere alle vostre domande. Il merito è tutto Suo!
Moreno è una persona riservata e avrebbe voluto risponderti privatamente, ma noi altri Illuminati cristiani abbiamo pensato che il tuo racconto potesse servire di esempio ad altri giovani, la tua è davvero una storia a lieto fine come quella del Figliol Prodigo! A nome dello staff di Risposte Cristiane ti ringrazio delle tue dolci parole: abbiamo sacrificato in tuo onore sull’Altare del Signore il vitello più grasso della fattoria di Cristoforo (come la Bibbia prescrive in questi casi) e stiamo celebrando la Divina Provvidenza pregando per te, mangiando braciolette al sangue e bevendo vino rosso in onore del Padreterno!
Per quanto riguarda tua domanda sulla convivenza, dobbiamo far riferimento al Nuovo Testamento, in cui Corinzi fanno a San Paolo una domanda simile a quella che mi poni tu, caro Roberto.
Devi sapere che nell’età del bronzo gli abitanti della città greca di Corinto non vivevano in Gesù. Credevano in una falsa religione e le coppie vivevano insieme senza essersi sposate davanti a Dio. Poco a poco però, grazie al miracolo della Resurrezione compiuto da Nostro Signore Gesù, a Corinto si stava formando una grande comunità cristiana. I Corinzi, uno ad uno, stavano aprendo il cuore a Gesù e si stavano convertendo al cristianesimo.
Avevano però moltissime domande, e a quell’epoca non esisteva Risposte Cristiane! Le nuove pecorelle cristiane inviarono numerose lettere a San Paolo, proprio come fate voi con il Blog, chiedendo tantissime cose al Santo sui più disparati argomenti. Infatti, San Paolo riceveva regolarmente apparizioni di Gesù e durante quelle visite, poteva chiedere tutto a lui e poi riferire ai Corinzi per via epistolare. La Verità Rivelata a San Paolo, contenuta nella Bibbia, è tra i pilastri della nostra religione. Infatti San Paolo ha scritto ben 13 libri del Nuovo Testamento, per quanto era ispirato dallo Spirito Santo e da Gesù.La prima lettera ai Corinzi è di fondamentale importanza per il cristianesimo. Ispirata dallo Spirito Santo nel 55 DC, contiene nella risposta i fondamenti della religione cristiana: la purezza dei costumi (5,1-13;6,12-20), le regole su matrimonio e verginità (7,1-40), lo svolgimento delle assemblee religiose e celebrazione dell’eucaristia (11-12), l’uso dei carismi (12,1-14) e le regole sulle carni offerte in sacrificio (8-10).Per quello che riguarda te, Roberto, ci interessa approfondire una cosa che i Corinzi chiedono a San Paolo: cosa deve fare una coppia che vive in concubinato, senza essere sposata? Devono i Corinzi separarsi dalle proprie fidanzate e tornare a casa dai propri genitori, oppure possono continuare a vivere sotto lo stesso tetto? Una coppia di conviventi deve separarsi quando uno dei due inizia a credere in Cristo?
San Paolo risponde, ispirato dallo Spirito Santo come lui solo sapeva fare, che i ragazzi che stavano scoprendo Gesù potevano continuare a vivere sotto lo stesso tetto senza problemi, e che nessuno doveva separarsi:
Corinzi 7:12-16, “ciascuno seguiti a vivere nella condizione assegnatagli dal Signore, e nella quale si trovava quando Iddio lo chiamò. E così ordino in tutte le chiese.
E, aggiunge:
“l’osservanza de’ comandamenti di Dio è tutto. Ognuno rimanga nella condizione in cui era quando fu chiamato.”
La Bibbia ci spiega quindi che chi trova la Fede e sta convivendo, può continuare a farlo senza problemi. Anzi: i Corinzi devono evitare di compromettere quelle unioni d’Amore, obbligando la coppia a separarsi forzatamente. Dio consiglia di lasciar convivere queste coppie, sempre quando osservino i comandamenti.“Se un fratello ha una moglie non credente, ed ella consente ad abitar con lui, non la lasci. E se una donna ha un marito non credente, ed esso consente ad abitar con lei, ella non lasci il marito”
E vi pare che Dio Onnipotente consiglierebbe di fare una cosa se questa cosa fosse proibita? In questo, come in ogni caso, quello che deve prevalere è sempre l’Amore. Rimanete pure nella condizione in cui vi trovate, la convivenza. E non affliggetevi con queste idee bigotte, non c’è niente di male nel vivere insieme con chi si ama, se si rispettano gli insegnamenti di Gesù e non si “consuma” prima del matrimonio.
Arrivare vergini al matrimonio è particolarmente importante:
Deuteronomio 22:21 Se la giovane non è stata trovata vergine, allora si farà uscire quella giovane all’ingresso della casa di suo padre, e la gente della sua città la lapiderà, sì ch’ella muoia, perché ha commesso un atto infame. Così torrai via il male di mezzo a te.
Ma, se la tua Antonella non perde la verginità, fate benissimo a vivere insieme se siete felici!
La Bibbia prescrive la verginità fino al Matrimonio ma di certo non impedisce a due persone che si amano di stare insieme! Anzi, il vostro Amore è simbolo dell’Amore di Gesù. Solo qualche estremista blasfemo, qualche falso profeta, potrebbe dire che vivere con la persona che si ama è un peccato. Quale contraddizione più grande! Il Signore è Amore, ma impedisce l’amore di due persone? Evidentemente sono idee strampalate inventate da qualche religioso che non capisce cos’è l’Amore.
Il Nuovo Testamento, come abbiamo visto, ci spiega che non c’è problema nel convivere, se così si preferisce.
Inoltre, cari lettori, una convivenza permette alla coppia di potersi conoscere bene e più a fondo prima del matrimonio. Vivendo sotto lo stesso tetto, due giovani possono provare di persona come sia forte l’unione e l’amore di entrambi. La convivenza permette di sondare meglio il proprio carattere e il carattere del partner, e vedere se ci siano i presupposti per una unione duratura e forte come il Matrimonio, oppure separarsi.
L’importante è fare l’amore solo dopo il matrimonio e rispettare i comandamenti.
Un casto abbraccio da tutti noi di Risposte Cristiane, Roberto, siamo veramente felici per te e ti ringraziamo per averci raccontato la tua commovente storia. Mandiamo una benedizione collettiva a te e alla tua futura moglie Antonella, che è già famosa tra i nostri lettori!
Profundo Martinez
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I borghi italiani: indagine sulla percezione di una grande risorsa turistica
Quali sono gli elementi d’identità dei nostri borghi? Come ci si arriva, cosa si cerca e cosa si fa?
E’ quello che si chiede una ricerca qualitativa sui visitatori attuali e potenziali (realizzata da Doxa, Mercury e Borghi autentici d’Italia)* dei borghi, per raccogliere informazioni sulle motivazioni di una visita e di un soggiorno.
In Italia i comuni con meno di 5.000 abitanti sono circa il 72% del totale e raccolgono il 30% dell’offerta ricettiva. Per valorizzarsi e promuoversi molti di questi scelgono di mettersi in rete ( I borghi più belli d’Italia, Borghi autentici…) o si trasformano attraverso forme di ospitalità come l’albergo diffuso. Un ruolo da non sottovalutare, quindi.
Ma che s’intende per borgo poi? La definizione non è infatti univoca.
Può essere infatti un borgo di piccole dimensioni: una struttura urbanistica ben definita, mura e strade storiche, un centro individuato dalla piazza, da un castello o da una chiesa, sempre lontano dai grandi centri urbani. Ma anche una città borgo. Gubbio per esempio: le caratteristiche del borgo unite a una certa fama che la rendono molto conosciuta e quindi frequentata dal turismo di massa.
O ancora il centro vecchio di un paese che si è via via allargato, come Gallipoli. È una definizione usata soprattutto nel centro sud dove ai nuclei originari delle città medio piccole si sono affiancate nel tempo le nuove costruzioni.
Al di là della definizione urbanistica di borgo alcuni elementi d’identità comuni aiutano a comprenderne meglio il significato.
Il borgo italiano è percepito come un luogo poco conosciuto (da trovare e da scoprire) in una dimensione legata al passato, con un elemento di attrazione (un castello, una chiesa ma anche un particolare tipo di edificio, si pensi per es. al trullo, al nuraghe) e immerso in una natura tipica della zona.
Insieme a queste caratteristiche fisiche il borgo (sempre secondo lo studio citato) deve possedere una serie di “doti” relazionali/emozionali. Borgo quindi vuol dire autenticità (artigianato locale, costumi), genuinità (patrimonio enogastonomico autoctono, cibo tradizionale, sapori veri da ri-scoprire), tradizioni (il folklore ormai perso nelle grandi città). Tutto quello insomma che si può riassumere nelle capacità relazionali autentiche delle comunità che abitano i borghi e nei tempi di vita più lenti e meno frenetici.
È la ricerca di queste sensazioni a muovere i turisti verso i borghi italiani.
Infatti lo studio indica le principali motivazioni alla base di una scelta di questo tipo:
1) scoperta di posti nuovi o poco conosciuti
2) tranquillità e serenità dei luoghi
3) genuinità del cibo
4) convivialità e socievolezza degli abitanti del posto
5) appagamento dei sensi.
E molto spesso è un evento locale (quasi sempre una piccola fiera dell’artigianato e/o dell’enogastronomia) a fungere da catalizzatore per la scelta della meta.
La visita ai borghi è infatti abbastanza decodificata: quasi sempre si tratta di un fine settimana/vacanza breve in luoghi la cui distanza non supera le 2-3 ore di viaggio, molto spesso non pianificato, alla ricerca della “sorpresa” e dell’inaspettato.
Considerato quindi il carattere casuale nella scelta del borgo la ricerca sottolinea l’importanza della comunicazione, riscontrando la mancanza di punti di riferimento chiari e univoci: siti web generali e istituzionali, riviste, guide specialistiche, un labirinto di informazioni che spesso disorienta.
E allora come valorizzare di più i borghi a livello turistico? Il rapporto evidenzia alcune proposte e raccomandazioni che andrebbero sicuramente accolte.
Lavorare per la creazione di percorsi/itinerari specifici (coordinati a livello provinciale/regionale) all’interno dei quali valorizzare la specificità dei singoli luoghi, anche collegandoli a iniziative locali enogastronomiche ed artigianali: per esempio la via degli dei (da Sasso Marconi a Firenze), le vie attraverso i possedimenti di Canossa, il percorso della foce del Po.
Mapparli e metterli in rete creando così un’identità precisa, un marchio riconoscibile che ne racconti l’identità distintiva poggiando sul lavoro degli operatori locali, degli uffici turistici, delle pro loco e delle associazioni imprenditoriali/artigianali/culturali. Insomma sulle voci del territorio. Come dimostra l’ottimo caso dei Borghi più belli d’Italia (di cui GH Net ha già parlato) e dei Borghi autentici d’Italia.
Servono, dice la ricerca, materiali informativi anche tradizionali: leaflets specifici, cartoline, cartelli e indicazioni, che raccontino e trasferiscano emozioni.
Se la vera ricchezza è quella diffusa un po’ tutti devono diventare “cercatori”. Per cercare, oltre alla curiosità, servono le mappe. Si costruiscano allora, le mappe. Di persone, territori, tradizioni, sapori, storia, costumi… E ognuno avrà il suo borgo da scoprire.
* L’indagine è stata effettuata attraverso 9 colloqui di gruppo (giovani dai 18 ai 35 anni, adulti dai 36 ai 55 e maturi dai 56 ai 70) di persone di Torino, Milano, Padova, Bologna, Roma, Napoli e Bari
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La vita quotidiana nel medioevo
Il suono delle campane segna l’inizio della giornata con la prima alle sei di mattina; nelle case, la gente si sveglia, si fa tre volte il segno della croce, si veste completamente, e lava ciò che resta scoperto, le mani e il viso. L’abitudine dell’antichità romana di prendere un bagno quotidiano si era ormai persa, alla pulizia del corpo si era ormai sostituita la pulizia della biancheria; i bagni pubblici, luogo tipico degli incontri amorosi e della prostituzione, sono ormai poco numerosi (Parigi nel 1292 ne contava ventisei per duecentomila abitanti), il bagno si fa solo se sporchi per motivi particolari o dopo un lungo viaggio con la tinozza per il bucato.
I vestiti sono: la camicia, indumento comune a uomo e donna, di lino, cotone, lana o seta per i più abbienti, con le maniche lunghe, accollata ma senza colletto; quella femminile arriva fino a terra, quella maschile a mezza gamba. Se non escono di casa, le donne delle classi agiate sopra la camicia indossano un’ampia veste da camera di lino o seta e d’inverno una giacca di ermellino. Uomini e donne sopra la camicia indossano una veste abbottonata e chiusa da lacci, quella maschile fino a mezza gamba quella femminile fino a terra. Sotto la veste gli uomini portano brache di stoffa leggera, lino o tela, e un secondo paio più pesante (di qui i detti “calare le brache” o “rimanere in brache di tela”). Ogni veste femminile è provvista di un certo numero di maniche di diversa foggia, colore e stoffa, da indossare a seconda dell’occasione e della stagione (da cui il detto “è un altro paio di maniche”). Dal VI-VIII secolo si usano tuniche di lana di foggia germanica D’inverno ci si protegge con una seconda veste della sessa lunghezza della prima e con mantelli di feltro o pelliccia (volpe, zibellino, ermellino, martora, lince, castoro, orso, lontra, faina, coniglio, talpa, agnello, tasso) per le classi più abbienti. Dal XIII secolo entrano in uso le calze di lana, lavorate ai ferri dalle donne di casa, talora anche suolate; durante il primo millennio invece si usavano fasce per proteggere le gambe, diventate poi pantaloni da lavoro e brache. Se non si indossavano calze suolate si usavano stivaletti o stivali, le donne pantofole, zoccoli o scarpe con suole o vere e proprie zeppe di sughero.
Le case sono per lo più a due o più piani collegati da scale di legno, la camera da letto occupa i piani superiori; quelle del ceto agiato hanno la facciata che dà sulla strada principale talora protetta da un porticato, a piano terra si trovano l’eventuale bottega e il granaio, sul retro il cortile, l’orto, la stalla, il ripostiglio, il fienile, il pollaio, la porcilaia, il forno, la legnaia, i fontanili per il bucato. A pianterreno si hanno quindi la cucina, con il focolare sul fondo, la dispensa, la sala da pranzo e, nelle case degli artigiani, la bottega, tutt’uno con la casa. Le stanze residenziali della famiglia cioè il soggiorno o sala da pranzo, al primo piano, sono costituite da un solo ambiente suddiviso da paratie i legno e da tendaggi. Le camere da letto occupano i piani superiori e vi si accede tramite una scala interna mentre talora alla sala da pranzo si accede per una scaletta esterna.
Il mobilio è scarso e pesante: nel soggiorno spesso anche ingresso e cucina, si trovano oltre al focolare un tavolo dove si preparano le vivande e si mangia; la madia in cui si conservano vari tipi di pentole e utensili; alcune panche. Nelle camere da letto si hanno una cassapanca per i vestiti, la biancheria e le pergamene di casa (i preziosi e il denaro erano custoditi in uno stipo bene ferrato e chiuso); un letto di grandi dimensioni con un pagliericcio e cuscini di piume, in cui dormivano più persone, mancando totalmente uno spazio differenziato (anche negli alberghi gli ospiti dormivano tutti in grandi stanze e i servi ai piedi del letto dei loro padroni) spesso sovrastato da immagini sacre, a volte una scranna. I bagni sono loggette sporgenti con un sedile che si apre su un canale, su un fossato che viene tenuto ben fornito di cenere o su un vicolo (a differenza della città romana infatti la città medievale è priva di una rete fognaria); mancano i lavabi, si usano treppiedi di ferro o legno poggiati a terra o al muro a sostegno di catini e brocche.
La giornata inizia con la Messa; la religione è parte integrante della vita medievale, tutti condividevano la stesa visione dei destini dell’uomo e dell’universo, anzi, il soprannaturale non era sentito distinto dalla vita terrena ma ne faceva parte, come la città antica sorgeva nel momento in cui venivano riconosciute le sue divinità ed era considerata un patto tra dei e uomini, in modo analogo nel Medioevo il mondo sensibile è popolato da presenze divine che intervengono continuamente. Guerre, carestie e pestilenze sono punizioni divine o opera dei demoni, la pioggia di ghiaccio era considerata opera dei demoni che vivevano nello strato d’aria intermedia fra quella chiara e tiepida vicino alla terra e quella caldissima più vicina al sole (così spiegava ad esempio il domenicano Giordano da Pisa in una sua famosa predica). Contro tutti questi pericoli era necessario prendere provvedimenti, recarsi spesso in Chiesa, una messa era considerata un’azione valida per scongiurare una malattia o far concludere un affare non meno di una medicina o di un viaggio, partecipare alle processioni, assistere alle sacre rappresentazioni, fare un pellegrinaggio. Le autorità civili si preoccupavano di garantire la concordia con Dio; speciali provvedimenti ordinavano affreschi rappresentanti la Vergine e i Santi lungo le mura o presso le porte raccomandandosi che fossero resistenti e di buona qualità; le campane venivano benedette e fatte suonare per scacciare gli eserciti nemici e gli altri mali opera del demonio, come la grandine, le tempeste e i fulmini.
Il popolo per proteggersi usava spesso amuleti e talismani perlopiù con immagini dei Santi, Sant’Agata contro le forze incontrollabili della natura, San Cristoforo e San Giuliano che proteggevano i viandanti e i pellegrini erano particolarmente invocati in caso di viaggio o anche di una semplice permanenza fuori dalle mura della città.
Avventurarsi per una strada esterna significava infatti mettere a rischio la propria vita; assalti di briganti, squadre di armati e anche animali feroci erano all’ordine del giorno.
La morte improvvisa e violenta senza potersi liberare dai peccati con la confessione, pentimento, penitenza e opere pie e che portava quindi dritti all’inferno, era la vera e propria ossessione dell’uomo medievale. Ecco perché così spesso si trova l’immagine di San Cristoforo, protettore dei traghettatori, dei viaggiatori e dei mercanti, sugli amuleti, cucita sui vestiti, dipinta sugli oggetti più vari e anche dipinta e di grandi dimensioni in modo che sia visibile anche da lontano su mura e palazzi, si credeva infatti che la sola vista dell’immagine del santo proteggesse dai pericoli.
Nonostante i pericoli tuttavia il viaggio è una delle necessità della vita medievale; non esistendo nessuna tecnica di conservazione dei cibi ogni giorno una gran quantità di vettovaglie devono essere trasportate in città dalle campagne. Gli spostamenti sono lenti e difficili, le grandi strade romane non sempre si sono conservate; durante i viaggi si procede a cavallo e in carrozza con frequenti cambi di cavalcature e soste, ma spesso è necessario muoversi a piedi ad esempio in prossimità dei passi montani. A cavallo o in carrozza non si percorrono più di 15-20 kilometri al giorno, 50 se il territorio è pianeggiante e la strada particolarmente agevole. Per il trasporto delle merci il traffico si svolge di preferenza per via fluviale, utilizzando barche e sfruttando venti favorevoli e correnti o se non è possibile utilizzando i remi. Se il fiume è povero d’acque si trainano le imbarcazioni da terra legandole a muli, buoi o cavalli. Particolarmente temuto è il viaggio per mare, detto non a caso periculum, al quale si ricorre in occasione di pellegrinaggi o azioni militari
Finita la messa mattutina, verso le sei del mattino, la giornata comincia; si fa una prima colazione, una seconda si fa all’ora terza verso le nove, e ci si reca al lavoro.
Gli artigiani aprono la loro bottega, i medici iniziano il loro giro, gli strilloni iniziano a percorrere le strade della città annunciando il carro del merciaio ambulante, gli ortolani escono verso la campagna, le massaie danno gli ordini alle serve o alle figlie per la cucina, il bucato e le altre faccende.
Le strade cittadine iniziano ad animarsi, animali domestici passano indisturbati, gli artigiani e i mercanti espongono la loro mercanzia, gran parte dei lavori si svolgono all’aperto, le botteghe comunicano con la strada e così le case. In strada si può acquistare di tutto: il pesce, tenuto in apposite vasche, carne, esposta sul banco del macellaio sotto la loggia o presso la sua bottega dove fanno bella mostra anche insaccati e carne secca appesi a stanghe appoggiate alle mensole sulla facciata, la verdura, il pane, ma anche mobili, utensili da cucina, attrezzi, stoffe, scarpe, calze suolate, sparsi al suolo o sui banchi degli artigiani presso le loro botteghe.
Ad animare le strade provvedono poi strilloni pubblici, banditori e messi del Comune, uomini che trattano i loro affari per le vie e le piazze, mercanti che vengono da altre terre.
Ogni giorno una gran quantità di persone e merci entrano in città; vista l’impossibilità di conservare i cibi, ogni giorno verdure, carni, selvaggina e altro devono essere trasportati dentro le mura dalla campagna.
Per le strade si possono incontrare poi folle di poveri e mendicanti che vivono di elemosina; era facile diventare poveri, bastava un raccolto andato male, una malattia, una frattura che rendeva storpi, per una donna la morte del marito o del padre; anche dementi e pazzi, chiamati spesso indemoniati, vivevano di elemosina. La Chiesa invitava a soccorrere gli indigenti ma non ci interrogava né si interveniva sulle cause del fenomeno, anzi riteneva che l’esistenza dei poveri fosse voluta da Dio per permettere ai ricchi di fare il bene necessario a cancellare molti peccati. Esclusi dalla città erano invece i lebbrosi, costretti a muoversi con sonagli e campanelli che segnalassero la loro presenza e permettessero agli altri di allontanarsi al loro arrivo. La Chiesa certo incitava alla carità facendo leva sul luminoso esempio dei Santi; è proprio narrando il suo incontro con un lebbroso che San Francesco inizia il suo Testamento, ma spesso i poveri e gli emarginati erano sentiti come un peso dalla comunità, talora venivano addirittura cacciati dalla città e lasciati al loro destino.
Altro spettacolo pubblico a cui si poteva assistere per le strade e nelle piazze era la pubblica punizione dei criminali che spesso venivano portati in giro per le vie della città ed esposti agli insulti degli astanti per essere di monito alla popolazione; i sodomiti erano bruciati sul rogo, i ladri erano frustati messi alla gogna e marchiati a fuoco sulle guance, i bestemmiatori erano frustati e trascinati per la città con una tenaglia alla lingua, gli omicidi erano trascinati legati alla coda di un mulo o di un cavallo e infine impiccati e così i traditori e i turbatori della pace pubblica.
Le punizioni infernali che spesso si vedono rappresentate nelle pitture sono rappresentazioni delle vere torture alle quali erano sottoposti i criminali. Lo scopo delle immagini particolarmente paurose era anche in questo caso quello di imprimere nelle menti il terrore per il destino di dannazione che spettava ai peccatori.
Sempre all’aperto e soprattutto nelle piazze cittadine si ascoltavano le parole dei predicatori, ma anche le storie e i canti dei giullari che narravano le avventure dei cavalieri e dei paladini, ma anche le vite dei santi, altrettanto avventurose ed “eroiche”, gli spettacoli dei saltimbanchi con i loro giochi di prestigio, le bestie ammaestrate.
Anche un funerale poteva diventare una sorta di spettacolo pubblico; se il defunto era degno di particolari onori poteva essere salutato da una processione con bandiere e cavalli bardati, uomini e donne di tutte le classi nei loro abiti migliori, la dipartita era prima annunciata dai gridatori dei morti a cavallo, seguiva poi un grande pranzo nella casa del lutto e poi il rito funebre, con costi e numero di partecipanti variabile a seconda della disponibilità economica della famiglia del defunto.
Tutto questo non deve stupire anche perché la morte faceva parte dell’esperienza quotidiana molto più di quanto ne sia parte oggi; la mortalità infantile era altissima (dal 10 al 20% dei bambini moriva entro il decimo anno d’età), quasi ogni donna prima o poi passava per l’esperienza della perdita di un figlio e molto alta era anche la morte per il parto o le sue conseguenze, un uomo di sessant’anni era considerato vecchissimo.
Ai medici si ricorreva di rado, solo in casi estremi, la spesa era infatti ingente. La diagnosi poi, per lo più incomprensibile per l’ammalato e la sua famiglia e adornata di belle parole, non si basava sull’osservazione del corpo, ma sulle nozioni apprese dai libri (le prime dissezioni anatomiche furono eseguite a Bologna alla fine del XIII secolo, e solo gli anatomisti del Rinascimento modificarono veramente le concezioni medievali), nozioni che a loro volta si basavano sul sapere antico, sugli antichi trattati di Ippocrate o Galeno accessibili solo tramite traduzioni spesso fuorvianti; spesso i medici (come anche i copisti che glossavano i manoscritti) giungevano al significato di un termine dall’etimologia, secondo il principio tutto medievale per il quale i nomi sono conseguenza delle cose (nomina sunt consequentia rerum) e visto che il medioevo non conosceva il greco antico spesso la stessa etimologia era sbagliata o anche inventata ad hoc. Né deve stupire che un’epoca gerarchica e teocentrica come quella medievale si cercassero nella Sacra Scrittura risposte anche a questioni mediche vedendo, ad esempio, gli organi del corpo femminile, come “progettati” da Dio al solo fine di procreare, unica finalità assegnata alla donna dal Creatore e dalla Scrittura.
Gli unici gesti che i medici compivano era tastare il polso del paziente ed osservare le sue urine in un vaso di vetro. I rimedi consigliati erano perlopiù salassi o, per chi le conosceva si ricorreva alle erbe medicinali, note ad esempio, attraverso l’Herbarium di Lucio Apuleio riferito da Plinio. Anche per questo i medici erano spesso vittima dell’ironia dei novellieri e degli artisti.
Una preghiera era spesso considerata più utile del consiglio di un medico; gli stessi farmacisti erano bene consapevoli del limite dei loro rimedi, infatti nelle botteghe di farmacisti e speziali si potevano trovare ex-voto di cera, che rappresentavano la parte del corpo guarita grazie all’intercessione di un santo e che il fedele deponeva sulla tomba del protettore in segno di riconoscenza.
Ma rimedi e pozioni veri e propri erano monopolio delle donne; costrette a vivere chiuse in casa e uniche responsabili della salute dei figli erano “funzionalmente” costrette ad imparare le virtù delle erbe e tramandare la conoscenza alle loro figlie. Spesso sono le donne ad intervenire con pratiche di tipo medico su molte malattie femminili; le donne assistono i parti, praticando talora anche tagli cesarei, specialmente se la madre muore durante il parto prima che il bambino sia uscito dal suo ventre, accudiscono il neonato e se necessario gli somministrano medicine.
Inutile dire che dalla medicina alla stregoneria il passo è breve. Molte donne venivano accusate di fabbricare unguenti magici e compiere malefici soprattutto nei confronti di bambini piccoli; se un bambino non cresceva, perché gracile o malato, poteva essere ritenuto uno “scambiatino” cioè un bimbo che era stato sostituito dal diavolo con una creatura infernale destinata a non cambiare mai. Lo sfortunato bimbo poteva essere sottoposto a crudeli riti volti a costringere il diavolo a riportare il bimbo rapito. La mortalità infantile era altissima, così come la malnutrizione e le malattie che ne erano conseguenza, per questo si trovavano spiegazioni e capri espiatori di ogni sorta; naturalmente il diavolo si prestava bene in ogni evenienza.
Sempre alle donne spettava poi naturalmente la cura della casa; pensare al fuoco, accenderlo era un’operazione lunga e complessa, bisognava preparare un’esca adatta, battere la pietra focaia sull’acciarino fino ad ottenere una scintilla e ravvivarla soffiando con una cannuccia. Una volta ottenuto il fuoco era necessario mantenerlo; se le braci si spegnevano era più facile andare da una vicina e chiederle di poter avvicinare al suo focolare uno straccio per poi poter accendere il proprio. La stessa cura era riservata alle braci che ogni sera dovevano essere coperte di cenere per non provocare incendi e per essere ritrovate la mattina successiva. Anche l’acqua era tanto necessaria quanto faticosa da ottenere; i privilegiati avevano un pozzo proprio a cui attingere, in alcune case nobiliari era presente addirittura attingere l’acqua sul ballatoio di ogni piano da una finestra che dava accesso a pozzo, il popolo invece doveva ricorrere alle fontane pubbliche o ai pozzi comuni dei quartieri. Ogni tipo di faccenda era quindi infinitamente più faticosa e complessa, anche la preparazione di un semplice pasto, costituito quasi sempre da una zuppa, richiedeva una lunghissima preparazione a partire appunto dall’allestimento del fuoco e dal rifornimento dell’acqua.
Giunta l’ora di pranzo ognuno rientrava a casa; per i ricchi il pasto era a base di carne speziata, salse, selvaggina, insaccati, verdure, legumi, uova, formaggi, frutti freschi e canditi, dolci speziati e vino; I poveri mangiavano perlopiù zuppe con verdure, legumi, cereali a seconda del luogo e della stagione arricchita magari da un pezzo di lardo, pane, uova, formaggi, talora selvaggina a seconda della disponibilità, carne di maiale una volta l’anno, il giorno della macellazione, pesce di fiume, vino solo in circostanze particolari. Non si adoperavano piatti, né forchette ma grosse fette di pane sulle quali si appoggiava la carne con la sua salsa; non si usavano tovaglioli ma veniva passata l’acqua per lavarsi le mani tra una portata e l’altra e anche la tovaglia veniva cambiata spesso. Si disponeva di un bicchiere ogni due persone si tagliano le porzioni con un grosso coltello e ci si serve con le mani.
Al pranzo seguiva la siesta e l’intrattenimento fuori dalle case o presso le botteghe con storielle e facezie scambiate con i vicini.
Dopo il pasto serale invece nessuno, tranne la piccola masnada che frequenta le osterie per bere e giocare a dadi sempre in cerca di brighe, esce più per le strade.
Si gettano gli abiti su una pertica orizzontale, per proteggerli dagli animali, cani o topi che siano, si tiene indosso solo la camicia che si leva solo sotto le coperte e ci si rimette subito appena svegli, e ci si addormenta. A intervalli regolari si levano i monaci per suonare le campane, prima la mezzanotte, poi il mattutino, poi le lodi, che segneranno l’inizio di una nuova giornata.
Bibliografia.
Arsenio e Chiara Frugoni, Storia di un giorno in una città medievale, Bari, Laterza, 1997.
Ludovico Gatto, Il Medioevo giorno per giorno, Roma, Newton Compton editori, 2006.
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La morte nera
16/03/2011
Stai leggendo Storie del Portogallo: i momenti.
Una raffigurazione della peste. Da: Historiarn.blogs.sapo ecc, citato
In Portogallo, l’autunno del Medioevo si consuma fra speranze e delusioni, miserie e ricchezze, slanci mistici e disperazioni, sommosse e repressioni. E’ un’epoca instabile e irrequieta dal punto di vista sociale ed economico, terrorizzata e segnata dalle epidemie, percepite e vissute come vero e proprio flagello divino.
All’inizio del Trecento, le crepe aperte nel rigido sistema feudale dall’irrompere sulla scena di un’embrionale economia di mercato e dalla comparsa di nuove categorie sociali si allargano. La peste nera fa il resto. E non soltanto in negativo. Quando il primo, tremendo, impatto del morbo si sarà affievolito( ma non sparito del tutto: continuerà a colpire ancora per un secolo), mercanti e ricchi artigiani compreranno per un tozzo di pane terre abbandonate e divenute incolte; la Chiesa, grazie alle donazioni ricevute, si ritroverà padrona di mezzo Portogallo e il re, grazie al bisogno di ordine percepito da molti, vedrà la propria autorità rafforzata.
La peste nera: morte e disperazione. Da: historiarn.blogs.sapo.pt/129959.html
Sulla scena sociale del “secolo breve” portoghese agiscono almeno due borghesie cittadine( una “medio-bassa” e una “ alta”), un’aristocrazia forse frustrata, senz’altro rancorosa e divisa, un proletariato in espansione, una Chiesa proprietaria terriera e una Corona piena di guai.
I nobili esibiscono titoli, ma non muovono soldi. Al contrario, l’alta borghesia e quella medio-bassa li muovono anche troppo per i tempi, ma si guardano di traverso e nutrono aspirazioni differenti: la prima vuole aumentare il proprio potere, la seconda la propria ricchezza. Il proletariato, duramente provato dalle carestie, non sopporta né l’una né l’altra.
Le città sono stracolme, le campagne vuote. In città non c’è lavoro per tutti i contadini inurbati o ce n’è poco, nelle campagne la manodopera servirebbe come il pane. Ma nonostante leggi e imposizioni, nessuno vuole tornarvi. I “ fuochi morti”( le terre incolte, le terre senza più famiglie) si moltiplicano fino ad assumere le proporzioni di un vero e proprio incendio. In città, le strade e le piazze sono affollate di vagabondi e di mendicanti. E’ stata solo la peste nera a causare tutto questo?
Per cercare di evitare il contagio, i nobili si recavano nelle proprie dimore di campagna, indossavano vesti lunghe fino ai piedi e si coprivano il volto con maschere. Da: historiarn.blogs.sapo.pt/129959-html.
In buona parte sì. La peste ha colpito nel mucchio senza badare al rango, al censo, alla condizione sociale. I nobili sono rimasti di punto in bianco senza lavoratori, le chiese senza pastori di anime, le terre senza frutti. L’anticamera del Giudizio Universale, insomma. Ma le trombe non hanno suonato. I devoti – praticamente tutti in un’epoca profondamente religiosa come quella medievale- hanno invocato la Vergine, beneficiato la Chiesa se ricchi, andati alla ventura se poveri, formulato voti, moltiplicato le preghiere. Sono stati ascoltati e le tombe non si sono scoperchiate.
Ma se il Cielo ha perdonato, la peste non l’ha fatto. Ha messo in crisi il modello di produzione medievale basato sul possesso fondiario e sullo sfruttamento quasi coatto del lavoro, accelerando il cambiamento. Chi ha lasciato le campagne, vaga ora, irrequieto e affamato, per le città cercando un lavoro e il pane; chi non ha più manodopera, trasforma le proprie terre in pascoli, le lascia andare in malora o vende. Le carestie si succedono alle carestie, la fame morde come una bestia feroce, l’inflazione galoppa, scoppiano tumulti, si alzano proteste. C’è bisogno di ordine. Il re cerca di garantirlo, con le leggi e con la spada.
Compaiono nuove esigenze sociali, di cui le Cortes– in origine consiglio personale del sovrano, ora consiglio rappresentativo del regno- si fanno portavoce. La borghesia preme per contare di più, Chiesa e nobiltà vogliono mantenere i propri privilegi, i re ascoltano ora gli uni, ora gli altri. Quando, però, Fernando sposa l’aliviosa ( la perfida) Leonor Teles de Meneses, appartenente all’alta nobiltà, la situazione precipita: per la borghesia quel matrimonio è una specie di dichiarazione di guerra. Sappiamo come andò a finire. Il trionfo di dom Joao I- incoronato anzitempo dalla bambina di Evora e legittimato dalle Cortes– è anche il trionfo del mercante e dell’artigiano, del burocrate e del “letterato”, da allora in poi sempre più presenti nell’amministrazione dello stato.
Lisbona: Museu de Arte Antiga: Polittico di Sao Vicente de Fora , pannello della Reliquia, presunto ritratto di Fernao Lopes (1385-1459?), in piedi con il libro aperto.
Altre luci si sono spente. Dom Dinis era stato un poeta, la sua corte un centro di cultura. Ora la poesia sembra essere un lusso. Non si scrive più. Tirano, visti i tempi, soltanto le agiografie e le celebrazioni di maniera della Vergine. Ma il sole tornerà a splendere. A metà del Quattrocento, cominceranno a circolare le opere, un po’ storia e un po’ cronaca, di un oscuro funzionario, l’archivista- “conservatore” dei documenti della Torre del Tombo, il geniale Fernao Lopes.
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Nella sezione ” Gli Avvenimenti” leggi il testo ” I giorni del giudizio” e gli altri articoli correlati .
L’età di mezzo(Secc. XI-XIII)
15/03/2011
Stai leggendo Storie del Portogallo: i momenti.
Cristiani e mori hanno storie e culture destinate, in Portogallo in un primo tempo a incontrarsi, poi a scontrarsi e, infine, a incontrarsi di nuovo. Padroni di gran parte della penisola iberica( dove, come abbiamo visto, sono arrivati nel 711, spazzando via i Visigoti), gli arabi dapprima instaurano rapporti commerciali e di buon vicinato con i cristiani del nord, poi si vedono costretti a impugnare le armi.
Nei primi tempi, quelle lotte non sono ancora lotte religiose, ma scontri di matrice feudale. Per entrambe le parti, la posta in palio è l’ampliamento- o la salvaguardia – della o delle proprietà individuali. In nome di interessi personali non è raro, così, vedere gli uni e gli altri combattere fianco a fianco contro il nemico di turno, cristiano o maomettano che sia. Il grande Rodrigo Diaz de Bivar, El Cid Campeador, all’occasione cristiano contro cristiani, è l’esempio più famoso di questo modo di agire.
Ma col passare del tempo lo scontro acquista anche il carattere di guerra religiosa e i rapporti di forza cambiano. Mentre i cristiani trovano nell’idea di reconquista un elemento, anche se formale, di unità, i musulmani conoscono momenti di instabilità sociale e politica; mentre la Cristianità si arma, si fa aggressiva e sogna la conquista di Gerusalemme, l’Islam iberico, al proprio interno, è lacerato da questioni religiose; mentre i regni e le contee cristiani di qua e di là dal Douro- Duero crescono e si rafforzano , l’impero almoràvide si frantuma in una serie di piccoli regni autonomi ( le cosiddette taifas) e si ricompone soltanto con l’invasione almòade degli inizi del XII secolo. I cristiani esibiscono la propria potenza e manifestano le proprie intenzioni alzando mura a Braga e a Guimaraes( la città di Vìmara), a Coimbra e a Portucale ( Oporto); i musulmani rispondono mostrando i muscoli nelle cittadelle fortificate( alcàçovas) di al Usbuna( la futura Lisbona) e di Silb( Silves), di Ysbiliya ( Siviglia) e di Santarin ( Santarèm), di Curtuba ( Cordova) e di Màrtula ( Mértola).
Il dipinto celebra la vittoria riportata dallesercito congiunto castigliano-portoghese sui musulmani a Las Navas de Tolosa(16 luglio 1212)
Fra assedi e razzie( celebri quelle di Geraldo Sem Pavor, Geraldo Senza Paura,il conquistatore di Evora), incursioni e fughe, occupazioni temporanee e conquiste più o meno durature, appelli papali alla Cruzada de Ocidente ( la Crociata d’Occidente) mai seguiti fino in fondo e attuazione di crociate “ locali”, la lotta si conclude, in Portogallo, quasi un secolo e mezzo dopo il suo inizio, quando le insegne reali portoghesi (As Quinas), entrano, nel 1249, nell’ al-Garb al Andalus , l’Algarve musulmano.
I vinti se ne vanno. Chi resta è sottoposto a restrizioni anche pesanti( per esempio, di residenza e di movimento) e al pagamento di tasse e balzelli di ogni genere. Nelle mourarias, i quartieri-ghetto dei mori prontamente istituiti nelle città conquistate e dove le donne cristiane non possono inoltrarsi da sole, è vietato uscire di casa dal tramonto all’alba. Durante il giorno ognuno è libero di andare dove vuole, anche nella parte cristiana, ma nessun “ infedele” può frequentare locande né assistere a feste. Nelle campagne, tasse e decime quadruplicano e i pochi contadini mori rimasti devono tirare la cinghia. Il vento è girato: una volta erano i cristiani in terra musulmana( i cosiddetti mòzarabi) a vivere quasi segregati- ancorché con strutture amministrative proprie- e a pagare imposte salate, adesso è il contrario.
Vita nel Medioevo: il monastero. Da:hpg5.blogs.sapo.pt/998.html
Nelle terre occupate, la popolazione prima diminuisce poi aumenta quando, da nord, a colmare il vuoto lasciato da chi è partito per la Spagna o per l’Africa, arrivano contadini, artigiani e mercanti. Il re, i nobili, gli Ordini militari e la Chiesa subentrano nei latifondi agli antichi proprietari; l’agricoltura migliora grazie alle tecniche d’avanguardia( il mulino ad acqua, i sistemi di irrigazione) lasciate dai vinti; la lingua portoghese si arricchisce di nuovi termini mutuati dall’arabo.
Una ” Carta de foral” di emanazione regia. Da: hpg5…ecc.
Compaiono unità amministrative, i cosiddetti conselhos, in genere ricalcati su precedenti strutture musulmane. I conselhos istituiti con apposito documento regio, signorile o ecclesiastico ( carta de foral) riconoscono alle singole comunità, entro certi limiti, alcune libertà e anche il diritto ad avere istituti autonomi. Ma il Portogallo è piccolo, il controllo del concessionario – il re, un vescovo, un abate- occhiuto e attento. Per questo i concelhos non diventeranno mai l’equivalente dei coevi Comuni italiani.
Le diversità, tuttavia, non fermano l’integrazione. Nel corso del tempo culture diverse si incontrano e si allontanano, prendono e cedono qualcosa di sé, si lasciano e si ritrovano. Alla fine, nessuna è più la stessa, ma tutte sono una: la cultura del nuovo Portogallo. Quando il re dom Manuel I il Fortunato firmerà, nel XVI secolo, il decreto di espulsione dei mori , pochi, pochissimi, ne saranno colpiti. Ai tempi di O Venturoso, i mori non si distinguono più dai portoghesi e i portoghesi dai mori.
Nell’età di mezzo, la terra ricompensa i servigi e i meriti, la dedizione personale e il valore in battaglia, il fervore religioso e la salvezza dell’anima. Dà da vivere, conferisce prestigio sociale. E’ così in buona parte d’ Europa, è così in Portogallo. I sovrani sono generosi e donano. In cambio, chi riceve deve fornire soldati ( o, in sostituzione, una somma adeguata), consiglio e aiuto. La Chiesa riceve( le terre, le decime) e basta: non deve concedere alcunché in cambio ed è esentata dal pagamento di imposte. Così vanno i tempi.
Vita nel Medioevo: il castello del signore. Da: hpg5.blogs.sapo.pt/998.html
Le proprietà concesse in dono non sono sempre ereditarie, ma , in pratica è come se lo fossero. Ogni signore vive nel proprio palazzo ( paço o solar) o, se è un religioso, nella propria abbazia, è padrone dei mezzi di produzione ( frantoi, mulini ecc), dispone di manodopera semi-servile o “ libera”, amministra e giudica, dirime le controversie, riscuote imposte, fa valere diritti, impone doveri.
In alcune di queste proprietà, il re è fuori gioco: non può ficcarvi il naso tramite i propri funzionari se non per questioni di giustizia “ superiore” ( pena di morte, mutilazioni), non può pretendervi imposte né imporvi il proprio volere. Signori e vescovi ricevono e comprano, diventano ricchi e potenti, distribuiscono a propria volta terre e benefici ( aforamentos, aprazamentos) viaggiano con un seguito, si circondano di una piccola corte. Col passare del tempo, per i sovrani si fa dura distinguere fra donazione originaria ( teoricamente ancora di loro proprietà) e acquisizioni sopraggiunte. Alfonso II e i suoi successori vorranno vederci chiaro, scatenando, come abbiamo visto, il risentimento di nobili e Chiesa. E’ una questione di soldi, ma è anche una questione di autorità. I sovrani esigono il pagamento di imposte anche da parte dei signori ( laici o ecclesiastici che siano) e, nello stesso tempo, tendono a concentrare nelle proprie mani il controllo dello stato.
La società è come ingessata. Ognuno è legato a un altro da vincoli di obbedienza e di fedeltà individuali : il contadino e l’artigiano al proprio signore, il signore a un altro signore più potente da cui riceve protezione e a cui deve servizio militare e aiuto, il signore più potente a un altro più potente ancora e così via. A un certo punto, questi legami si affievoliranno qua e là( fuga di contadini dalle campagne, sostituzione del servizio militare- le lanças– con un pagamento in moneta) ma la struttura resterà in piedi ancora per molto tempo. Solo nelle città , dove non ci sono signori a imporre e a pretendere e dove fervono artigianato e commercio, l’aria è diversa . Solo a respirarla per un anno e un giorno, come è stato scritto, si diventa liberi.
Vita nel Medioevo: le stagioni e i lavori dei campi. Da: hpg5.blogs.sapo.pt/998.html
Ogni senhorio ( il termine feudum, feudo, viene usato raramente in Portogallo) è, in origine, autosufficiente: produce il grano e il vino, l’olio e i manufatti, il miele e la cera, anche se acquista i metalli per gli attrezzi e gran parte delle stoffe per i vestiti. Il bestiame fornisce la carne e i pellami, dai boschi vengono la legna da ardere e il legname da costruzione, dai prati i foraggi. Fabbri e maniscalchi, vinai e bottai, falegnami e fornai provvedono alle necessità quotidiane. Dall’alba al tramonto, i contadini lavorano la loro terra e quella del signore; i soldi sono pochi e , per lo più, si paga in natura. Non è un mondo del tutto chiuso, però. Si tengono mercati e, una o due volte l’anno, anche fiere importanti. Qualcuno si inventa il mestiere di venditore ambulante( almocreve) e, a dorso di mulo, muove merci – a volte per conto terzi- da un luogo all’altro e c’è, addirittura, chi, fra gli almocreves, lasciato il mulo per la nave, osa avventurarsi in mare per spingersi ancora più lontano in Europa.
A poco a poco si formano, soprattutto nelle città, nuove categorie sociali, più dinamiche e non dipendenti direttamente dalla terra. Oporto e Lisbona, il mercante e l’artigiano sono l’altra faccia del feudalesimo, le cui acque, fino ad allora calme, cominciano a incresparsi. Le merci vanno e vengono. Vanno dalla campagna alla città, vengono anche da altri Paesi. Comincia a circolare la moneta, si muovono le persone.
Portoghesi intraprendenti raggiungono l’Inghilterra portando vino, miele, cera, lana e riportando in patria tessuti e metalli. Italiani di Piacenza, di Genova, di Firenze, si stabiliscono a Lisbona e a Oporto, hanno denaro, lo prestano a interesse, insegnano ad andare per mare. Nelle Fiandre i portoghesi sono presenti in pianta stabile con un loro fondaco( feitoria), compaiono le prime forme di assicurazione. Nelle campagne non si produce più soltanto per la sussistenza, ma si guarda alla città come prima destinataria di merci prodotte in più.
E, intanto, sulle coste portoghesi, la popolazione aumenta. Lì, dove la terra finisce e il mare comincia, si parte per la pesca in mare aperto, si raccoglie il sale. Ma, mentre lo si fa, si scoprono i segreti delle onde e si apprende l’arte della navigazione.
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Intorno alla cucina medievale ci sono alcune credenze che l’hanno identificata come una alimentazione rozza e poco raffinata; uno di questi luoghi comuni è, per esempio, che si utilizzassero sui cibi un quantitativo esagerato di spezie per coprirne il sapore avariato a causa della cattiva conservazione. Noi l’abbiamo riscoperta ed è stata una bella sorpresa!
L’alimento principale era il pane, che veniva fatto utilizzando tutte le varie specie dei cereali del grano: farro, segale, frumento, avena e orzo.
Grazie alla diffusa pratica della caccia cinghiali, lepri, caprioli, fagiani, oche e pappagalli (il cui “pasticcio di lingue” pare fosse una vera leccornia!) troneggiavano sulle tavole al pari di conigli, pecore e agnelli! Il piatto forte però (soprattutto nelle mense dei meno abbienti) era sempre il maiale; veniva usato per ricavare carni insaccate, prosciutti, salami e salsicce, ma anche condimenti come strutto e lardo.
Nella nostra penisola, ricca di mari e fiumi, la pesca permetteva di gustare prelibati piatti a base di pesce, che divenivano cibi estremamente costosi durante la Quaresima; per questo motivo taluni Comuni, per calmierare i prezzi, ne vietarono la vendita.
Sulle mense dei più poveri il formaggio era considerato un’alternativa alla carne; venivano fatti soprattutto con latte ovino e caprino, che poi veniva cagliato con l’aggiunta di lattice di fico per ottenere i gustosi formaggi molli.
Anche frutta fresca e secca, verdure e legumi venivano utilizzate specialmente nella cosiddetta “cucina povera”.
Di uso comune erano le spezie, utilizzate per rendere più saporite le pietanze; si sfata così la credenza che le spezie venissero usate per coprire i cattivi sapori di vivande avariate. Tra le più usate zafferano, zenzero, cannella, pepe e chiodi di garofano.
L’olio al contrario non era molto diffuso a tavola, ma veniva impiegato prevalentemente per scopi cosmetici o tessili; infatti, si utilizzava come balsamo con cui lavorare la lana, che grazie a ciò raggiungeva la giusta compattezza per sopportare la “pettinatura”.
Altrettanto raramente ci si servì dello zucchero (sovente di canna e non raffinato) a cui si preferiva il miele, i fichi secchi e le castagne.
La bevanda preferita era il vino; il suo consumo era ritenuto essenziale per tutti, infanti compresi, non solo per motivi di cultura, ma soprattutto di necessità: allora era molto difficile rifornirsi di acqua potabile e comunque era sempre di dubbia qualità; per questo l’acqua non si bevevo mai pura ma allungata con il vino, in quanto l’alcool, oltre a migliorarne il gusto, la rendeva in qualche modo asettica.
Nelle classi più umili si consumavano soprattutto bevande ricavate dalla fermentazione di vari frutti (sidro di more, di pere, ecc); la più diffusa era sicuramente la cervogia, derivata dall’orzo che, con l’aggiunta del luppolo, diveniva birra.
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- Manuale di convivenza
- o meglio il modo migliore per essere felici cristianamente e condividere la festa di stare insieme in attesa del ritorno del Signore, senza la desolazione di sentirsi diversi o meno ricchi
Un giorno qualcuno mi disse: tu sogni troppo, stai sereno. Allora risposi: dimmi se hai un fine “escatologico”, se hai un progetto di vita ad esso conformato; per cosa vivi, quindi, e come vorresti fosse la tua vita e dei tuoi cari. Mi elencò un numero di desideri personali che riguardavano, prevalentemente, la sfera del suo io. Tutte difficili da realizzare, come la pace nel mondo e la scomparsa delle malattie, la pensione, o anche desideri di piccola entità, ma spesso costose, oltre che limitative, perché realizzabili con il consenso altrui o con l’infelicità di altri popoli.
Aggiunse, allora: tu speri troppo nel bene, hai una fede cieca in Colui che non hai mai visto, e credi che dare “gratuitamente” premi. Allora risposi: quale è la tua etica, fin dove sei pronto a spingere il tuo amore per il prossimo. Credi nelle regole morali, nelle leggi civili, nelle forme di cinvivenza civile? E cercai di spiegare che è da lì che passa il bene superiore. Nel relativismo passano le leggi di ognuno e non quelle comuni. Dove c’è giustizia c’è pace. Dove c’è bene, c’è bellezza e verità.
Ma fu l’ultima frase che mi preoccupò: hai troppa fede in Dio, e questo ti estranea dalla vita di tutti i giorni. Risposi con orgoglio: non conosco guida migliore e più autorevole a cui riferire ogni cosa che faccio, in ogni momento, per sentirmi alla fine davvero utile, vivo e sereno.
- “La luce venne nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perchè le loro opere erano malvagie” gv III, 19
- ” Il cristianesimo non è religione di rifugiati, ma di persone libere che amano la vita e stare con gli altri” mtd
- ” Non c’è amore più grande di chi dà la propria vita ai suoi amici” Gesù
- “La famiglia: irripetibile unicità”
- “Conversione vuol dire portare tutto sotto un Unico Spirito”
- “Se vuoi venire con noi vendi tutto quello che hai ed il ricavato dallo ai poveri. Quindi seguici” Gesù al giovane ricco
- “Non si tratta di cose d’altri tempi, bensì di tutto ciò concerne l’uomo in quanto tale” mtd
- “Ama Dio e fai quel che vuoi” S.Agostino
- “La meraviglia vi farà da guida” mtd
- “La bellezza salverà il mondo” F. Dostojewsky
- “La fede ha bisogno di stupore, meraviglia, curiosità. Guardate alle Nozze di Cana e alla moltiplicazione dei pani e dei pesci”
- “Nella natura nulla si crea e nulla si distrugge. Bensì, tutto, si trasforma” A. Einstein
- “Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenze” Divina Commedia (Dante Alighieri)
- “Quando avrai avvelenato l’ultimo fiume, tagliato l’ultimo albero, pescato l’ultimo pesce cosa mangerai, i soldi?” Toro Seduto
- Nota preliminare dell’autore
- In sintesi valgono sei regole auree: lavoro, ospitalità, misericordia e carità. Se serve, occorre anche ricorrere ai doni del perdono e della pazienza. Per essere sempre forti nello Spirito e nella preghiera e responsabili nell’azione e nel giudizio
- La moralità è il principio base di ogni sano rapporto di convivenza. Parola e morale sono stessi compagni di viaggio nella vita di un uomo e di una donna. La Parola e la morale appartengono a Dio stesso. Ecco perché il manuale è sottoposto interamente alla Sua Legge, che è amore e nostro supremo bene.
- Premessa
- Il sistema Arca, applicato nei Borghi di Xenobia, nelle Commanderie o Diaconie, nelle Case o Condotte, nelle Scholae o Aeropaghi, che viene promosso in questo manuale di “antropologia culturale e cristiana” ed adottato dagli Amici di Gesù, è rivolto a persone di ogni età, professione, sesso, latitudine ed epoca, non necessariamente impegnate nella vita apostolica, anche se prudentemente attente e sensibili alle opere di evangelizzazione e agli insegnamenti del Maestro. L’elemento di “verifica” e “certificazione” che contraddistingue il “metre penser” dell’Arca e che caratterizza chi si definisce ‘Amico’, è il livello di crescita personale e professionale, culturale e spirituale, razionale e ambientale che anima la fede della intera comunità in Gesù, il nostro Maestro, Colui, che, per volontà del Padre ci ha portato, tramite la Sua Preghiera, il Padre Nostro, il modello “reale” e “divino” della convivenza civile protesa al Suo Regno. Un modello che mai, come in questo caso, volutamente, viene così evidenziato in un Manuale a questo obiettivo interamente dedicato. Sì dedicato allo sviluppo, in coscienza scienza ed intelletto, di un modello che integra tutti i livelli di cui è fatto e vive l’uomo, protesi al Suo Ritorno e alla Instaurazione del Regno. Infatti Gesù ci insegna a vedere sempre la santità ed il modo di fare festa intorno al Suo Nome Benedetto come paradigma-indicatore di vitalità, salvezza nel “tempo” e qualità di “esperienza umana” rivolta al Bene. Poi, a ben vedere, essa coincide proprio con i momenti più socializzanti della vita: le ore di festa e commemorazione, socializzazione e comunione, le ore dei pasti e di riposo, i momenti passati in silenzio e nel diversivo insieme ai cari, ad amici, nuove conoscenze e parenti nell’abbraccio intimo e sponsale con Cristo Nostro Signore e Risorto.
- A noi dunque la proprietà di dare una accellerazione al “tempo provvisorio” per ricongiungerci con l'”infinito”, con l'”eternità”, con la “vita piena”.
- Indice
- Preconoscenze dell’antopologia culturale
Indice dei contenuti:
Definizione di antropologia
Comparsa dell’antropologia
Campo di intervento degli antropologi
Definizioni di cultura
Caratteristiche della cultura
Comunicazione e creatività
L’etnografia e la raccolta dei dati
Bronislaw Malinowski
La prospettiva olistica in antropologia
La problematica del contesto in antropologia
Lo stile comparativo in antropologia
La vocazione dialogica e l’antropologia come traduzione
L’inclinazione critica e l’approccio relativista dell’antropologia
Il risvolto applicativo antropologico e quello riflessivo
L’impianto antropologico pluriparadigmatico
Stadi di sviluppo dell’umanità in ottica evoluzionistica
Particolarismo storico in antropologia
Funzionalismo in antropologia
Strutturalismo in antropologia: Levi-Strauss
Antropologia interpretativa
I confini del sé e la rappresentazione dell’altro
Il corpo come veicolo per esperire il mondo
Corpi sani e corpi malati in antropologia
Concetto di persona in antropologia
Sesso e genere in antropologia
Ortner e Whitehead
Judith Butler
Studio delle emozioni in antropologia
Definizione di casta
Definizione di classe sociale
Definizione di etnia ed etnicità
Un conflitto “etnico” esemplare: Hutu e Tutsl in Rwanda
Definizione di nazionalità
Forme di parentela, campo d’indagine dell’antropologia
Discendenza e consanguineità
Il parentado
Concetto di residenza e vicinato
Matrimonio e alleanza
I matrimoni poliandrici dei Nayar
Poliandria adelfica ed eredità della terra fra i Tibetani del Nepal
Matrimonio, famiglia, gruppo domestico
Famiglie nucleari e famiglie estese
Definizione di esogamia ed endogamia
La proibizione dell’incesto
Il principio di reciprocità
I tre assunti di Morgan e gli otto principi di Kroeber
Studi di Kroeber
I sistemi terminologici di parentela
Gruppi patrilineari
Gruppi matrilineari
Studio della religione in antropologia
Gli elementi della religione e le forme di culto
Definizione di possessione
Tipi di culto
Simboli e riti: definizione
I simboli sacri e la loro efficacia
I riti della religione
La varietà dei riti
Secolarizzazione e nuove religioni
Risorse e potere: un’inscindibile relazione
Oggetti di prestigio e beni di consumo
Le nature del potere
Antropologia economica e studio delle risorse
La distribuzione: K. Polanyi
La dimensione sociale dell’economia: il principio di reciprocità
La comunità domestica
Economie dell’”affezione” e “politiche dello sviluppo”
Razionalità e irrazionalità nell’economi
Attività politica e organizzazione politica
La classificazione tipologica dell’organizzazione politica
La banda
Le caratteristiche fondamentali delle società tribali
Chefferies, potentati
Gli stati
Enciclopedia illustrata dei simboli
Civiltà e culture. Lineamenti di antropologia
Leggende e racconti popolari di Roma
Storie e luoghi segreti di Roma
Le più belle leggende popolari italiane. I racconti più antichi e nascosti della nostra tradizione culturale
Affare magia. Ricerca su magia ed esoterismo in Italia
Storia esoterica d’Italia
Le muse in azione. Ricerche di antropologia dell’arte
I nuovi movimenti religiosi
Etnie, miti, culture
La sorgente di Mnemosine. Memoria, cultura, racconto
Nomadi spirituali. Mappa dei culti del nuovo millennio
Viaggio nella magia. La cultura esoterica nell’Italia di oggi
La magia
Le sette in Italia
Cultura come comunicazione e altri saggi
L’atto e la parola. Mito e rito nel pensiero antropologico
Le giumente degli dei. Analisi antropologica del ruolo economico della donna nelle società tradizionali
Per una sociologia dei gruppi teatrali. Ricerca sui gruppi di sperimentazione teatrale in Francia
I tarocchi
Il diavolo nella tradizione popolare italiana
Popolo e letteratura in Italia
L’eterno selvaggio
Il mondo alla rovescia
Il paese di Cuccagna e altri studi di folklore
Dimenticare Darwin
L’invenzione della cultura
Lineamenti essenziali di storia dell’antropologia culturale
Storia dell’antropologia filosofica: dalle origini fino a Vico;
I percorsi dell’altro. Antropologia e storia
Storia e antropologia storica. Dalla storia delle culture alla culturologia storica dell’Europa
Simbolo, funzione, storia. Gli interrogativi dell’antropologia
Come una cultura primitiva ha concepito il mondo
Antropologia del rito. Interpretazioni e spiegazioni
Antropologia e interpretazione. Il contributo di Clifford Geertz alle scienze sociali
Tristi tropici
Il crudo e il cotto. L’opposizione tra natura e cultura in un testo fondamentale dell’antropologia
Diogene coricato. Una polemica su civiltà e barbarie
L’identità
Il pensiero selvaggio
Saudades do Brasil. Immagini dai tristi Tropici
Le strutture elementari della parentela
Antropologia strutturale
Babbo Natale giustiziato
Mito e significato
Razza e storia-Razza e cultura
Dal miele alle ceneri
Guardare, ascoltare, leggere
Le origini delle buone maniere a tavola
L’uomo nudo
Storia di Lince. Il mito dei gemelli e le radici etiche del dualismo amerindiano
Parole date
Il totemismo oggi
La vasaia gelosa. Il pensiero mitico nelle due Americhe
La via delle maschere
Lo sguardo da lontano
Primitivi e civilizzati. Conversazioni con Georges Charbonnier
- Una microeconomia di scala
- – Creazionismo. O meglio come il Dio vivente e sussistente, mise ordine nel caos cosmico primordiale e diede corpo al Suo Intimo Progetto partendo dalla Immagine Ideale di Maria
- – La Creazione, Rivelazione e Fine dei Tempi. L’idea chiara di ‘alfa e omega’. La visione e gestione del tempo di Dio
- – La potenza della Misericordia di Dio. Questione di energie: chi dà e chi toglie. L’origine della Vita
- – Il Cielo, le Costellazioni. Angeli tra Dominazioni, Potentati e Regni
- – Il Sole e le polveri Stellari: fabbriche celesti e giganti terrestri. Il ciclo delle acque. Maree e il magnetismo lunare
- – In Principio era il Verbo. Poi fu la Luce. La formazione del linguaggio e dello Spirito come volontà divina
- – Il Dio che ha creato, ama e governa l’universo e le potenze del Cielo
- – Lo Spirito di Dio aleggia sul primo Uomo e sulla prima Donna. Il peccato originale come errore di convivenza e integrazione dell’essere per il Progetto
- – Lo spirito di Dio è spirito di squadra
- – Dio è Amore. Rendere Dio grande nel mondo, dargli spazio nella vita e nel nostro tempo. Il Timor di Dio
- – La “Vigna del Signore” ed i suoi servi
- – Il mondo visto e raccontato dai Santi. Le metafore
- – Voler essere Santi ed entrare nelle Grazie di Dio. Per Lui e Gesù si può anche soffrire, ma mai senza di Loro
- – Cristo Re, nostro Signore. L’età dell’oro e la via maestra dell’Amore. Il Re di ogni energia: trinità e virtù teologali
- – Il cristianesimo come annuncio di liberazione e felicità. Esiste per questo
- – Famiglia e sussidiarietà
- – Le ragioni delle religioni monoteiste nella visione escatologica: la Parusia
- – Il Diritto che governa il mondo. Ci si può dissociare? Si può vivere fuori dal “sistema”. Può l’uomo vivere isolato?
- – I beni comuni nell’economia del Dio Assoluto. Il Primato della Cultura
- – Il bene non fa rumore. Il rumore non fa bene. La politica e la diplomazia
- – Cereali, alberi da frutta, ulivi, radici e viti, tuberi e patate, verdure, carne pesce, latte e uova, legumi e il miele. Tutto per l’uomo che à al centro del mondo. Il dono ‘equo’ della Creazione
- – La Parusia. Quando Gesù tornerà a celebrare la Sua Pasqua, ci sarà più la fede tra gli uomini? Ci sarà la festa?
- – Uniti alla madre di Dio. A Fatima?
- – La produzione, disponibilità e utilizzo di energia e risorse. Fonti alternative
- – Pioggia, Vento e Maree. Insostituibili
- – L’ecologia del paesaggio tra natura e antropomorfia: interventi mitigativi
- – I sistemi montani, marini, lacunari e boschivi. Il ruolo dell’uomo i suoi simili e gli esseri viventi. Il suo habitat
- – Identità, valori e territorio. Terreni di cultura. La tradizione, la nostra forza. Come rendere chiaro il bene a tutti
- – L’identità: radici perdute dell’uomo contemporaneo. Nuova Rete Culturale
- – L’acqua ed il sale: il sacro Battesimo
- – Il confessionale. Per chi è lontano dalla retta via. La pietra di inciampo
- – La moralità: come definire, stabilire, creare punti di riferimento certi al fine d’una pacifica relazione di convivenza
- – Il sogno ed il desiderio: le molla che muovono il cuore, l’animo ed il sapere
- – Quando invece di costruire e fare si preferisce distruggere e disfare
- – De Architettura: su i nuovi e i vecchi pilastri della terra. Abitare il territorio
- – La logica e la matematica sono la realtà connaturata all’uomo
- – Quando un problema, l’indolenza, un peccato o un errore tolgono energia alla società umana producendo il male
- – La sacralità del corpo è veicolo di preghiera. Fotografie di eventi ‘buoni’ e la seduzione amorevole e genitrice
- – La “Bellezza”: il vero stimolo a fare. La larga strada che conduce a Dio, che induce all’imitazione, alla serenità
- – La casa dei genitori. Quello che per natura, è anche partecipata dai figli
- – La comunità ebraica: tradizione per l’eccellenza. Racconti Biblici nell’Antico Testamento e nel Nuovo Testamento
- – I figli: nella vita la più grande virtù e ricchezza. Ogni attenzione va spostata su di loro assieme agli investimenti
- – Se i figli tradiscono i padri esiste una ragione per imputare alle generazioni precedenti la colpa. I valori dei giovani che si fondano su logiche universali
- – Ogni bambino che cresci, alimenti ed educhi è un tuo figlio. L’adozione nel segno dell’amore
- – Mettersi al servizio dei figli perché imparino loro stessi a servire il mondo
- – Preparare per i figli una esperienza di amore insostituibile e riproducibile
- – Soluzioni di convivenza dettate da saggezza e buon senso. Educare e sedare divergenze con la ragionevolezza ed il gioco
- – Il patrimonio nella casa comune premessa di unione, crescita e fortificazione nella crescita del gruppo
- – Matrimonio, patrimonio e “status” socio-culturale. Un equilibrio tra energia e morale. Un dono da non disperdere tra individualismo, cecità e amenità
- – Il primato della donna. Come non avvilirla. Senza di lei la vita stessa perde di tono e sapore. Mille modi per farla sentire importante e vivere bene
- – La forza di un uomo e la insostituibilità di un uomo saggio
- – Ogni giardino che curi e innaffi è il tuo giardino. Alla ricerca del Paradiso perduto in compagnia di Amici validi
- – Il rapporto con gli animali: l’indice di un ascendente verso gli esseri viventi
- – Protagonisti inconsapevoli di ogni sana economia: la poesia e le belle arti. Come immortalare l’incanto per sconfiggere e abbonire la depressione
- – Ogni intervento effettui per il bene comune e nel segno dalla bellezza è come mettere a nudo la tua anima pia
- – L’abbraccio, il bacio, la tenerezza. La necessità del “contratto” psico-fisico per alimentare e moltiplicare energie
- – La forza d’Amore: ciò che fa girare il mondo e che ci fa occupare la terra
- – L’organizzazione vera della fatica tra qualità, efficienza e lavoro di “team”
- – Collaborazione e cooperazione: lo spirito di iniziativa e di intraprendenza
- – L’organizzazione del sapere: sistemi scolastici e formativi a confronto
- – Il baratto nell’economia di scala
- – Piccoli e grandi risparmiatori. I tempi delle scelte. La pietra ed il mattone
- – Il periodo di vacche grasse e magre. Il buon risparmiatore
- – Assicurazione, contribuzioni e prevenzione. Welfare, o meglio la vita del riposo garantito dopo la garanzia del lavoro per la vita
- – Il mecenatismo: far girare il denaro e offrire opportunità ad artisti abili
- – L’architetto e la concezione alterna e versatile dello spazio. Il “tutto” in uno
- – Civiltà e cittadinanza. Il giusto senso di appartenenza ad un gruppo “etnico”
- – La maturazione dei Tempi. Quando è quasi possibile modellare ogni vita su gioia e festa. La Fede: con cultura, sforzo in più per esserne consapevoli
- – Il segreto? Lavorare quel che serve, per vivere. E non vivere per lavorare
- – L’alimentazione sana per una mente ed un corpo sani e produttivi
- – Sotto il pergolato, davanti al camino ogni piatto è arte
- – Letteratura: come spostare in avanti i confini del sapere e delle conoscenze
- – La prevalenza del lavoro artigianale, professionale e altamente qualificato. Perché riqualificare gli antichi mestieri. Il lavoro a regola d’arte.
- – La stagione venatoria e la pesca. Come tenere sotto controllo la natura salvaguardando gli ecosistemi
- – Il ruolo sociale dell’architettura e le maniere stilistiche locali
- – Come innalzare il livello di istruzione sociale e di cultura interpersonale per adeguarsi agli standard del sistema
- – L’ombra: favorire il riposo psicofisico e la quiete confortando lavoro e fatica. L’investimento degli avi lungimiranti
- – Ruoli e distribuzione dei compiti. La sacralità della famiglia nel lavoro
- – Intraprendenza e disponibilità
- – Lo scambio di buona informazioni
- – Ottimizzazione architettonica degli spazi. Gli ecosistemi e le opere umane
- – Verdeggiare, piantumare, infiorare
- – La raccolta differenziata: riutilizzo e riciclo dei materiali. Il compostaggio
- – Il rispetto per la natura: armonia, bellezza, ecologia e parsimonia
- – Le maniere del buon viaggiatore: diligenza, moderazione, concordia
- – Modus vivendi: la vita individuale, la vita familiare e la comunità di amici
- – La vita monastica e militare: l’Ordine
- – Il giardino, il terrazzo e l’orticello
- – Il magazzino, l’officina e la bottega
- – Gli attrezzi, gli strumenti, la tecnica, il mestiere e l’arte della manualità
- – La cucina ecologica, economica e vegetariana. La dieta mediterranea
- – La produzione locale ed il mercato
- – Il figliol prodigo: padre, figli. La terra
- – Razionalizzare un patrimonio con il coinvolgimento degli eredi diretti
- – La comunità di San Patrignano. Un modello di eccellenza per i sindaci
- – Regalie, strenne, elaborati artistici personali, ceste di prodotti tipici locali
- – Il sub affitto e la parcellizzazione delle unità immobiliari
- – L’eterno ritorno della bancarella e del “porta a porta”
- – La democrazia economica di internet e dei motori di ricerca. L’era è servita
- Un po’ di storia. La cultura civica
- – I tempi della storia, Dio, li ha lasciati all’uomo, che li colma di menzogne
- – Conoscere il dolore ed i propri limiti e sapere come vincerli e superarli
- – La lunga ascesa dell’uomo ai valori civili di convivenza. La mala ignoranza
- – Dalle palafitte all’arte della tessitura
- – L’eterna lotta tra il cerchio di Dio e la spirale, tra il ritorno al ‘tutto’ e la fuga
- – La forma primordiale e simbolica del cerchio. Simbolo di socializzazione: il tempo, il fuoco, memorie del Dio Sole
- – Il Dio Sole nelle civiltà antiche: culto, e nuova vita. Divinità egizie, riti Maya di purificazione e Battesimo Cristiano
- – Più si riesce a vedere indietro e più avanti si riesce a vedere. La Genesi
- – Non tutti abbiamo lo stesso indice di tempo o di calendario biologico. Alcuni tardano a stare vicino ai più precoci, anche perché non correggono i difetti
- – La pienezza del tempo. Il Natale
- – Gesù ci ha insegnato come gestire il tempo e ci ha indicato, imitandoLo, a ridurre il “nostro” senza esitazioni
- – La libertà di amare Dio, la libertà di parola, la libertà dalla paura, la libertà dalla ignoranza, la libertà del proprio tempo. Quando il “mondo” impone i suoi ritmi per convenzione contro Dio
- – Ruralità e cultura materiale. Civiltà contadine: l’organizzazione del lavoro, del gruppo di lavoro e la formazione dei primi nuclei umani attorno ai “tempi” delle contivazioni, delle raccolte e delle gestazioni
- – La cultura mediterranea: una culla di civiltà. L’arte di disossare la terra
- – La regalità sacra. Un potere da Dio.
- Davide, Salomone e la Regina di Saba
- – L’oro ed il declino delle città sante
- – Se la pietra di inciampo è la pietra d’angolo. Come correggere il peccato
- – Gesù maestro e coltivatore di terre e anime. Le parabole dei vignaioli e la pratica della pesca. Ecco il Salvatore
- – La priorità della cultura cristiana nel tempo: evangelizzazione della società nelle libertà individuale e collettiva. La lotta all'”apostolato della morale”
- – La ragione male applicata esclude Dio dalla visione umana e dalla vita
- – Da pietre dei campi alla casa sicura
- – La poligamia, la poliandria e le unioni fra simili
- – Terra d’Egitto. Il grande esodo verso la Terra Promessa. La Palestina
- – La cultura Abramitica: discendenze e popoli. Figli di Isacco e di Ismaele
- – I Fenici, i Vichinghi: i Popolo dei Mari e storie di grandi navigatori
- – Tutto ciò che avremmo imparato di sacro, sulla natura, dai saggi Indigeni d’America. Indiani e culto del cavallo – bisonte – cavallo e degli spiriti
- – La permanenza delle caste indiane e le terre d’origine dei Re Magi
- – Cultura Sarda, Greca, Etrusca
- – Gli Egizi ed i filosofi greci: Aristotele, Platone, Socrate, Silone cultori della morte, custodi della genesi. L’esodo di Gesù Bambino nella “terra” di Mosè, di Giuseppe e di Alessandro Magno
- – La comunità Essena. Il Battista ed i Giuseppe padri putativi di Gesù Cristo
- – L’Annuncio, la resa di grazie, le pene e lo sposalizio della giovane Maria
- – La cultura Celtica. La croce: i simboli primordiali dell’armonia cosmica
- – La fondazione di città: l’acqua, l’aria, il fuoco e la terra. La roccia, la sabbia
- – I Maya, gli Incas, gli Atzechi: culto di Noè l’agricoltore e dei guardiani del Cielo. I calendari
- – La cultura cinese e nipponica. Il fenomeno Tibet
- – L’impero Romano ed il Papato: la Chiesa Una Santa Cattolica Apostolica e Romana. Le elite ed il cavallierato
- – Le barbarie: dalle invasioni ai sacchi, dalle rivoluzioni alle conquiste. Come gettare il terrore e violentare la quiete
- – Concili e scomuniche. I campi minati di “teorie” e “dialettiche”
- – La scoperta dei chimici: dalla pietra filosofale all’alchimia, dalla magia alla stregoneria. Merlino e la spada nella roccia. Il mito di S. Michele Arcangelo
- – Noviltà, emblemi araldici e motti. Il programma di generazioni di famiglie
- – Il senso della Proprietà nel tempo. Patrimonio comune, proprietà per concessione reale, proprietà pubblica e privata, demanio, proprietà evoluta (proprietario come gestore illuminato per uso di comunità organizzate).
- – Regole di convivenza nella storia dei popoli. Le gerarchie per classi operaie
- – I viaggi transoceanici e le scoperte dell’era moderna. Da Colombo a Cock
- – Il riposo del guerriero. La giusta tregua di una lunga avventura umana.
- La resa ad una società secolarizzata
- – Il “Consiglio dei Saggi”. L’abile arte del compromesso. Il patto sociale
- – Sciamani, stregoni, sacerdoti, maghi ed il controllo delle conoscenze
- – Gli insegnamenti delle madri, le doti e le raccomandazioni dei padri
- – I gruppi, le tribù, le èlite, le dinastie, le famiglie ed il rapporto genitoriale
- – L’essere donna. Percorso nel tempo
- – Le persone sole, i separati, la vedovanza, la pensionalità e la malattia
- – Dai riti tribali a concezioni moderne di società. L’antropologia culturale
- – Storia di abusi, predazioni, violenze, violazioni, sopraffazioni, dispotismi, discriminazioni, autoritarismi
- – Arti, artisti e materiali preziosi per la creazione della casa e dimora di Dei
- – I riti di iniziazione nella storia umana
- – La storia di viaggi e pellegrinaggi
- – La prostituzione o antico mestiere
- – Filibustieri, don giovanni, latin lovers. Il culto dell’harem o della promiscuità ed il limite dell’occidente
- – Dalla schiavitù alla servitù
- – Dall’otium al neg-otium. La villa e la fattoria romana: la centurazione delle aree, i distrctum ed i poderi
- – Le mura ed il “pomedium sacrum”
- – Dalla culla alla tomba. Assicurarsi una vita di cure, doti e “provvidenze”
- – Vita sessuale. L”eros”, l'”agape”, la astinenza, la continenza ed il pudore
- – Il cristianesimo: rivoluzione paolina. Progetto proposto ai ciconcisi e esteso anche ai gentili e ai pagani
- – Il modello del Borgo ed il sabato del villaggio. La cultura di vita della civiltà materiale: le fiere da Roma all’Europa
- – La difesa di territorio, identità locali, proprietà collettiva. L’arte della guerra. I costruttori di vera pace e reciprocità
- – La Chiesa vera custode di fede e vita
- – Costantino e la giusta scelta: dagli “equites singulares” alla nascita della nobiltà. Un serbatoio di conoscenze
- – Il monachesimo e l’età carolingia
- – Artù e i cavalieri della tavola rotonda
- – L’età di mezzo ed il feudalesimo
- – “Dolce stil nuovo”, Divina Commedia e Codice d’Onore
- – Riforma, Controriforma e il Triregno
- – La monarchia illuminata
- – La rivoluzione borghese ed il nuovo potere dell’età industriale. Quando snobbismo, perbenismo, moralismo piegano in due i critei morali ed etici
- – La vacanza e il ‘buon ritiro’. Concetto generale e valore etico sociale. Come ricreare lo spirito
- – La vita di corte e l’etichetta. Riti ed eccessi del dolce far nulla
- – La Bella Epoque e le guerre mondiali
- – L’inizio della fine della mattanza delle balene. Specie in via d’estinzione
- – La deriva mafiosa e massonica: il segno che c’è un abbassamento della guardia da parte dello Stato
- – Come eravamo: storia di vita e civile convivenza nella tradizione italiana. E anche in Europea e nelle colonie
- – Il sogno americano: il “farsi da soli”
- – Il ‘900 come non lo avete mai visto. Cose mai raccontate e ‘politicamente scorrette’
- – Il Sionismo. Nuovo Ordine Mondiale e Alta Finanza Internazionale. Denaro e armi al potere
- – Un po’ di letteratura. Brani celebri da ogni latitudine e da ogni epoca
- – Eroi, Guerrieri, Samurai, ecc. tra codici d’onore e virtù
- – I film: modelli da esportazione. Il neorealismo italiano e la epopea anni ’50-’60, americana post bellica
- – Il boom economico e la scoperta dello spazio. I blocchi contrapposti
- – Le ragioni di una rivoluzione: gli anni 60 e la contestazione giovanile
- – Perché l’11 settembre 2001? Shock culturale. Pretesto per introdurre una nuova era? Nulla sarà più come prima
- – Il sentimento estremo della guerra e della cultura di morte. Mafia, massoneria e potentati economico-finanziari
- – Il riscatto dei vinti: la verità
- – Lotta alla frode di Stato e allo spreco di risorse pubbliche. Quando il popolo è solo “risorsa” da spremere
- – L’era d’oro del “low cost”, dei beni e delle risorse immateriali. Il Denaro come ‘sterco del diavolo’. L’invenzione
- Leggi, criteri e sindromi dominanti
- – L’Energia e le sue cariche: positivismo e negativismo tra proposta e negazione
- – Il “prestito d’onore” e lo sviluppo delle idee per l’eternità
- – La morte. La vita ci dovrebbe aiutare e preparare a quel giorno
- – Quando il dileggio del sacro non è un diritto della libertà
- – Dal furto dei cavalli, ai sequestri. Un mondo soggetto al possesso facile di cose altrui. L’eterno Far West
- – Uomini e donne, interviste dentro ed interviste contro. La riproduzione come imperativo nostra specie: tra il fondamento e la libertà
- – Uomini incapaci di farsi amare. Non solo. Anche uomini molto amati: da Nausicaa a Circe, da Didone alle 4 donne del Signore di nome Maria
- – Le forme della normalità. Mah!! Idee certe, atteggiamenti riconoscibili, una casa, amicizie solide, amori importanti
- – Quando non sono i fatti a turbare gli uomini, ma le opinioni intorno ai fatti
- – Non tutti partiamo da stessi livelli. Il principio democratico e naturale della discriminazione positiva. Le ingiustizie
- – Il talento. Fare facilmente ciò che gli altri trovano impossibile. I campioni
- – Il richiamo della terra e delle origini
- – La maternità e lo svezzamento. La ricerca del cibo e di un riparo sicuro
- – Ricognizione e conoscenza di luoghi dell’abitare. Le proprietà intrinseche
- – La paternità. La ricerca nell’uomo bis
- – L’esercizio innato del potere: quando degenera nella subalterietà pretesa
- – La spontaneità di canto, ballo, suono
- – Difendersi e reagire con atto morale ad un furto o ad un’aggressione. La forza del gruppo e la legittima difesa
- – L’autoerotismo. Caso biblico di Onan
- – Il deserto, la foresta, il mare, il cielo o la fertile terra: origine delle religioni
- – Mangio dunque sono. Ma non di solo pane vive l’uomo. Eppure nel sermone delle montagne presto si provvedette alle moltiplicazioni dei pani e dei pesci
- – Guardie e ladri. Il problema “denaro”
- – L’architettura del paesaggio. Il vero indicatore della qualità della vita e di una pacifica convivenza civile
- – I contadini: custodi del paesaggio
- – Le presentazioni. Conoscere persone per quello che sono realmente
- – L’uniformità dei costumi: grembiuli, divise, camici, tuniche, tute, sai, ecc.. – Igiene, equità, ordine e bellezza
- – Formalità. Spesso gesti spontanei
- – L’inequivocabilità delle nostre azioni. Come esseri sinceri e convincenti. Il perseguimento dei giusti fini
- – I disturbi sessuali: la sopravvivenza della specie ed i rapporti occasionali
- – L’ambizione ed il linguaggio mentale
- – Chi ragiona di soldi, vive per i soldi, accumula soldi, deve pagare coi soldi
- – Armi, acciaio, malattie
- – Solitudini estreme: oceani infiniti, deserti sterminati e immensi ghiacciai
- – Integrità, tradizione, onore. Storia di altri tempi. Oggi flessibilità, amore e perdono ed una grande forza d’animo
- – Chi è senza peccato scagli la prima pietra. Andò via, prima, il più anziano
- – Patrimonio. La concentrazione e la ridistribuzione: massimizzazione dello asse ereditario e dei benefici sociali
- – La contestualizzazione dei metodi educativi e dei fini formativi. Il modo migliore per capire ciò che si impara
- – Il rischio dei terremoti antropologici e la sopravvivenza delle stirpi. Forme di famiglia e conservazione delle terre
- – Quando desiderare il ‘meglio’ spinge il progresso ed il ‘bello’ allo sviluppo
- – La scelta del capo. Il perseguimento degli interessi generali, in nome di Dio
- – La cura del luogo: divergenze tra il dominio maschio e quello femmina
- – Dissidi, divergenze controversie. Un giudice giusto, flessibile e clemente per redimere il conteso
- – I diversamente abili. Atteggiamenti e limitazioni di movimento e aspettative
- – Titoli di studio e specializzazioni. Ma soprattutto conoscere l’uomo, le arti, i mestieri e saper fare il proprio lavoro
- – La conduzione familiare. Le famiglie eterologhe e quelle monogame
- – L’onore ed il rispetto
- – Ironia, outing e gaiezze. I sentimenti gay nella storia delle discriminazioni sessuali fino all’orgoglio manifesto
- – Capacità di influenza in aree/settori organici e strategici della società
- – Società patriarcali e matriarcali
- – Regole di vita arcaiche: la sciarria, infibulazione, burca, padre-padrone
- – La discendenza e la provenienza. La genealogia e l'”albero della vita”
- – Saper fare proposte, suggerire risposte, essere pro-positivi
- – L’atto eroico ed il tacito soccorso
- – Grandi emozioni: segnali di vitalità
- – I limiti delle persone: estetici e etici. Incapacità a fare, ignoranza, carattere
- – L’insorgere dei malesseri dell’anima e psicosomatici. Le cause e le cure
- – Il sogno e l’ideale: acrobazie mentali per tenere acceso-allenato il cervello
- – Il “buon partito”. Donne veementi all’assalto di uomini di potere e ricchi
- – La moltiplicazione della specie. Il corteggiamento ed il contratto sociale
- – Dialetto, idioma e detti popolari. Indicazioni di saggezza universali
- – Dalle grandi rivoluzioni moderne: l’uso sistematico del tempo altrui e la sottomissione del pensiero debole
- – Il mondo rapportato alla misura di se stessi. Il prolungamento del “pene”
- – L’iniquo accumulo di denaro e la assenza di serenità: la società malata
- – Il naturismo ed i tabù sessuali
- – Le meraviglie del mondo in piccolo. Il principio dei frattali
- – Le invenzioni e le scoperte che hanno cambiato il modo di vivere
- – A futura memoria. I caratteri dominanti della selezione naturale e umana
- – I nomi alle parole
- – La morte nell’animo. Lutto, pazzia, demenza senile, malinconia
- – Tenere un segreto. Per il bene
- – L’emancipazione femminile. Un bene per l’umanità, ma effetto di passaggio
- – La donna e la forza della sua natura
- – La morte di un figlio. La pazienza di Giona
- – Scacco in tre mosse. Come l’uomo può guadagnare o recuperare la sua dimensione equilibrata e non rompere
- – Lo spirito di sopravvivenza ed il controllo degli istinti. La civiltà
- – Le fobie. Combatterle e vincerle
- – Il paragone e la corrispondenza oggettiva. Non si scappa dalla logica
- – La filosofia cognitiva e sensitiva. Insegnarla già alle elementari come premessa alla logica
- – La sindrome di Stendhal
- – Malversazione, pregiudizio, reticenza
- – Conoscenza della psicologia umana, delle persone, cibi, sostanze e rischi
- – Sindrome da spogliatoio. Il rapporto con il proprio corpo e la nudità. Il rito del costume, della gonna e abiti larghi
- – La sindrome da Peter Pan. Quando si smette di crescere per rimanere bambini e giocarelloni
- – Gesti e modi in stile
- – L’arte sofraffina della gentilezza e della dolce fermezza. Il segreto della evoluzione: la signorilità e la santità
- – Ad ognuno ed in ogni epoca la sua moda. Individualità, originalità, modelli funzionali ed estetici
- – La salute: le terme, talassoterapia, dieta, riposo, prevenzione. Ars medica
- – Proprietà medicinali dell’alcool, delle erbe, di piante radici e di alcuni cibi
- – I tatuaggi ed i pearcing
- – Mistificazioni, abusi e trasferimento erroneo ed inesatto delle consuetudini quotidiane, dei rituali e delle usanze
- – Tradizione, famiglia e proprietà
- – Godimento in proprio e con persone care delle cose a cui teniamo. L’arte di non suscitare invidie, gelosie, ire e golosità
- – Umorismo, stravaganza, “saturnali”
- – Il rapporto con gli animali. I pastori
- – La curiosità e la spontaneità
- – Innamorarsi. La tempesta di ormoni
- – Accarezzare il cane per immicarsi la padrona. Gesti efficaci e inconsapevoli
- – La sacca del viandante. Piccoli Ulisse alla ricerca di se stessi e di un modo universale di stare insieme
- – L’eroe virgiliano fondatore di città: Enea da Troia a Lavinio
- – I segreti del mestiere. Una risorsa comune e la fortuna per chi li scopre
- – La retribuzione e le paga. Quando è utile, doverosa ed indispensabile
- – La scelta di una fissa dimora. La soddisfazione e le esigenze di tutti
- – La qualità della vita. La giusta distanza dai luoghi più frequentati
- – Il momento delle scelte. La giusta attesa: non sbagliare e sorprendersi
- – Preparare, montare e scaricare i bagagli. Portare l’essenziale
- – La sessualità e l’erotismo. Come evitare strafalcioni e scorrettezze. Gestire i propri impulsi e controllare la tentazione extraconiugale
- – La considerazione degli altri
- – La gelosia, l’invidia e l’ira. Il potere debole e la rinuncia a capire ragione
- – Tradimenti, delusioni, inganni. Tutto in salita: riconquistare la fiducia
- – Il concetto fallace di destino e suoi derivati: i riti scaramantici ed il libero arbitrio
- – La stima ed il rispetto. Indicatori di relazione tra necessità e intensità
- – Gli spazi della convivenza civile e della convivialità. Un limite va posto
- – Comodità, confort, modelli comuni e buona architettura. Esigenze private
- – L’arte di coltivare la terra, godere e gioire dei frutti e di produrre bellezza
- – Il soccorso e l’affanno contro le intemperie, le disgrazie ed i cataclismi naturali. Il sano spirito di gruppo
- – L’uso sistematico di disinformazione. Come confondere le idee a vantaggio di pochi. L’era del “consumismo”
- – L’arte di saper far giocare i bambini, insegnando loro il modo di cogliere i segreti della vita e le forme concrete di socializzazione
- – Il fai da te. Il risparmio ponderato
- – La cucina e la festa. Le forme ed i contesti dell’invito. Il clima di festa
- – Malattie, quarantene, convalescenze
- – La forza delle “parolacce”
- – Individualità, privacy, giochi e attività di gruppo. Prendere la misura di tutto
- – Saper come minimo, tutti, cucinare, comperare cibi, rammendare vestiti, riparare e riassettare casa
- – Il galateo per le alte ricorrenze, le buone maniere. L’accortezza sublime di informarsi e adeguarsi alle usanze locali. Un modo per essere ricambiati
- – Il risparmio: uno stile contadino per godersi la vita. Un mix spontaneo tra visione stoica e sensibilità epicurea
- – La sobrietà: dopo la sbornia dello eccesso è il momento della misura
- – L’eleganza: nel comprare ciò che dura una vita, avendone cura
- – La generosità: saper valutare il peso del dare. La magnanimità del capo. Il potere di chi è in grado di donare. La economia di legame contro lo scambio
- – Scardinare le regole in nome felicità
- – Cancellare conformismi eccessivi, obblighi sociali e provocazioni mondane
- – Televisione ed educational: da indice di gradimento a indice di qualità e di soddisfazione
- I criteri morali
- – La sacralità della parola: in principio era il Verbo. Et Verbum caro facto est
- – La convergenza verso l’Unico Dio attraverso la Croce del Figlio Rivelato.
- La vera conversione all'”uomo nuovo”
- – Non pensare secondo gli uomini ma secondo Dio. Essere sponanei e nuovi
- – La Croce e il parto dell’uomo nuovo.
- Gesù ci indirizza verso il bene, ci salva per mezzo del suo prezioso sangue
- – Essere di parola. Parola è “essere”
- – Le ‘beatitudini’ e il Padre Nostro. Non abbandonarci mai alle nostre miserie
- – Superare e colmare le diversità. Lo Spirito Santo ci aiuta a credere con il cuore e a confessare con Opere che Gesù è il Cristo e a vivere secondo la Sua Parola: salvare chi era perduto
- – Rendere Testimonianza al Salvatore
- – La “parabola”: il Figliol Prodigo e lo invito alle Nozze del figlio del Re. I talenti ben spesi
- – La fede non può essere astratta: va dimostrata nella pratica di vita, con le opere di Carità o l’amore gratuito
- – Le virtù cardinali e dello spirito santo
- – La messa domenicale. Condivisione della memoria del pane e del vino. Un invito alla celebrazione del quotidiano in un clima gioioso di festa
- – I “novissimi della Chiesa Cattolica. Una miniera per le nostre potenziali risorse umane
- – Il “martirio”. Ecco come compattare una comunità o una minoranza etnica
- – Le virtù ed i doni dello Spirito Santo esaltate dai Profeti e dai padri della Chiesa
- – Quando il degrado è anche peccato. La degenerazione delle aspettative di vita, partecipazione, presenza
- – L’arte sacra come rappresentazione di gioia, gaudio, gloria e festa celeste
- – Il dono dell’ospitalità e l’accoglienza
- – L’altruismo contaggioso. Essere belli d’animo e costruttori di buon senso
- – Matrimonio e festa altri sacramenti
- – La scomparsa di una persona cara. Funerali e sepoltura. Come celebrare il ricordo e conservare la memoria
- – Il testamento morale e la divisione dei beni
- – Come farsi onorare e amare. Le lodi lasciate ai presuntuosi
- – Omosessualità e promiscuità. Sostanza e Modi sbagliati di intendere festa e gaiezza
- Errori da non commettere mai
- – togliere o distogliere ogni forma di energia positiva orientata al Bene
- – impugnare la Verità Rivelata
- – desautorare ogni autorità morale
- – abusare della credulità popolare
- – giudicare gli altri. Chiunque sia
- – il senso morale di fronte ai poveri
- – evangelizzare contro la volontà
- – proibire senza mostrare le opzioni positive
- – bloccare gli entusiami
- – promuovere cattivi modelli sociali e la menzogna
- – ostentare forme di coerenza e di bigottismo a discapito della religione
- – criticare e chiudersi nei confronti di altre religioni e delle conoscenze senza capirne le ragioni naturali, culturali, esistenziali
- – alimentare l’odio a fini politici e personali. Solve et coagula
- – dissipare denaro pubblico per usi militari e per mantenere il clientalismo
- – dividere invece di legare ed unire
- – commettere violenza sui minori e contro le donne. Mistrattare gli animali
- – discriminare ed essere irriverenti
- – disattendere alla Vita e alla Provvidenza nella forma e nell’attesa
- – essere contro le tecnologie ed il genio loci
- – escludersi da ogni attività sociale, politica, religiosa e consortile
- – essere indifferenti verso l’ospite e verso l’altro e mancare di rispetto
- – essere ingrati e non riconoscenti
- – essere supponenti e presuntiosi
- – usare prepotenza e arroganza
- – abuso della cortesia altrui, profanazione e sfruttamento
- – provare invidia per la fortuna altrui
- – essere scortesi senza motivazione
- – mostrare avarizia e ostentazione
- – elevare l’accidia ad un proprio status
- – commettere atti di libido
- – aggredire le persone fino a commettere l’omicidio
- – mancare di rispetto nei confronti dei genitori, dei coniugi, di figli ed amici
- – l’ospite il terzo giorno puzza, come il pesce. A meno che…
- – da individualismo a gioco di squadra, dall’accentramento alla delega fiduciaria o indotta
- I Dieci Comandamenti o la Legge Morale (Naturale e Condivisa fra tutti)
- Prima di leggere il testo dei dieci comandamenti riportati nella Sacra Bibbia, occorre precisare alcune cose molto importanti. Dalla Bibbia, sappiamo che l’osservanza dei comandamenti di Dio è un dovere di tutti i credenti, e che tramite la loro osservanza ci si fa un tesoro nel cielo. Questo tesoro, però, non è la vita eterna, perché essa è il DONO di Dio. Quindi mediante la fede, dopo essersi ravveduti, si ottiene la remissione dei peccati e la vita eterna, e mediante l’osservanza dei precetti di Dio ci si fa un tesoro nel cielo.
Per fare un esempio pratico, credendo in Cristo si viene salvati dal peccato e dall’inferno, mentre dando elemosine ai poveri, aiutando le vedove e gli orfani, visitando gli ammalati, non rendendo male per male, ecc. ci si fa un premio in cielo che in quel giorno Dio farà conoscere a ciascuno di noi. Più abbiamo lavorato al bene del nostro prossimo e più grande sarà il premio.
Ripetiamo però che la salvezza dell’anima è PER GRAZIA, e non possiamo in alcun modo ottenerla per meriti personali o attraverso il battesimo, la preghiera, le elemosine, ecc.
La Bibbia dichiara: “Infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti” (Efesini 2:8).
“L’uomo non è giustificato per le opere della legge ma soltanto per mezzo della fede in Cristo Gesù” (Galati 2:16).
Siamo dunque stati salvati solo per fede, per seguire il Signore, e “per fare le opere buone, che Dio ha precedentemente preparate affinché le pratichiamo” (Efesini 2:10).
Uno sguardo ai dieci comandamenti riportati nel catechismo cattolico .
Poche persone sanno che sebbene i comandamenti insegnati nella Sacra Bibbia sono dieci, quelli insegnati nel Catechismo della Chiesa Cattolica sono in realtà soltanto nove! Il secondo, infatti, è stato letteralmente cancellato, e dal decimo ne hanno ricavato due “pezzi”, per coprire il vuoto del secondo. Così, ora il secondo è in realtà il terzo, il terzo è il quarto, e così via.
Vediamo ora i “dieci” comandamenti secondo il Catechismo cattolico (dal Catechismo di S. Pio X, per la preparazione ai sacramenti).
Io sono il Signore Dio tuo:
1. Non avrai altro Dio fuori di me.
2. Non nominare il nome di Dio invano.
3. Ricordati di santificare le feste *.
4. Onora il padre e la madre.
5. Non uccidere.
6. Non commettere atti impuri.
7. Non rubare.
8. Non dire falsa testimonianza.
9. Non desiderare la donna d’altri.
10. Non desiderare la roba d’altri.
- L’attualità incalzante dei detti antichi latini, contadini e locali
- – le parole volano, gli scritti restano
- – meglio abbondare che deficere
- – la fortuna aiuta gli audaci
- – mente sana in corpo sano
- – prendi e goditi la giornata
- – impara l’arte e mettila da parte
- – una volta tanto è lecito insanire
- – come ti fai il letto ci dormi
- – noi abbiamo quello che diamo
- – chi rompe paga e i cocci sono suoi
- – parlare a nuora perché suocera intenda
- – in compagnia prese moglie un frate
- – l’unione fa la forza
- – chi fa per se fa per tre
- – ecc.
- Alla base di tutto l’educazione
- – Imparare a parlare: uso delle parole
- – I figli, la giusta legge. I criteri della crescita fra libertà e società
- – Nuove forme di pedagogia
- – Criteri valoriali usati nel passato e comuni a molte civiltà. Il concetto di subalternità alla tradizione
- – Imparare a ridurre i problemi alla dimensione giusta
- – Il senso della misura, dei valori etici e delle proporzioni
- – La prima vera rivoluzione dei valori civili: libertà, amore, ricerca di virtù
- – I valori cristiani di civile convivenza e gli insegnamenti di Gesù: “state insieme e amatevi l’un l’altro come amate voi stessi”
- – L’educazione dei figli ed il ruolo dei nonni. I tempi, i luoghi ed i modi della formazione e della istruzione
- – Redarguire qualcuno. Modalità, luoghi ed intensità
- – Tenere il punto sul giusto rapporto. Atto d’amore e di affettività
- – L’intelligenza creativa ed emotiva: l’arte di conciliare, sorprendere e stupire
- – Assumere o offrire vantaggi agli “agit prop” o comunque a coloro che influenzano le scelte
- – Superare insieme le paure giocando: al mare, in montagna, nel bosco. Prove di sopravvivenza
- – L’educazione e guida all’estetica e all’etica. Il buon gusto per le cose
- – Il senso del tempo e dello spazio
- – Figli creativi e creare futuri gestori: l’educazione all’immagine, all’ascolto e alla manualità
- – La “paghetta”: quando è a tutti gli effetti un utile strumento educativo
- – Il saluto e le forme di augurio
- – Le gerarchie: il proprietario/i, i padroni di casa, l’angelo del focolare domestico, il più alto in grado, il gestore, la governante o maggiordomo
- – La gratuità dei singoli gesti e la gratitudine
- – Passatempi e modi per sconfiggere la noia
- – Comportamenti in montagna, al mare, nella natura, nei centri urbani antropizzati e per le strade
- – Saper comprare a buon mercato. La arte di risparmiare senza rinunce
- – Vecchi modi e nuovi costumi
- – Proverbi e detti popolari
- – Insegnato ai giovani a fare scelte, ad affrontare e superare i problemi e a decidere eticamente
- – Come sedare le liti tra i piccoli: uno per tutti e tutti per uno. Il giusto sentore della “colpa”
- – La vera riforma della scuola: pratica e teoria, conversazione sul pensiero e i valori civili, le tradizioni religiose e contadine, nuovi e antichi mesteri, arti e letterature, gite e conoscenze locali, dialetti e lingue internazionali, dieta e sicurezza alimentare, economia e vita domestica, scienza e tecnica, storia e cultura generale, geografia e biologia, ecologia, matematica e fisica, musica
- Una casa per tutti
- – eque politiche per la casa
- – la proprietà ed i suoi limiti
- – la gestione pubblica dei beni comuni
- – il titolo di inquilino
- – il condominio e l’amministrazione
- – caverne e palafitte
- – la fattoria e la tenuta
- – la casa di città
- – la casa al mare
- – la casa in montagna
- – la casa di campagna
- – lo chalet al lago
- – roulotte, camper, campeggio
- – un pied a ter
- – la capanna e la masseria
- – il castello e la dimora storica
- – l’appartamento e la villa
- – dormire o vivere in un albergo o in una pensione
- – vivere in affitto
- – vivere accampati
- Modalità di gestione del tempo
- – le divinità del tempo all’origine di tutto. Un calendario fatto a posta per i cristiani. Con il giorno del Signore
- – abitare il tempo
- – le Stagioni e il paradigma del tempo
- – il tempo di vivere. La fuga e il ritorno
- – tempo veloce e tempo lento. Anzi lentissimo. Un tempo modulato dalla coscienza in base alla sua frequenza
- – tempi dell’eccellenza: il buon tempo, il tempo relativo ed il tempo assoluto
- – giornate “allungate” e tempo crudele contro le persone sole. L’attesa
- – il tempo sottomesso: dall'”un” tempo delle piramidi al lavoro salariale. Un tempo non per se stessi ma “comune”
- – eresie come cancro nel tempo di Dio
- – le città senza tempo: dalla invisibile Zenobia alla città eterna: vedi Roma
- – chi dà tempo al prossimo non ha tempo. Perché è giusto essere aiutati da chi ricava un guadagno dal proprio lavoro, prestazione, servigio. La paga, l’offerta, il sussidio, l’appannaggio
- – dedizione del proprio tempo. Vita da casalinghi: vada per donne e uomini
- – il tempo nella vita di poveri e offesi
- – il tempo non sempre è denaro. Anzi. Talvolta costa di più ricomprarlo
- – rubare il tempo per dargli tutto un altro senso. Strappare la serenità
- – il precariato volontario e civile
- – un sognatore tipo e la sua relazione ideale con il tempo
- – l’organizzazione militare del tempo. Il gioco dell'”incastro”
- – vivere alla giornata. Una filosofia antica
- – vita da Papa e “Unti del Signore”
- – vita da nabbabi, da marajà e da re
- – vita da benestanti e da ereditieri
- – vita da proprietari e di rendita
- – vita da creativi e direttori artistici
- – vita da architetti e designers
- – vita da pensionati
- – vita da filibustieri e cercatori di doti
- – i tempi della vecchiaia
- – tempi moderni
- – tempo sprecato e gioventù bruciata
- – il riposo settimanale e le ferie
- – tempi industriali. Timbrare cartellino
- – vita e diari lavoratori dipendenti
- – vita e diari di custodi e portieri di dimore
- – vita da minatori o cercatori d’oro
- – venditori da strada o ambulanti
- – ladri, rapinatori, sequestratori, pirati
- – vita e diari di briganti, mafiosi, massoni
- – vita da censori e da dittatori. Il “talebano” che vive in noi
- – vita e diari di prigionieio e di sequestrati
- – vita e diari di ‘pervenue’ e di cercatori di doti
- – vita di diseredati o abitanti ‘favelas’
- – vita e diari di produttori agricoli e artigiani
- – vita e diari di capitani di industria ed imprenditori
- – vita e diari di vacanzieri e di villeggianti
- – vita e diari di esploratori, studiosi e ricercatori
- – vita da scolari, studenti e apprendisti
- – i tempi della disoccupazione
- – la maternità e la convalescenza
- – i tempi dell’amore e delle crisi
- – l’anno sabbatico ed il tempo lungo
- – vita e diari di sportivi e di tifosii
- – vita e diari di giornalisti e di cronisti
- – vita e diari di diportisti e di barca
- – vita e diari di scrittori e romanzieri
- – vigili del fuoco e soccorritori
- – vigili urbani e assistenti al traffico
- – vita e diari di missionari e di religiosi
- – amministratori pubblici e politici
- – sindacalisti e difensori civici
- – i professionisti delle comunicazioni
- – il lavoro a distanza ed il telelavoro
- – i liberi professionisti
- – scenografi, cineasti, allestitori
- – vita e diari di circensi
- – mercanti in fiera. Girare il mondo alla scoperta di popoli e produzioni
- – inventori e collaudatotori
- – medici e operatori sanitari
- – tassisti e autotrasportatori
- – rappresentanti di commercio ed informatori scientifici
- – commercianti ed esercenti
- – autisti, piloti, assistenti di bordo e auto trasportatori
- – svuota cantine e operatori ecologici
- – agenti di polizia e della sicurezza
- – animatori e operatori della tv e dello spettacolo
- – carcerati ed emigranti
- – operai e dipendenti aziendali
- – dipendenti pubblici
- – precari e lavoratori stagionali
- – amministratori della legge e segretari
- – i turnatori (impiegati, dipendenti, ecc.)
- – operatori e accompagnatori turistici
- – procuratori
- – giardinieri, portinai, custodi
- – tutto fare e sbriga tutto
- – vita e diari di precettori ed educatori
- – vita e diari di bagnini, baby sitter e badanti
- – vita da cuoco, pasticciere, panettiere – vita da cerimoniere
- – ristoratori, baristi, gelatai
- – mercanti e pastori da alpeggio
- – viaggiatori, pellegrini, viandanti
- – vita da braccianti e da operai
- – vita diario di governanti e maggiordomi
- – vita da insegnante, docente, tutor, maestro, professore universitario
- – vita da stagista o borsista
- – vita da scienziati e ricercatori
- – vita contemplativa
- – perditempo e guasta feste
- – i malati terminali
- – nuovi profili professionali: magistrati del territorio, magistri viarum, urban e tourist manager, city cultural manager
- – vita da guerrieri. Per la pace, la ricostruzione e la difesa del diritto alla propria terra
- Società e idealismi. I “no senso” dell’ipocrisia e dell’ignoranza
- – il relativismo etico
- – eresie e crociate
- – effetti della rivoluzione agraria
- – la guerra ed il colonialismo
- – dalla rivoluzione luterana a Roma capitale
- – il mito poco chiaro della rivoluzione francese. Risvolti poco edificanti
- – le rivoluzioni industriali
- – lo sfruttamento dei risparmi
- – furti di Stato: quando il fine giustifica
- i mezzi e se stesso. Come rovinarsi
- – il ritardo del tempo pensionistico
- – falsi concetti di povertà, libertà, fraternità, uguaglianza e democrazia
- – la zona neutra solo zona di consumi
- – la moda come traino del mercato. Come negare il libero pensiero
- – la satira espressione libera contro ogni ipocrisia di regime totalizzante e controllore
- Durata dei rapporti e qualità
- Vita in comune
- – criterio generale e ottima norma: tanto buon senso e serenità
- – prestito d’onore e fiducia
- – criteri generali per famiglie numerose
- – come fare la spesa coinvolgendo tutti con allegria
- – darsi ognuno da fare. Secondo le proprie possibilità. Senza stress
- – come evitare le persone moleste. Il limite della sopportazione
- – gli spazi degli adulti
- – la mala tensione con i suoceri
- – la vita con i figli: di ogni età, ad ogni epoca, per tutto il tempo
- – dialogo e rispetto fra persone e sessi diversi. Condivisione e ripartizione dei ruoli
- – goliardia e compagnia spensierata
- – come ufficializzare un invito
- – l’uso pratico delle comodità
- – l’nvasione degli anticorpi. Come difendere il clima di serenità dettando regole precise ed essenziali
- – gli effetti personali da portare sempre con sé
- – il ruolo attivo degli assenti. Come gestire l’economia dei propri figli anche stando lontano
- – la sveglia. Comportamenti e impegni giornalieri
- – scacciapensieri, solitari, passatempi
- – donna alla guida e uomo ai fornelli: due camere di compensazione contro ogni crisi coniugale
- Socializzazione e rapporti diretti
- – la scale dei valori comuni e le priorità nelle scelte: Dio, patria, figli, famiglia, paesaggio, lavoro
- – imparare a parlarsi. Un lungo percorso dove c’è tutta la storia dell’uomo e dela sua prova di amore
- – la formazione di comunità minori interne alla comunità maggiore. Il conflitto di classi verticali e orizzontali
- – calumè, sigarette, sigari, marjuana
- – i bambini e la priorità del gioco
- – l’uomo un animale sociale? Prove tecniche di convivenza forzata: reality, missioni, viaggi spaziali, isolamenti forzati e sperimentali
- – a chiamata rispondi. Sempre. Nel bene o nel male. Come stabilire rapporti sociali chiari
- – raccomandazioni, segnalazioni “ad personam” e referenze. Migliorare le prestazioni del gruppo ed efficacia del lavoro
- – un incontro galante. Il fidanzamento
- – la camera degli ospiti ed i posti a tavola
- – la prima colazione e la cena
- – passaggi da una convivenza ad un’altra. Tra amici, coniugi e parenti
- – l’affidamento e l’adozione a distanza
- – dai falò alle serate danzanti
- – visite a domicilio. Visite a sorpresa
- – una intermediazione: attese e modi di essere riconoscenti. I compensi
- – il dono e l’omaggio. Comportamenti prima, durante o dopo l’invito
- – il desiderio imperante
- – il gioco. In genere
- – le “camere di compensazione” per smaltire la rabbia e l’incompatibilità
- – il pettegolezzo e l’arte oratoria
- – anfitrione, istrione e cortigiani
- – parlarsi con schiettezza rispettando la opinione altrui
- – argomenti tabù e cose da farsi e dirsi sempre
- – colmi, parodie, ironia e barzellette
- – gli incontri programmati. Stabilire da subito i temi di fondo e una agenda
- – aperitivo, digestivo, caffè, tè, tisana, rinfresco, gelato. Accompagnarsi con un correttivo
- – lo struscio. Passeggiando mettendosi in mostra. Un rito collettivo arcaico
- – narcisismo: provoloni e provocatrici
- – andar per negozi. L’onnifobia
- – pic nic, scampagnata, mangiare al sacco
- – pranzare al ristorante. Con amici, di ripiego e nelle solennità
- – pranzi da asporto e piatti freddi
- – gite e passeggiate
- – i momenti di festa
- – l’autoinvito e gli scambi di proprietà
- – quando ricambiare gli inviti ed in che forma. L’economia di base
- – come organizzare una festa per i bambini. L’animazione
- – le pubbliche relazioni e la rappresentanza. Quello che non deve mai mancare
- Sedare le liti ed i conflitti
- – l’altro aspetto del Figliol Prodigo. Il ritorno del fratello nullatenente
- – applicare una saggezza salomonica. Il concavo e convesso
- – gli operai della prima ora ed il loro contratto con il padrone
- – l’uso della legge uguale per tutti
- – l’uso della clemenza e dell’indulto
- – il Giubileo: l’indulgenza plenaria e l’anno santo
- – una eredità controversa ed ingiusta
- – la fine di un amore. La separazione
- – diritti umani violati
- – il diritto ad una difesa giusta
- Spazi domestici condivisi
- – condivisione del frigo e della dispensa. Organizzare la spesa
- – rinuncia e presa di possesso
- – rispetto e igiene del sonno
- – l’igiene personale e l’autodisciplina
- – le chiavi di casa e la cassa comune
- – mangiare insieme. Ruoli, turni, mansioni o programmi dissociati
- – rispetto degli spazi comuni e privati
- – scorte di materiali e vivande. Risparmi all’ingrosso e la formazione di gruppi di acquisto solidale
- – danni a cose e persone. La moralità
- – la pulizia comune ed il riordino dei propri spazi
- – gli animali domestici. Gestione e addomesticamento
- Organizzare la casa ed i servizi
- – l’angolo che non nasconde o il luogo che “non ruba”. Metodo per tenere le cose dove è semplice ricordare
- – impianti per economizzare la luce
- – accessori per la cucina
- – piatti, stiglie, accessori da portata
- – organizzare gli spazi esterni
- – ottimizzare le stanze da letto
- – ammobiliare il salone
- – le luci ed i suoi effetti
- – cosa fare quando si chiude casa per una assenza prolungata
- – poco spazio tanta cucina
- – le stanze per gli ospiti
- – la stanza per la collaboratrice
- – il terrazzo, il balcone ed il giardino
- – la cassetta degli attrezzi
- – la cassetta del pronto soccorso
- – lo zaino del boy scout
- Varie forme di convivenza
- L’intesa interiore
- – Nessuna intesa è possibile se non si possiede la pace interiore
- – La ristrutturazione delle opinioni. La ricerca di luoghi che ci fanno sentire diversi e scoprire altri atteggiamenti
- – Conosci te stesso. Scoprire le parti nascoste, che possono prendere voce, idee, opinioni, narrare pensieri inediti.
- Il caos delle regole e delle abitudini
- – Pensa e quindi esisti. O sopravvivi
- – Dire o ricevere un “addio”
- – Essere padroni della propria vita
- – Il senso di responsabilità
- – Imparare il mestiere di figli, padre, madre, nonni, zii, cugini, nipoti. Il rapporto con i coniugi dei figli e con i genitori del proprio coniuge
- L’intesa domestica
- – l’intesa fra coniugi e coppie d’amore
- – l’intesa fra amici e colleghi di lavoro
- – la convivenza familiare. I figli
- – l’economia domestica
- – la pulizia della casa
- – rapporti di parentela e regole civili
- – un posto sempre pronto per chiunque. L'”ospites”
- – l’ospite a dormire. Come muoversi
- – le pulizia di primavera e apertura casa
- – la stanza dei figli con fidanzati
- – segreti e trucchi di economia domestica. Il lavoro fatto in casa
- – biancheria, bucato e stendaggio
- – chiusura della casa e fine stagione
- – compleanni e festività religiose
- – essere ospiti nella casa dei propri genitori. Turnover con i fratelli
- – acquisto di oggettistica e mobilio di uso comune. Scelte, condivisioni, prestiti, provvisorietà
- – vecchi mobili ed esigenze moderne
- – la condivisione del televisore
- – il rispetto per il sonno altrui
- – l’uso di servizi di biancheria e di stoviglie resistenti e omogenee
- – chi rompe? Di chi sono i cocci
- – il rispetto delle regole di casa
- L’intesa amorosa e setimentale
- – dalla parte delle donne. Perché sono loro la “bomba nucleare” della felicità
- – storia di innamorati d’altri tempi
- – fidanzamento e convivenza
- – amore a prima vista
- – complicità e conflittualità
- – anniversari di matrimonio. Quello che il matrimonio non deve essere. Un momento autentico per riflettere
- – l’avventura amorosa e la prole
- – rapporto esplicito e corteggiamento
- – il rispetto della persona
- – i tempi dell’amore e del lavoro
- L’intesa tacita di buon vicinato
- – saluti e cordialità
- – famiglie allargate e spazi contigui
- – rispetto dei confini, concertazione dei lavori e di eventuali ripartizione spese
- – il muro di recinzione
- – cortili, ballatoi, scale, terrazze
- – riduzione di rumori, suoni, odori
- – la cura e la dovizia di evitare rumori molesti e fastidiosi
- – attenzione ai rumori da camminata e agli spostamenti di chi abita nei piani superiori
- – disponibilità, cortesia e ascolto
- – la visita di cortesia
- L’intesa sportiva e la complicità. Viaggi insieme
- – l’intesa personale ed il carisma
- – campioni si nasce: la lealtà sportiva
- – giochi di squadra, giochi di vita
- – le regole del gioco. Prima di tutto
- – il pagamento delle tasse. Una forma di rispetto
- – come saper perdere per imparare a vincere. Il rispetto degli avversari
- – giocare per partecipare e imparare. Lezioni di sport, lezioni di carattere
- – la durata del gioco e il miglior gioco
- – il terzo tempo sportivo. Tutti insieme
- – uno per tutti, tutti per uno
- – tifo da stadio. Vedere lo sport
- – sport estremi. E le persone care?
- – le spese in comune. Modalità e tipo
- – l’organizzazione del viaggio. L’auto
- – la crociera. Bella vita, ma in cattività
- – viaggio in camper, roulotte e tenda
- – la scalata, il guado, l’immersione, l’esplorazione, la sferrata, la caccia
- – la sidrome da rientro
- – la storia del viaggio. L’ospitalità gratuita e le commanderie del tempio
- – concetto di albergo diffuso
- L’intesa con e fra religiosi, monaci e militari
- – rapporto fra religiosi nei monasteri. L’ospitalità diffusa e l’orazione
- – il silenzio dei monaci: la prova dei fatti. Quando imitarli conviene a tutti
- – ordini religiosi e comunità cristiane: la Chiesa ed il consesso spirituale
- – seminari, oratori e parrocchie
- – il rapporto con i fedeli e con la gente
- – lo scoutismo e la vita da oratorio
- – cameratismo
- – caserme e campi da combattimento
- – esibizioni e parate
- – l’onore delle armi
- – il proprio tempo e lo spazio privato
- – la propaganda e l’idealismo
- – un sacerdote per amico. La “messa” in casa o in un luogo all’aperto
- L’intesa nel lavoro e il commercio
- – un colloquio di lavoro. Cosa scrivere sul curriculum per apparire quel che si è realmente. La condotta morale
- – il rapporto fra colleghi
- – l’avvanzamento di carriera e i titoli
- – il rapporto tra vertici e subordinati
- – il rapporto con i clienti. Rapporto tra servizio espresso e attese del servito. Soddisfazione come indice di qualità
- Il rapporto con gli operai
- – il rapporto qualità prezzo
- – la concorrenza
- – servizi domiciliari e soddisfazione del cliente
- L’intesa politica, municipale e locale. La dimensione dell’etica urbana
- – la politica è essere al servizio di tutti. Evitare i conflitti di interesse e interessi di lobby e corporazione
- – far girare i soldi. I più ricchi pensino ai meno avvantaggiati. Bene comune e opere di pubblica utilità
- – la dimensione politica della città. Tra etica e città. Le opere primarie
- – dal “consiglio dei saggi” alla giunta. Il potere di rappresentanza e la spesa elettorale: un mostro bi-fronte
- – la forma urbana e la sua storia
- – la piazza e i luoghi di cultura e culto
- – laboratori, oratori, parchi, aeropaghi
- – pulpiti, parlamentini, corner speaker
- – i comuni “amici” degli anziani
- – l’offerta culturale ed interculturale
- – la divisione per parrocchie
- – rioni, quartieri, sestrieri, borgate
- – la “ragion di stato”
- – vocatio loci e film location
- – rapporto tra pubblica amministrazione e cittadino/i
- – il sindaco e la cittadinanza
- – il sindaco e il rapporto pubblico della rappresentanza. Il bene comune ed il buon governo
- – decoro, verde, alberazione e arredo urbano di qualità
- – la cortesia e la soddisfazione
- – la pulizia urbana e l’igiene
- – città sostenibile delle bambine e dei bambini
- – il mercatino rionale e/o settimanale
- – le feste patronali locali
- – le sagre, i pali ed i giochi di strada
- – la domenica e la vita parrocchiale
- – la dimensione urbana perchè le regole di convivenza valgano davvero
- – via le barriere architettoniche
- – mitigare l’impatto ambientale
- – il sistema sanzionatorio per i reati contro la cosa pubblica: abusivismo edilizio, danno ambientale, danni contro la morale ed il decoro, reati amministrativi, oltraggio a pubblico ufficiale
- – la memoria dei luoghi e dell’abitare: musei etnoantropologici, archivi, aree archeologiche, pinacoteche, parchi, monumenti e centri storici
- – la chiusura al traffico. Porte e mura
- L’intesa culturale e gastronomica
- – visite itineranti guidate. I luoghi da conoscere per capire se stessi
- – spiegare e raccontare. Il resoconto, il coinvolgimento e la chiarezza: una capacità di pochi
- – escursioni e gite fuori porta
- – fare sfogio davanti agli altri delle proprie conoscenze. Una inutile e stravagante prova di forza intellettiva
- – soddisfare le curiosità proprie senza mancare di rispondere a quelle altrui
- – la dotazione di libri ed enciclopedie
- – cultura e buon gusto. Questione di stile e di esperienza: del passato
- – degustazioni e prodotti tipici locali
- Il rapporto con gli altri popoli. Conoscere le religioni
- – la convergenza dei Re Magi su Gesù nato sulle rovine della Casa di Davide e sotto la sua stella.
- Quando le stirpi abramitiche erano in attesa del Messia, l’uomo-Dii, il giusto
- – come il cinismo e il disprezzo di Dio spaventa le altre culture
- – stranieri e cittadini. La lunga marcia dell’integrazione
- – Stati canaglia e figli di puttana. Atti terroristici e fanatismo religioso
- – l’integrazione e rispetto fra popoli
- – il bello come progetto unitario condiviso tra tutti i popoli del mondo
- – l’intesa pacifica con lo straniero. La condivisioni di conoscenze e tradizioni
- – l’identità culturale e religiosa
- – l’alienazione di ogni discriminazione
- – l’arte della diplomazia. La reciprocità
- – il superamento dei divari di povertà
- – l’eliminazione totale dell’uso delle armi
- – lo scambio di ospitalità ed i gemellaggi tra scuole, enti, lavoratori
- – piani di cooperazione/integrazione
- La conduzione agricola, la multiproprietà e l’azienda familiare
- – agriturismo e bed & breakfast distribuzione equa di ruoli, mansioni, raccolti e profitti
- – la multiproprietà tra parenti, amici ed estranei. Circuiti e club per il viaggio libero
- – la cucina della nonna e le conserve
- – il patrimonio comune e la condivisione delle rendite
- – le proviggioni, gli affitti e le proprietà comuni messe a rendita
- – la gestione in accomandita
- – manutenzione ordinaria. Incombenze e benefit
- – opere straordinarie e ripartizione spese
- – il momento della raccolta, delle lavorazioni, delle confezioni e della festa agricola
- – i tempi dell’allevamento, della caccia, della raccolta, dell’aratura, della coltivazione e della mietitura
- – masserie e fattorie
- – gestire i beni di tutti ed i benefici. Il servo del re ed il servo dei servi
- La casa delle vacanze e il viaggio
- – armonizzare, sia nelle case in uso che da affittare, gli spazi per un soggiorno sereno. Flessibilità, cura, abbondanza, pazienza
- – rovistare cassetti e armadi per prendere confidenza con la casa
- – alla partenza risistemare tutto allo stesso modo
- – la prevalenza del bello. Estetica come etica
- – le piante ed i fiori di città tutte insieme per colorare l’ambiente comune
- – giochi di società e da vacanza
- – kit da viaggio. Dotazioni utili e d’emergenza
- – posizionarre oggetti come a casa
- – oggetti privati in spazi comuni. La liberalità dei gesti e la filosofia comune
- – gli spazi per il gioco ed il tempo libero
- – la multipropietà e consigli per l’affitto temporale, stagionale o annuale
- – l’aiuto in comune. Spesa condivisa per una presenza irrinunciabile
- Distribuzione dei compiti, deleghe e spese
- – la casa come azienda. Gestione, conduzione, godimento, fruizione
- – la cura della casa e del giardino
- – accompagni e assistenza dei disagiati
- – sicurezza ed efficienza. Come responsabilizzare ognuno, anche i più piccoli
- – accordare il riposo e la vacanza
- – il coinvolgimento dei giovani nelle mansioni domestiche
- – la paghetta e l’impegno quotidiano
- – la vite della “comune”
- – piccoli segreti. Il ripristino della dispensa e l’ordine. Tutto al suo posto
- – ripartirsi le spese
- Affrontare le emergenze
- – mancanza di luce e corrente elettrica
- – allagamenti
- – mancanza o carenza d’acqua
- – problemi di scarico acque bianche e nere
- – cattivi odori
- – incendi domestici e boscaglia
- – guasti agli impianti
- – infortuni domestici
- – problema parcheggi
- – barriere architettoniche
- – viste inaspettate e numerose
- – pronto soccorso sanitario
- – guasto veicoli e autovetture
- – rischio crolli o infiltrazioni
- – raccolta e smaltimento rifiuti
- – posta e comunicazione
- – disagio alimentare
- – salvataggi
- Le feste e gli anniversari
- – l’organizzazione della festa. Come rendersi tutti utili
- – approvviggionamento dei viveri
- – pernottamenti improvvisati
- – rimpatriate
- – scorte di materiali per ricevimenti e addobbi
- – feste di carnevale
- – feste di compleanno
- – anniversari e ricorrenze
- – incontri di rappresentanza
- – come presentarsi ad una festa
- La tecnologia e l’arredo
- – l’uso dell’energia alternativa
- – l’uso privato e riservato dei messi di comunicazione personali: caselle di e-mail, sms e computers. La trappola
- – scomparti in luoghi comuni per l’organizzazione degli spazi e l’ordine
- – presenza di elettrodomestici
- – mini frigobar e angolo caffè in ogni comparto della casa/villa per l’autonomia di gruppo
- – sistemi multimediali
- – arredo per il giardino
- – sistemi di irrigazione razionali
- – allarmi onde radio zonali
- – sedute proporzionate ai posti letto
- – collegamento ad internet
- – spazio relax e benessere fisico
- Conclusioni
- Gli errori di un cristianesimo bigotto, blando ed intransigente e di un laicismo individualista, capitalista, comunista e consumista
- Opere previste
- – Rievangelizzare la cultura
- – Cappelline Adorazione Eucaristica Perpetua
- – Formazione “Amici di Gesù”
- – Saio Apostoli della Bellezza, Parusia
- – Ecovortale Parusia di Intelligence Cattolica
- – I Borghi di Xenobia in collaborazione con Comunità San Patrignano, Coordinamento Nazionale Piccoli Comuni Europei
- – Missioni all’estero anche impiegati nelle Forze Armate
- – Apertura Commanderie, Condotte, Aeropaghi, Diaconie, Scholae
- – Progetto Meraviglia o nuova pedagogia per un Catechismo Itinerante
- – Percorsi Rom’Antica
- – Diario Latino e Roma 2000 Anni Trasformazioni
- – Arca della Bellezza: al servizio del Re del Portogallo e del Movimento di Vita cristiana. Protocollo d’intesa e accrediti
- – Rete di Intelligence per lo sviluppo della Bellezza, del Bene Comune e del Buon Governo
- – Marchio d'”Eccellenza”. Gruppo della Admirabilem Scholam
- – Documentari /interviste: Lezioni di Convivenza (proporre all’Istituto Luce)
- – Spazi pubblicitari a tema per ogni capitolo del Manuale di Convivenza
- – Inserire a cappello di ogni capitolo: detti popolari, pillole di saggezza, aforismi, parole famose
- – Serie di aneddoti raccontati in un “panphlet” da un viaggiatore
- – Il Fascino Ribelle: la bella educazione e ultimo appello
- – Nell’ambito del “reality” del Fascino Ribelle, un “convegnista” amico tiene lezioni speciali a scuola e nei salotti sulla sopravvivenza delle coppie e dei gruppi sociali
- – Consulenze matrimoniali
- – Consulenze per sviluppi di sistemi turistici locali
- – Consulenze formative e reportage
- – Calendario “Disegni e Sorrisi” e partenariato con il CIMIC
- – Progetto Qualità – Strumenti di Interazione
- – Cartoline e foto ricordo
- – Forum Tematici in Rete
- – Buoni pasti e benzina
- – Club e gestione scambi settimanali di proprietà
- – Co-Gestione di multiproprietà
- – Intrattenimento per giovani, campi scuola e oratori
- – Sviluppo sito internet dedicato
- – Spettacoli teatrali con rievocazioni di scene tratta dal manuale, dalle opere latine e orientali o dal Fascino Ribelle
- – Gite e formazione dei “magister”
- – Lezioni universitarie in giro per il mondo
- – Percorsi formativi integrati e viaggi studio. Dalla raccolta dei frutti alla costruzione di opere, dalla progettazione alla fattibilità economico-commerciale
- – Modelli architettonici e domestici
- – Viaggi organizzati e gite culturali
- – Corsi, concorsi, gare e borse studio intorno al Borgo di Xenobia
- – Carta dei Servizi e delle Convenzioni
- – Repertorio di prodotti e modelli
- – Il nuovo “sciamanesimo”
- – Manuale di Teologia Narrativa
- – Fascicolo dell’Eccellenza o qualità ambientale dei sistemi turistici locali
- – Lezioni di cucina, in gruppo
- – Scoutismo
- – Missioni apostoliche, in teatri operativi, in piccole località per la ricostruzione e la rivitalizzazione e l’annuncio
- – Recupero aree pertinenza esercito
- – Comanderia Xenobia: b&b con corsi, buona cucina, performance e concerti
- – Paradigma CSBB: le città sostenibili delle bambine e dei bambini
- – Arca, Parusia, Xenobia TV
- – BMW C1 ed i simboli dell’Arca
- – Percorso iconografico dei momenti rilevanti del Manuale
- – Verrò a Ritrovarvi Ancora
- – Gemellaggio con San Patrignano
- – Marchio Compra Italiano
- – Reliquiario di Ourem
- – ASSET – Alta Scuola Specializzazione
- Punto centrale e copertina portata in chiaro nella Home Page è il Manuale di Convivenza. Tutto il resto, dal KLV al Magazine Parusia, per non parlare della Arca della Bellezza, del Sistema EcoTUr e delle Comanderie ci gira intorno attraverso links ed interazioni. Quindi gli stessi dati che circolano nel “vortale” sono opportunamente legati dall’autore al Manuale di Convivenza, in tal senso dinamico ed in continua evoluzione.
- La copertina è rappresentata dalle Nozze di Cana e dai trulli
6 medici testimoniano la degenerazione della razza umana causata dall’alimentazione moderna
giovedì 1 agosto 2013
La degenerazione della salute umana alla luce del progressivo deterioramento dei denti in epoca moderna
Ulteriori prove a sostegno di questa tesi vengono dall’osservazione dello stato di salute dei denti: se nella nostra società occidentale moderna una percentuale altissima di individui soffre di carie dentale o altra forma di decadimento dei denti (il dottor Price circa 70 anni fa forniva già l’allarmante stima dell’80 per cento) gli uomini primitivi praticamente non conoscevano la carie e risultano gli esseri viventi meno soggetti a tale malattia nelle recenti ere geologiche.
Il paleontologo T.F. Dryer nel suo articolo “Dental caries in prehistoric South Africans” (Carie dentali nel Sud africa preistorico) pubblicato su Nature (136:302, 1935) scrive:
Il dottor Earnest A. Hooton, dell’Università di Harvard nel capitolo 7 del suo libro “Apes, Men and Morons” (ovvero “Scimmie, uomini e idioti” – New York, Putnam, 1937) afferma:
Simile testimonianza viene dal dentista Weston A. Price, autore del libro “Nutrition and Physical Degeneration – A Comparison of Primitive and ModernDiets and Their Effects”, che nel corso di una serie di viaggi in ogni parte del mondo (Isole Ebridi, Svizzera, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Africa, Perù) ha notato delle differenze ricorrenti tra individui che seguono un’alimentazione tradizionale e individui che sono stati corrotti dai beni di lusso della modernità (pane bianco, prodotti a base di farina bianca e zucchero, cibi in scatola): il consumo di alimenti naturali e cereali integrali predispone alla salute fisica, mentale e dentale, mentre il passaggio al cibo moderno predispone alla malattia, fisica, mentale e dentale, nonché alle deformazioni delle arcate dentarie, allo sviluppo di problemi ortodontici (denti affollati, denti sporgenti, etc.), allo sviluppo di volti innaturalmente assottigliati, narici troppo strette che impediscono una regolare respirazione (e costringono a volte a respirare per mezzo della bocca, con tutte le conseguenze negative che ne derivano).
Notevoli sono le sue osservazioni sugli abitanti della famosa località di St. Moritz, famosa località turistica, dove agli inizi del ‘900 era diffuso uno stile di vita e di alimentazione moderno (ovvero incline al consumo di cibi a base di farina bianca, zucchero, marmellate e cibi in scatola). Quando andò a visitare gli alunni della scuola pubblica ecco cosa riscontò:
Il lavoro è fonte di valori morali e spirituali, ma solo se a misura d’uomo
Fonte: Arianna Editrice
Il fatto che la riflessione sul senso, sul fine e sulla dignità del lavoro umano sia così scarsa e lacunosa nel pensiero dei filosofi moderni è la miglior testimonianza dell’obnubilamento che si è impossessato della nostra civiltà e di quanto gli effimeri e pericolosi successi della tecnica e l’aumento dei beni materiali (ma a vantaggio, ricordiamolo, solo di una piccola parte dell’umanità) le abbiano fatto perdere di vista i valori che contano e senza i quali non può esservi autentico progresso, ma solo crescita quantitativa, disordinata e potenzialmente distruttiva.
Eppure, esistevano tutti gli elementi per rendersi conto di quanto ci si stesse allontanando dalla giusta prospettiva; c’era di che riflettere su come si stesse smarrendo il senso della dimensione umana, laddove ci si limitava ad inseguire i miti ingannevoli di un progresso materiale fine a se stesso, che rendeva – è vero – la vita più comoda sul piano materiale – anche se, lo ripetiamo, per una parte soltanto del genere umano, e a detrimento di tutte le altre specie viventi -, ma che allontanava sempre di più l’uomo dal significato spirituale della sua esistenza, lo alienava dal lavoro delle sue mani, lo imprigionava entro un rigido meccanismo produttivo – e, da ultimo, speculativo – nel quale era destino che finisse stritolato e fagocitato, ridotto a servitore cieco e obbediente di leggi impersonali che lo avrebbero degradato a semplice strumento.
Questo pericolo avrebbe dovuto apparire chiaro allorché, sulla scia dello sviluppo industriale del XX secolo, anche il mondo dell’agricoltura è stato investito dalla ventata della modernizzazione e il rapporto rispettoso, amorevole, quasi sacrale dell’uomo con la terra è stato sostituito da un rapporto di predazione, di saccheggio, di sfruttamento cieco e indiscriminato.Giovanni Brotto, un parroco che è stato anche, per oltre mezzo secolo (dal 1955 alla morte, avvenuta nel 2010), consigliere ecclesiastico nella Coldiretti di Treviso, organismo che fin dal suo statuto si ispira alla dottrina sociale della Chiesa, ha parlato del valore morale e spirituale del lavoro agricolo in termini che si potrebbero estendere al lavoro in quanto tale, purché si tratti di un lavoro a misura d’uomo e non di sfruttamento o alienazione; e che potrebbero essere accettati e condivisi, in gran parte, anche da chi non muove da una prospettiva specificamente cristiana, ma crede nella dimensione spirituale della vita (da: G. Brotto, «Pensieri sociali sulla vita e professione agricola», a cura della Federazione Provinciale Coldiretti di Treviso, 1969, p. 21-24): «L’attività agricola esige: pazienza nelle difficoltà; costanza nella fatica; solerzia nel trovare vie nuove; coraggio nell’affrontarle. Favorisce la semplicità di vita: gesto, parola, tratto, spontaneità, limpidezza; sviluppa i talenti della persona e la arricchisce moralmente. Ha un contenuto di carità, di servizio sociale a favore della giustizia e della pace nel mondo. La natura è occasione di ricreazione, di divertimento, di sviluppo, di contemplazione. Pio XII: “La terra ha prodotto nei secoli una categoria di persone sane di mente e di corpo”.Le campagne, i “pagus”, si convertirono per ultime; ma sono sempre le ultime a scristianizzarsi. La tradizione religiosa fu sempre viva nel mondo rurale. Giovanni XXIII disse: L’attività agricola conserva l’integrità della vita religiosa, costantemente e schiettamente vissuta.La Bibbia si muove, quasi interamente, sullo sfondo di una economia e artigiana. Sessanta “passi” del V. T. e 25 del N. T. illustrano aspetti tecnici, sociali, liturgici, religioso-morali dell’attività agricola. Il lavoro della è esecuzione di un comando di Dio. Realizza il piano divino di estendere la redenzione anche alle cose che, con il lavoro, vengono messe a disposizione e fatte servire alla utilità dell’uomo. È una collaborazione alla crescita del mondo. La terra è richiamo alla bontà delle cose. Esse sono un raggio della Bontà, Potenza, Sapienza divine. La fatica del lavoro agricolo assolve a un compito purificatore. Ha valore di merito. Si nobilita e libera mediante il progresso messo a servizio dell’uomo. È un atto nobile, degno di rispetto, perché è attività di una persona divinizzata, di un figlio di Dio. La terra p richiamo mistico alla contemplazione, alla preghiera. Ha un valore sacramentale. Le cose vengono da Dio, sono per noi; recano l’impronta di Cristo che nella umanità le ha consacrate. Sono segni visibili di realtà invisibili, spirituali. Hanno un messaggio per noi: l’aratro è immagine della croce; i solchi sono i cuori scavati dal dolore, il granaio è il regno di Dio, l’acqua simboleggia la grazia, il fuoco l’amore, la luce la verità, le tenebre il peccato, il sale la bontà, l’olivo la pace. Sotto le mani di Cristo tutto si trasforma: l’acqua in vino a Cana, il vino in sangue nel Cenacolo, il pane nel Corpo di Cristo. La terra solidarizza con l’uomo nel premio o nel castigo, nella gioia o nel dolore. Con lui si esalta nella lode o trema per siccità e disgrazia. È, il teatro della nostra vita e santificazione. L’uomo lavora, ma è sempre “Dio il protagonista che dà l’incremento”. Pio XII: “Alla luce della fede, penetrando il senso religioso della creazione, si dà alla pietra una basse solida e si restituisce alla vita rurale l’equilibrio cristiano che fece a lungo la sua forza e stabilità”. Ecco perché nel mondo rurale la dimensione religiosa è sempre molto viva. In sintesi, l’attività del coltivatore è una professione completa perché sviluppa i valori materiali, tecnici, umani (intellettuali, sociali, morali, spirituali). È quindi in grado di rispondere alle esigenze della persona umana e di svilupparla. […] Non basta più un giudizio di quantità sulle cose possedute o prodotte. L’agricoltura è attività sulle cose vive e no, per trasformarle, moltiplicarle, distribuirle. Perfeziona l’uomo che quelle cose usa per vivere e crescere, perfeziona il lavoratore che su quelle cose, complesse e delicate, esercita la sua intelligenza; perfeziona il cittadino che, se riceve dagli altri, deve anche dare agli altri; perfeziona il cristiano chiamato a fare la volontà divina dominando le cose, consacrandole, purificandole, ridestinandole al bene di tutti, a contemplazione, a scala per salire alle realtà invisibili…» Ci sembrano concetti, ripetiamo, largamente condivisibili anche da chi non muova da una specifica prospettiva di fede, ma abbia sufficiente obiettività per riconoscere il valore formativo, spirituale e morale del lavoro, di quello agricolo in modo particolare; solo l’accento posto sul “dominio” da esercitare sopra le cose ci sembra una nota stonata (anche da un punto di vista cristiano), perché non di dominio si dovrebbe parlare, ma di uso legittimo e rispettoso di quanto la terra, madre amorevole, mette a disposizione dei suoi figli.Quando quelle parole venivano scritte, la sensibilità ecologica, purtroppo, non si era ancora adeguatamente sviluppata ed era diffusa l’idea, non solo nella cultura religiosa, ma anche – e soprattutto – in quella laica, che l’uomo abbia il pieno diritto di disporre da padrone delle cose, manipolandole a suo piacere; furono in pochissimi ad intuire che, da una tale filosofia, non poteva derivare che un progressivo snaturamento del giusto rapporto fra l’uomo e la terra, fra l’uomo e gli altri esseri viventi e, in ultima analisi, anche dell’uomo nei confronti dei suoi simili e di se stesso, in quanto anch’egli partecipe – almeno in parte – della realtà naturale.In particolare, furono in pochi a rendersi conto che lo sviluppo industriale, concepito come una forma “naturale” di dominio sulle cose, avrebbe portato non solo ai disordini, alle contraddizioni e alle laceranti devastazioni, materiali e morali, di un “progresso” basato unicamente sull’aumento della produzione di fabbrica, ma anche allo stravolgimento della stessa agricoltura e della filosofia di vita del contadino. Furono in pochissimi a rendersi conto che, in un mondo ridotto a luogo di esclusiva concorrenza economica e di competizione sociale esasperata, e quindi anche a campo di battaglia dell’uomo contro la natura, il lavoro non sarebbe più stato fonte di valori morali e spirituali, ma avrebbe condotto a un progressivo inaridimento, a una progressiva alienazione, a una progressiva disumanizzazione del lavoratore.Eppure, i segni premonitori c’erano tutti. Non era poi così difficile intuire che, una volta posta la massimizzazione del profitto al centro dell’orizzonte del lavoratore, il contadino non si sarebbe fatto scrupolo di trasformarsi in un nemico dichiarato della natura; che avrebbe fatto ricorso a quantità sempre più massicce di prodotti chimici, avvelenando la terra e i suoi prodotti, fino al punto da dover indossare un autentico scafandro per poter vendemmiare senza intossicare gravemente il proprio organismo; che avrebbe eliminato le siepi, dismesso le colture diversificate, abbandonato i vigneti più malagevoli di collina, per concentrare tutte le sue cure nella monocoltura intensiva, desacralizzando il rapporto con la terra e riducendolo ad uno sfruttamento sistematico e brutale; che avrebbe trasformato gli animali da fedeli collaboratori della sua fatica in schiavi da ingrassare, da mungere e da far rendere sempre di più, imprigionandoli in stalle “razionali” simili a luoghi di tortura, affidandoli alle macchine e riducendoli essi stessi a delle macchine muggenti, belanti e chioccianti. E quel che stava per accadere nell’agricoltura, non era che lo specchio di quanto già si era verificato e continuava a verificarsi nel mondo dell’industria, dell’artigianato, dei servizi, delle libere professioni. Il lavoro si andava trasformando in un meccanismo puramente materiale, atto a produrre dei profitti e a immettere sul mercato non cose utili e necessarie, non cose belle e sane, fatte con amore e con virtù, ma cose sempre più inutili e perfino dannose, sempre più ingombranti e disumane, le quali, un poco alla volta, avrebbero trasformato il lavoratore in un automa senz’anima e degradato il lavoro stesso a una fatica ingrata e molesta, a una faccenda sgradevole e persino detestabile, a una prigione da maledire o a un non-senso da sopportare senza ombra di gioia, di speranza, di bellezza, di spiritualità.Fu errore colpevole il non averlo visto; ma fu errore di tutti, a cominciare dagli uomini di cultura che, pure, avevano gli strumenti per lanciare un grido d’allarme; per proseguire con i sindacalisti, che si preoccuparono unicamente della giustizia sociale e disconobbero il valore spirituale e la dignità fondamentale del lavoro in se stesso; per arrivare agli economisti, agli amministratori pubblici e agli uomini politici, a null’altro interessati che ai falsi miti del “progresso”, della “crescita”, dello “sviluppo”, incapaci di avvedersi che, così facendo, contribuivano alla corsa verso il precipizio.E che non vi sia stato alcun serio ripensamento nemmeno in seguito, quando i danni e le storture del modello adottato sono apparsi evidenti e ci hanno portati in prossimità di una crisi ecologica planetaria e, forse, irreversibile, lo dimostra il fatto che gli intellettuali (non osiamo parlare di veri “uomini di cultura”, categoria forse estinta), i sindacalisti, gli economisti, gli amministratori e i politici di oggi non hanno saputo fare altro che proporre correzioni pressoché impercettibili alla direzione catastrofica d’un tale sistema, parlando timidamente, e contraddittoriamente, di “sviluppo sostenibile” e altre sciocchezze del genere: come se si potesse conciliare il concetto di uno sviluppo materiale illimitato (e sottolineiamo i due aggettivi, sempre sottesi, di “materiale” e “illimitato”) con l’idea della sostenibilità, ossia di un modello economico, sociale e culturale che non sia in guerra perpetua contro la natura, ma in armonia con essa, in atteggiamento di rispetto verso di essa, capace di gratitudine e amore nei suoi confronti.Sì, la natura tutta aspira alla redenzione, come afferma San Paolo in un celebre passo delle sue epistole; ma tale redenzione non si attua per mezzo di uno sfruttamento illimitato da parte dell’uomo, bensì mediante una pacifica, saggia e filiale collaborazione tra l’uomo e la terra, tra l’uomo e l’aria, tra l’uomo e l’acqua, tra l’uomo e le altre creature viventi. Non si tratta di convertirsi ad un naturalismo, perché non si vuol fare della natura una realtà assoluta, auto-sussistente ed autonoma; ma di una forma di spiritualismo che sappia vedere come l’uomo, che è parte della natura, anche se parte evoluta e cosciente di essa, non possa né debba esercitare uno sfruttamento selvaggio ed ingrato nei suoi confronti, ma debba porsi verso di essa in un atteggiamento di meraviglia, di gratitudine, di ammirazione, riconoscendo che essa gli è madre, anche se non è l’Essere dal quale ogni ente deriva e nel quale ogni ente trova il proprio scopo e la propria ansia di redenzione.Perché l’uomo, a sua volta, non è una creatura auto-sussistente ed orgogliosamente autonoma: è creatura e non signore, né delle cose, né di se stesso; il suo atteggiamento verso il mondo non deve ridursi alla mera e presuntuosa “curiositas” (singolare il fatto che «Curiosity» sia il nome della sonda spaziale inviata recentemente sul pianeta Marte), ma deve ispirarsi alla “virtus”, fatta di senso del limite, di senso del mistero, di compassione e di amore verso tutte le cose, quelle che possono essergli utili e anche quelle che, in apparenza, non gli servono o gli sono addirittura ostili. Perché tutto ciò che esiste ha un significato; e, se è vero che l’uomo ha il diritto di difendersi dalle minacce che gli vengono dalla natura (virus, batteri, tumori), non per questo deve assumere le vesti del vendicatore o dello sterminatore: la sua azione deve essere proporzionata, lungimirante, consapevole. Non è ammissibile che egli, per combattere le zanzare, sconvolga l’intero ecosistema di vaste regioni terrestri; né che egli, per sperimentare nuovi farmaci, vivisezioni e torturi migliaia e milioni di altre creature viventi – quando, poi, le malattie che intende debellare sono proprio il risultato del suo modo arrogante e radicalmente sbagliato di porsi nei confronti della natura.Ma quel che sta accadendo oggi, era già inscritto nei presupposti filosofici della modernità, fin dal suo sorgere: fin da quando la terra è stata vista solo come fonte di guadagno e come occasione di sfruttamento implacabile delle sue risorse, e fin da quando il lavoratore della terra è stato deriso dal cittadino, dal mercante, dal “borghese”: ridotto a zimbello di scrittori e intellettuali, a figura comica del teatro e della letteratura; inoltre, fin da quando l’uomo ha voltato le spalle alla sua condizione creaturale e ha preteso di ergersi a signore assoluto di un mondo desacralizzato, divenuto soltanto un deposito da saccheggiare e una discarica ove gettare i prodotti di rifiuto del suo “progresso”.Non sappiamo se vi siano ancora i margini per rimediare a tale sbaglio colossale, per invertire la direzione di marcia, per ricostruire una giusta prospettiva spirituale, che restituisca valore, bellezza e dignità alla natura ed al lavoro umano. Sappiamo però che è uno sforzo che va fatto: ne va non soltanto della nostra sopravvivenza, ma anche della nostra anima.
Tante altre notizie su http://www.ariannaeditrice.it
Per l’indipendenza della grande patria mediterranea
Giampiero Marano
http://www.riconquistarelasovranita.it/?p=968
L’Italia può fare a meno dell’Unione Europea. Ma non può rinunciare al Mediterraneo.
Al mare che la circonda per quasi ottomila chilometri l’Italia è legata in una comunità di destino e deve forse il suo stesso nome: Atalu, “terra del tramonto” nella lingua semitica parlata da ignoti navigatori medio-orientali del III millennio a. C.
La decadenza dell’Italia, cominciata con l’età moderna e con il declino del Mediterraneo, terminerà con la fine della modernità e con la rinascita del Mediterraneo. L’Italia ridotta a provincia periferica dell’impero atlantico risorgerà dal e nel Mediterraneo. A sua volta, il Mediterraneo ha un debito di non poco conto nei confronti dell’Italia, e di Roma in particolare, centro di irradiazione ecumenica delle grandi civiltà nate sulle sue rive.
Ma questo fa parte del passato indimenticabile.
Oggi gli uomini del Mediterraneo ingrossano le file dei dannati della terra, oppressi da un mostro a tre teste: neoliberista in Europa meridionale, modernista in Nord Africa (di qui la reazione wahabita e salafita), sionista nel Levante. Nessuna di queste distorsioni mentali è autoctona. Ma tutte e tre, in compenso, attentano con violenza inaudita alla cultura di popolazioni che si conoscono, si incontrano e – fecondamente – si scontrano da millenni. Genti che nelle varianti di un unico idioma fondamentale esprimono l’identica gioia di vivere fuori dai dettami del profitto e dell’utile.
Nei porti e nelle piazze del Mediterraneo i princìpi del più sano relativismo culturale e della tolleranza sono stati inventati e messi in pratica secoli prima che li formulassero gli illuministi. Le civiltà mediterranee hanno plasmato uno spazio comune dal volto inconfondibile, che non ha pari in nessun’altra macroregione del globo per concentrazione di opere d’arte. Questo spazio ha radici molto solide e più profonde delle ovvie differenze sociali, economiche, religiose. Il piacere della convivialità, dell’otium contemplativo e della bellezza, la ricerca dell’equilibrio fra gli estremi, che confligge frontalmente con l’inclinazione ‘oceanica’ per l’informe e per la violazione di ogni limite, sono doni elargiti nella stessa misura a Napoli come a Tunisi o a Giaffa.
L’intera storia del Mediterraneo è compendiata nei poemi di Omero.
Sotto le mura di Troia lottano due popoli fratelli, con la stessa lingua e con gli stessi dèi: l’Iliade è il racconto di una guerra civile, come tutte le guerre combattute sulle sponde di questo mare. All’etnologia del Mediterraneo nel suo insieme va esteso ciò che Omero dice a proposito di Creta: “vi vivono / molti popoli, un numero enorme: novanta città! / Le lingue sono mescolate le une alle altre: gli Achei, / gli Eteocretesi generosi, i Cìdoni, / le tre stirpi dei Dori e i Pelasgi gloriosi”.
Queste parole non descrivono soltanto la normalità di un’epoca remota. Esse suonano anche di buon auspicio per il futuro, perché nel cerchio del tempo il principio e la fine coincidono. L’indipendenza dell’Italia significherà simultaneamente indipendenza del Mediterraneo. E viceversa: il mare libererà l’Italia, restituendole prestigio, memoria, coraggio.
Quanto è diversa e lontana da Bruxelles, infine, la città santa, la ‘capitale’ e il simbolo della nazione mediterranea: Gerusalemme!
Per ogni considerazione si invita a riflettere su queste “condizioni” che controllano le culture nè più ne meno che le religioni
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Armi, acciaio e malattie
Breve storia degli ultimi tredicimila anni
Armi, acciaio e malattie. Breve storia degli ultimi tredicimila anni (titolo originale Guns, Germs and Steel: The Fates of Human Societies) è un saggio di Jared Diamond. Edito nel 1997, è stato tradotto in italiano da Luigi Civalleri per conto di Einaudi.
Il libro è incentrato sulla ricerca di una risposta alla domanda che Yali, un abitante della Nuova Guinea, fece all’autore nel luglio del 1972: “Come mai voi bianchi avete tutto questo cargo e lo portate qui in Nuova Guinea, mentre noi neri ne abbiamo così poco?”, dove per Cargo si intendono tutti quei beni tecnologici di cui i guineani erano privi prima dell’arrivo dei coloni. In pratica l’autore cerca di rispondere alle seguenti domande: perché sono stati gli europei e gli americani del nord a sviluppare una civiltà tecnologicamente avanzata e non, ad esempio, i cinesi o i sumeri? Perché gli europei sono partiti alla conquista degli altri popoli (ottenendo evidenti successi, spesso con tragiche conseguenze per i “conquistati”), e non è avvenuto il contrario? Come mai i fieri guerrieri nativi americani sono stati spodestati dall’invasione di un popolo di agricoltori?
Riunendo in un unico libro cognizioni dalle più svariate discipline, Diamond sviluppa un quadro d’insieme sulla storia delle varie società umane a partire dalla fine dell’ultima glaciazione, avvenuta circa 13000 anni fa. Per la prima volta, si riunisce nella visione storica un quadro formato da archeologia, antropologia, biologia molecolare, ecologia, epidemiologia, genetica, linguistica e scienze sociali, per non parlare della teoria del caos.
In pratica l’autore cerca di dare una sorta di metodo d’indagine scientifico ad una disciplina considerata finora “letteraria” e di respingere spiegazioni razziste della storia dell’umanità, non tanto per motivi ideologici, ma piuttosto, appunto, scientifici. Consapevole del suo ruolo di iniziatore, precisa che la sua è solo una visione generale, i cui dettagli vanno indagati più approfonditamente.
Il libro ha vinto il Premio Pulitzer per la saggistica nel 1998.
Indice
Sintesi
Prologo e anticipazione delle critiche
Diamond non trovò una buona risposta alla domanda di Yali. Lo stesso tipo di domanda sembra trovare applicazione in una quantità di casi: “Gli originari dell’Eurasia… dominano il mondo quanto a benessere e potere”. Gli altri popoli, che si sono liberati dal colonialismo, restano arretrati quanto a benessere e potenza. Altri ancora, dice, “sono stati decimati, soggiogati e talora perfino sterminati dai colonialisti europei”. Spiega che, nell’incapacità di ricavare una spiegazione soddisfacente dai più rinomati racconti storici, ha deciso di fare un’indagine per conto proprio.
Prima di enunciare la propria tesi principale, Diamond considera tre possibili critiche alla sua indagine:
La teoria esposta
Prima che qualcuno sviluppasse l’agricoltura, si viveva come cacciatori-raccoglitori, ed alcuni lo fanno ancor oggi.
Diamond sostiene che il successo delle civiltà europee, che hanno conquistato terre come l’America, l’Africa e l’Oceania, non è dovuto ad una loro presunta superiorità intellettuale. Gli europei non sono più intelligenti degli altri popoli, ma semplicemente hanno avuto la fortuna di vivere in un continente, l’Eurasia, le cui condizioni ambientali hanno favorito lo sviluppo e la diffusione degli elementi che hanno contribuito in maniera determinante alla loro supremazia sugli altri popoli: le armi (e più in generale la tecnologia) e le malattie.
Diamond spiega come lo sviluppo dell’agricoltura e la domesticazione degli animali sia stato un pre-requisito per giungere alle civiltà di armi e malattie. Tale sviluppo è stato più veloce in Eurasia per molti motivi:
Transizione
Armi acciaio e malattie sostiene che la supremazia dei popoli Euroasiatici è legata al sorgere delle città. Queste città sono caratterizzate da elevate densità abitative e da complesse strutture sociali che hanno consentito il sorgere di:
Il sorgere delle città è legato allo sviluppo dell’agricoltura. Questa ha reso possibile la produzione e lo stoccaggio di elevate quantità di cibo, di fatto consentendo ai cittadini di dedicarsi a tempo pieno ad attività quali artigianato, innovazione tecnologica, realizzazione di strutture politiche e militari, e liberarli dall’onere di procurarsi il cibo. Tale onere poteva ricadere sulle spalle degli agricoltori. Diamond spiega come i popoli che sono rimasti cacciatori-raccoglitori non sono stati in grado di produrre surplus di cibo tali da sostenere classi “non produttive” di artigiani, politici, militari.
Essenziale alla transizione da cacciatori-raccoglitori a società agrarie di abitatori di città fu la presenza di grandi animali domesticabili, allevati per carne, lavoro (per es. trainare l’aratro), comunicazione e trasporto di uomini e merci e viveri sulla lunga distanza (per es. per trainare carri). Alcuni di questi, sono stati anche usati come efficaci armi da guerra. A tal proposito si pensi all’importanza della cavalleria fino alla prima guerra mondiale.
Diamond identifica appena quattordici specie adattabili in tutto il mondo. Le cinque più importanti (vacca, cavallo, pecora, capra e maiale) sono tutte native dell’Eurasia. Delle rimanenti nove, solo una (il lama del Sudamerica) proviene da una zona al di fuori delle più importanti che abbiamo visto. La presenza di così poche specie di animali domesticabili al di fuori dell’Eurasia è legata all’estensione geografica dei continenti, alle loro caratteristiche ambientali, ma anche all’impatto delle migrazioni di uomini primitivi. In Eurasia l’uomo primitivo è giunto quando le sue capacità di cacciatore non erano pienamente sviluppate, pertanto le prede hanno subito un processo evolutivo che le ha preservate fino al nascere dell’agricoltura e della pastorizia. In altri continenti, principalmente le Americhe, l’uomo è giunto dopo aver sviluppato le sue capacità di cacciatore ed ha incontrato animali non preparati a sopravvivere in presenza di un predatore tanto abile. Pertanto alcune specie animali si sono estinte molto prima che l’uomo iniziasse a domesticare piante e animali.
Gli animali domesticabili più piccoli, quali cani, gatti, polli e porcellini d’India possono essere valutabili in molti modi in una società agricola, ma non saranno adeguati di per sé per sostenere una società agraria in grande scala.
Geografia
Diamond spiega anche come la geografia abbia dato forma alla migrazione umana, non semplicemente rendendo difficile viaggiare (particolarmente in senso longitudinale), ma attraverso il meccanismo per cui il clima condiziona i luoghi in cui gli animali domesticabili possono facilmente viaggiare e quelli in cui i raccolti possono crescere in modo ideale. Semplificando, la geografia determina la storia.
Si ritiene che i moderni esseri umani si siano sviluppati nella regione meridionale dell’Africa, in un periodo oppure in un altro. Il Sahara ha impedito che si migrasse a nord verso la Mezzaluna Fertile, fino a che più tardi la valle del Nilo divenne più ospitale. Si ritiene che alcuni popoli, come gli aborigeni dell’Australia, siano migrati precocemente dall’Africa, salpando con barche.[1]
Diamond continua a spiegare la storia dello sviluppo umano fino all’era moderna, attraverso il rapido sviluppo della tecnologia, e le sue tremende conseguenze sulle culture dei cacciatori-raccoglitori sparsi nel mondo.
Ci sono stati però alcuni casi, e qui Diamond fa l’esempio della Cina, in cui però la geografia non ha determinato la storia, seppure ne è stata in parte responsabile. Nel caso appunto della Cina, che aveva tutte le premesse per assumere quel ruolo che è stato poi preso dalla razza bianca, alcune decisioni politiche e strategiche ne hanno determinato nei secoli scorsi l’isolamento piuttosto che l’espansione, a riprova che anche le scelte politiche e culturali, e non solo la geografia, possono influenzare il destino di un popolo e in definitiva del mondo. Diamond sostiene che in questo caso la geografia della Cina ha comunque contribuito a permettere che il paese non tornasse rapidamente ad una politica espansionistica. La Cina, a causa della assenza di barriere geografiche interne, era diventata un unico grande stato già nel 221 a.C. Inoltre non aveva dei vicini agguerriti. Una scelta strategica errata poteva rimanere tale per secoli senza che sorgessero ragioni per revocarla. Diversa era la situazione dell’Europa, la cui geografia ha favorito il sorgere di molti stati nazionali in feroce competizione. Una scelta sbagliata di uno di questi stati lo poneva in breve tempo in svantaggio competitivo con i vicini imponendogli di cambiare strategia, oppure determinandone la sopraffazione da parte degli stati confinanti.
Malattie
Durante la conquista delle Americhe, il 90% delle popolazioni indigene sono state uccise dalle malattie introdotte dagli europei.
Come mai allora le malattie originarie del continente americano non hanno sterminato gli europei? Diamond spiega che i germi che hanno sterminato le popolazioni americane si sono potuti sviluppare grazie a due condizioni:
Riflessioni socio-politiche
Nel capitolo “Dall’uguaglianza alla cleptocrazia“, l’autore, premessa una disamina delle tipologie di comunità (dalla più semplice, per graduale evoluzione, fino alla più complessa) che hanno segnato lo sviluppo delle collettività umane dalla preistoria ad oggi, pone in rilievo le quattro strategie che – da sempre – permettono ad un’élite di conservare/aumentare il consenso popolare, senza che l’élite stessa debba sacrificare il proprio stile di vita.
L’autore sostiene che le comunità meno numerose sono sostanzialmente egalitarie. Spesso c’è un “Big Man“, ma la sua leadership è dovuta unicamente al suo carisma e alle sue capacità di convincere i membri della comunità ad avallare le sue decisioni. Il suo ruolo non è sancito formalmente, né è ereditario. Inoltre il Big Man si procura da sé il proprio cibo come ogni altro membro della comunità. Nelle piccole comunità una “struttura politica” così semplice può funzionare, ma non nelle grandi comunità. Per esempio quando c’è un contrasto tra due membri della comunità molto spesso amici o parenti comuni intervengono a sedarlo ed evitare una escalation di violenza. Nelle grandi comunità è difficile che i due contendenti abbiano amici o parenti in comune. Per questo motivo grandi comunità che non si siano dotate di strutture formali di controllo dell’ordine pubblico (polizia, tribunali, leggi condivise) sono implose. Quello che si osserva è che quando una comunità cresce anche le sue strutture politico-sociali diventano più complesse. In sostanza nasce una classe politica che assume il ruolo di guida, ma non si procaccia direttamente il cibo per il proprio sostentamento. Questa classe politica trae il suo sostentamento dalla ricchezza prelevata dal resto della comunità attraverso tasse e contributi (per es. parte del raccolto). Siamo in presenza di una cleptocrazia, che tuttavia riesce a “mantenersi” perché riesce a soggiogare le classi inferiori o ottenere l’approvazione al proprio operato. A tale scopo l’autore evidenzia alcune delle strategie usate dalla classe politica:
Stile
Il libro rappresenta in un certo senso il tipico testo di divulgazione scientifica statunitense. A differenza di quanto si trova generalmente nei testi di autori europei, Diamond preferisce un approccio piuttosto ridondante, ripetendo più volte lo stesso concetto e tendendo a fare una serie di domande retoriche per avvicinare il lettore alla risposta, oltre a portare sempre molti dati a sostegno delle tesi dell’autore.
Alcuni commenti allo stile del libro
Nuova edizione accresciuta
Esiste in commercio una nuova versione 2006 del libro (ISBN 88-06-18354-0), che contiene un capitolo aggiuntivo dal titolo Chi sono i giapponesi?, e una Postfazione redatta dall’autore medesimo. L’opera, dunque, si presenta ora come segue.
Capitolo per capitolo
Introduzione di Luca e Francesco Cavalli Sforza, i quali hanno definito l’opera come “un libro destinato a diventare una pietra miliare della ricerca preistorica e storica”
VITA MATERIALE, CAPITALISMO E CAMBIAMENTO SOCIALE
La Jornada
La maggior parte delle analisi politiche, con propositi anti sistema, sono orientate a comprendere il funzionamento delle grandi imprese multinazionali e l’insieme dell’economia capitalista, il ruolo che giocano gli stati-nazione, e le relazioni di forza geopolitica a scala nazionale, regionale e globale, in altre parole, come comandano i potenti. Contiamo anche su un buon numero di studi sulle lotte sociali e politiche dei settori popolari, dalle lotte locali fino alle coalizioni più ampie che si costituiscono a scala nazionale e globale, e come queste forme di azione mutano nel tempo.
Si potrebbe dire che buona parte di queste analisi e studi rendono conto della realtà del sistema e delle diverse realtà anti sistema. Tuttavia, contiamo su pochi studi su quello che Fernand Braudel (Storiografo francese, ritenuto uno dei massimi storici del XX secolo. n.d.t.) chiamava la “vita materiale”, ma anche “l’oceano della vita quotidiana”, il regno dell’autoconsumo, “la consuetudine, la routine”, la sfera basilare della vita umana che nella sua idea è la “grande assente della storia” (La dinámica del capitalismo, Alianza). Sarebbe necessario annetterlo, nelle teorie rivoluzionarie e nelle proposte di liberazione.
Come sappiamo, Braudel definì tre sfere: la vita materiale che è il regno del valore d’uso; la vita economica o economia di mercato, dominata dagli scambi e dal valore di scambio, e sopra ad entrambe il capitalismo o l’antimercato, “dove vagabondano i grandi predatori e vige la legge della selva”.
In questo peculiare sguardo del mondo lo Stato è ausiliare al capitalismo ed è antitetico all’economia di mercato, come ricorda Immanuel Wallerstein (sociologo ed economista statunitense, già presidente dell’International Sociological Association, ex direttore del Fernand Braudel Center. N.d.t.)
Per completare l’analisi, si dovrebbe ribadire con Braudel che il capitalismo affonda le sue radici nella vita materiale senza mai penetrarla. L’accumulazione di capitale si produce essenzialmente nella sfera dei monopoli dove il mercato non funziona, non è così nella vita materiale e nella vita economica. È vero che gli strati superiori si appoggiano su quelli sottostanti, dai quali vi è un rapporto di dipendenza, ma non è meno certo che la vita quotidiana o materiale è relativamente autonoma e non è mai completamente subordinata alla sfera dell’accumulazione.
L’interesse e l’attualità del punto di vista di Braudel si ritrovano nell’idea che la lotta anti sistema sia radicata sostanzialmente nella vita materiale e, in una certa misura, nella vita economica, ma non può basarsi sulle sfere del capitalismo, siano le imprese o gli stati. La grande forza degli attuali movimenti territoriali anti sistema, tanto quelli rurali quanto quelli urbani, è che organizzano collettivamente l’oceano della vita materiale, da lì si collegano con la vita economica ed i mercati, resistendo al capitale ed allo stato.
Perfino nelle grandi città. Nel cuore di una mega città come Buenos Aires pullulano esperienze di questo tipo che si possono trovare anche in diversi centri urbani latinoamericani (si veda cipamericas) (Cip americas program. Con oltre 30 anni di esperienza è una delle principali fonti di informazione per gli attivisti, accademici e cittadini preoccupati per la politica estera degli Stati Uniti verso l’America Latina ed i movimenti per la giustizia sociale nel mondo. N.d.t.) e, ovviamente, abbondano delle zone rurali. Un’ampia rete di spazi (mense sociali, ambulatori, scuole primarie e licei popolari, consultori femminili, squadre di operai, mezzi di comunicazione) danno forma collettiva alla vita materiale dei più poveri, trasformando la vita quotidiana in spazi di resistenza ma anche di alternativa al sistema.
In questo modo “la routine”, “il quotidiano”, acquista nuovi significati. Le organizzazioni popolari, per lo meno quelle che non si limitano a beneficiare improduttivamente della vita materiale, lavorano per organizzare l’autoconsumo oltre lo spazio familiare. Soprattutto si impegnano affinché quello spazio di autonomia che è la vita quotidiana sia la più integrale possibile, che abbracci non solo necessità urgenti come l’alimentazione, che è il substrato dove è sorto il movimento piquetero argentino (il movimento dei picchetti argentino nasce negli anni ’90 in segno di protesta contro il licenziamento dei lavoratori della multinazionale petrolifera YPF n.d.t.), ma si espanda verso aree come l’educazione e la salute, la dignità delle donne, giochi tradizionali per l’infanzia e gli organi di decisione, come le assemblee.
Organizzare la vita materiale, approfondire la coscienza collettiva e comunitaria, è tanto quanto politicizzarla e dargli maggiore autonomia davanti alle altre sfere, ed in particolare di fronte alle multinazionali e gli stati. Questo vale anche per la dotazione di organi decisionali ed attuativi, per la difesa di fronte alle altre sfere, ovvero, dagli organi di potere. Quando la vita materiale si organizza come movimento anti sistema, le assemblee assolvono questa funzione.
Come si fermano i monopoli capitalisti? In questo caso, i movimenti dei sobborghi di Buenos Aires, recuperano quello che serve mediante l’azione diretta. Per ottenere medicine per gli ambulatori, fanno picchetti di fronte ai grandi depositi farmaceutici, ostacolando la movimentazione dei camion sia in entrata che in uscita. La stessa cosa per assicurarsi gli alimenti dal Municipio. La cinepresa utilizzata in una televisione comunitaria l’hanno ottenuta mediante un escrache ad un hotel a cinque stelle (Escrache è il nome in gergo usato per indicare un modo di protesta basato su un’azione diretta. Questo termine è nato in Argentina nel 1995 e da allora si è diffuso ad altri paesi di lingua spagnola, Uruguay Cile, Spagna n.d.t.). E così con tutto.
È possibile cambiare la società partendo dalla vita materiale o quotidiana? Dipende dal concetto di rivoluzione di ognuno. La vita materiale è, tra molte altre cose, lo spazio della gente comune, quello che può limitare o dare le ali al capitalismo. Non esistono altri spazi dove possa nascere e crescere qualcosa di diverso dal mondo capitalista.
Vista così la cosa, il mutamento sociale è un modo sistematico di sverminare la vita materiale dal capitalismo.
In nessun altro strato può nascere un mondo nuovo e differente. Non voglio dire con ciò che la vita materiale/quotidiana non contenga oppressioni, come il machismo. Ma solo che il nuovo può costruirsi solamente da relazioni basate nel valore di uso, e guidate dalla gente comune. Farlo da altri spazi equivale a riprodurre una dominazione o instaurare una nuova classe dominante.
Raúl Zibechi
Fonte: http://www.jornada.unam.mx
Link: http://www.jornada.unam.mx/2013/05/31/opinion/019a2pol
31.05.2013
Traduzione per http://www.comedonchisciotte.org a cura di FABIO BARRACO
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Le organizzazioni popolari, per lo meno quelle che non si limitano a beneficiare improduttivamente della vita materiale, lavorano per organizzare l’autoconsumo oltre lo spazio familiare.
Questo è possibile solo se tutto il substrato di relazioni sociali è uscito in qualche modo indenne dalla contaminazione con la cultura capitalista. Qui da noi (e diversamente da ciò che si legge sul sudamerica) invece nulla è rimasto di quella rete di relazioni sociali. Qui al massimo si organizza il volontariato (una forma di vita che deresponsabilizza lo Stato e si prende in carico i suoi compiti) oppure le ONG (forme di vita che mungono gli Stati per offrire ciò che gli stessi Stati potrebbero garantire ad un decimo/centesimo dei costi). Il resto è deserto comunicativo e relazionale. L’idea stessa di Stato al servizio non più dei cittadini ma di qualche Superiore Entità (leggi UE) che modifica costantemente i rapporti in essere in base alle convenienze internazionali certifica il fallimento di ciò che è alla base di ogni convivenza civile: la cooperazione. Oggi si coopera solo con i potenti e le uniche forze rimaste in campo sociale sono quelle che garantiscono tali operazioni. Sparite le forze storicamente ad esse antagoniste: sindacati e partiti dei lavoratori. Sparite perchè inglobate nel sistema di cooperazione con i potenti.
Artisti di strada, costumi d’epoca, ricostruzioni, rappresentazioni e rievocazioni storiche; sagre e feste patronali, pali
Rievocazione storica
Duegonfalonieri serbi alle porte di Belgrado
Rievocazione della Battaglia di Varna del 1444
Rievocazione dell’assedio di Gradara del 1446
Rievocazione della Battaglia di Austerlitz
La rievocazione storica è un’attività con cui si intende riproporre vicende o situazioni di epoche passate. Negli ultimi anni questo fenomeno è stato sempre più oggetto di attenzioni per il sempre maggior numero di persone che ne sono entrate a far parte. La rievocazione storica è stata spesso confusa con attività folkloristiche o feste paesane. Tuttavia, malgrado vi siano feste di tipo rievocativo o feste e sagre in cui avvengono spettacoli di rievocazione, lo scopo della rievocazione storica propriamente detta rimane differente. Essa infatti ha l’intento di valorizzare e riscoprire le tradizioni storico-culturali di un popolo.
I rievocatori storici (o più semplicemente rievocatori) cercano quindi di riportare in vita la storia ricostruendo repliche di reperti archeologici (armi, utensili, abiti ecc.) e usandoli. Attraverso questo processo di archeologia sperimentale si è in grado di capire in maniera più completa il passato. Per esempio basandosi su una miniatura si può ricreare un vestito così come lo si vede, ma è indossandolo che si capisce perché le maniche sono fatte in un modo piuttosto che in un altro e così via. Similmente, è brandendo un’arma che se ne capisce l’efficacia effettiva, e da questa consapevolezza si può arrivare a capire quale fosse la tecnica più adatta per maneggiarla. Nelle fonti storiche da cui si attinge (come manoscritti e icone) spesso si trovano descrizioni più o meno dettagliate riguardo l’oggetto in sé, i ritrovamenti archeologici ne provano l’esistenza e l’archeologia sperimentale la spiega. Analizzare la storia senza trascurarne l’aspetto della quotidianità permette quindi di sfatare molti dei miti riguardo al passato creati durante il romanticismo.
L’età dei rievocatori è sorprendentemente eterogenea, la loro provenienza abbraccia praticamente tutte le figure professionali e il periodo storico rievocato va dalla pre e protostoria alla seconda guerra mondiale, passando attraverso le legioni dell’antica Roma il Medioevo, l’epopea napoleonica, il Risorgimento e la prima guerra mondiale.
Periodi rievocati
I gruppi interessati a queste avvitvità i suddividono per periodo storico ed evento trattato. Lo scopo è di creare un gruppo di rievocazione storica che analizzi e discuta le sfaccettature di un determinato evento con particolare attenzione per ciò che riguarda i costumi, le armi, le armature e il loro utilizzo.
Fra i periodi più popolari nelle rievocazioni ricordiamo:
Rievocazioni permanenti
Libertà storiche ed eventi immaginari
Alcune libertà storiche ed eventi di fantasia sono elementi ricorrenti nella rievocazione storica: non è difficile ritrovare abbigliamento e attrezzature non storicamente corretti (per esempio, capi di abbigliamento di cotone in una ambientazione medievale), o mettere in scena avvenimenti leggendari o di pura fantasia, che non hanno alcun fondamento con la storia conosciuta.
Mentre molti gruppi di rievocazione tendono a seguire una interpretazione flessibile della storia (talvolta mescolando attrezzature da periodi strettamente connessi, per esempio), alcuni fanno un passo in più e mescolano elementi storici con elementi di fantasia, o incorporano la tecnologia moderna in un ambiente storico (spesso si tratta di interventi mirati ad aumentare la sicurezza o ridurre i costi, come la realizzazione di armi da mischia di gomma o di plastica piuttosto che ghisa, ferro o acciaio).
Notevoli esempi di questa variazione sul tema sono la Society for Creative Anachronism fiere rinascimentale che mischiano elementi medievale ad abbigliamento e attività di fantasia. Tuttavia molte fiere rinascimentali hanno cominciato a frenare la fantasia inserendo elementi che hanno più attinenze storiche.
Vi sono inoltre gruppi di appassionati di giochi di ruolo che organizzano vere e proprie partite di gioco di ruolo dal vivo, in costume.
Rievocazioni commerciali
In alcuni paesi i castelli, i musei storici o altri luoghi di interesse turistico (come i parchi a tema) assumono attori professionisti nelle rievocazioni. Il tutto di solito è elaborato per ricreare uno scorcio di un determinato paese o villaggio e le sue attività in un determinato periodo temporale. Le rievocazioni commerciali solitamente seguono una coreografia e un copione. Anche i centri commerciali organizzano talvolta eventi in costume.
Da supporto ai media
Il mondo del cinema ed i programmi televisivi si rivolgono spesso a gruppi di rievocazione; film di ambientazione storica come Glory – Uomini di gloria o documentari come quelli creati per il programma televisivo Quark sulla storia romana hanno tratto grandi vantaggi dal contributo dai gruppi di rievocazione storica, che arrivati sul set completamente attrezzati e con un notevole bagaglio di conoscenza sulle procedure militari, sulla vita da campo e le tattiche.
Wargame
In alcune rievocazioni (prevalentemente sul periodo napoleonico) si può assistere a un wargame: esso consiste nello scontro delle due fazioni con l’aggiunta del punteggio per le squadre; in ogni drappello di uomini che si fronteggiano c’è almeno un giudice che decreta i punti da assegnare al plotone e quindi alla fazione. In questi casi vince chi ha più punti perché vuol dire che nella realtà avrebbe potuto uccidere il nemico: per prendere punti, di solito, ci si lascia alla fantasia storica del comandante il quale impartirà ordini alle sue squadre di attaccare i nemici in modo tale da prendere più punti.
Terminologia
Voci correlate
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Roba da souvenir tra strumenti, cibo e musica
Roba da souvenir nella patria di Giovanni Verga e Montalbano. Non tutti resistono alla tentazione di riportare dal viaggio siciliano un vassoio di cannoli preparato al momento, una cassata formato…
25 maggio 2013
Roba da souvenir nella patria di Giovanni Verga e Montalbano. Non tutti resistono alla tentazione di riportare dal viaggio siciliano un vassoio di cannoli preparato al momento, una cassata formato famiglia, o uno scacciapensieri mini (meglio sarebbe seguire pedissequamente le istruzioni dei siciliani doc per suonarlo). Vanno fortissimi anche i dolcetti fatti con pasta di mandorle. Bello sarebbe, se solo fosse possibile, portare con sé litri e litri di granita. Con l’avvicinarsi del caldo, sarebbero un vero refrigerio. A Roma le grattachecche d’estate sono un evergreen, e sono parenti strette di quelle siciliane: alla mandorla, al caffè, al limone o all’arancia: c’è solo l’imbarazzo della scelta.
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Domenica 2 Giugno: Rievocazione storica delle Pasque veronesi
Pasque Veronesi (17-25 aprile 1797) – 216° anniversario
Quando Verona insorse contro Napoleone
RIEVOCAZIONE DELLA BATTAGLIA IN BRA
fra truppe veneziane ed austriache da un lato e rivoluzionarie francesi di Bonaparte dall’altro lato
Domenica 2 giugno 2013, ore 11,30, in Piazza Bra, a Verona
PROGRAMMA DELLA MANIFESTAZIONE
Ore 9, Corso Porta Nuova: Sparo a salve del cannone veneziano posizionato in direzione della Porta, che darà il segnale di via alla gara podistica della StraVerona.
Ore 10.30, Via Roma (slargo davanti a Castelvecchio): Scontri fra pattuglie veneziane e francesi
Ore 11.30-12,45, Piazza Bra (fra Liston e i giardini):
– Alzabandiera dei gloriosi gonfaloni della Serenissima e di Verona sulle note dell’oratorio militare sacro Juditha triumphans (1716), di Antonio Vivaldi.
Ore 16.30, Via Roma (slargo antistante Castelvecchio): Scontri fra pattuglie veneziane e francesi
Ore 17.30-18.30, Piazza Bra (davanti alla scalinata del Municipio): Presentazione ai ai turisti e al pubblico dei vari reparti storici militari
28/05/2013
Spiazziamo il potere, mettiamoci a coltivare l’orto!
Doiron: spiazziamo il potere, mettiamoci a coltivare l’orto
Scritto il 11/1/12 •
Il mio nome è Roger Doiron e coltivo un piano sovversivo. È così sovversivo infatti che ha il potenziale per modificare radicalmente l’equilibrio di potere non solo nel nostro paese ma in tutto il mondo. Non c’è niente di particolarmente radicale o rivoluzionario in un prato. Ma comincia a diventare interessante quando lo trasformiamo in un orto. Suggerirei a tutti voi che l’orticoltura è un’attività sovversiva. Pensate al cibo come a una forma di energia. È ciò che ci alimenta e allo stesso tempo una forma di potere. E quando incoraggiamo la gente a coltivare parte del proprio cibo la stiamo incoraggiando a prendere il potere nelle proprie mani. Potere sulla propria dieta, potere sulla propria salute e un po’ di potere sul proprio portafogli. Penso che questo sia veramente sovversivo perché stiamo anche, necessariamente, dicendo di sottrarre quel potere a qualcun altro, ad altri soggetti sociali che attualmente hanno potere su cibo e salute.
Pensate a quali possano essere questi soggetti. E guardate anche all’orticoltura come a una sorta di salutare droga di passaggio, potremmo dire, ad altre forme di libertà alimentare. Poco dopo aver iniziato a coltivare gli ortaggi, dici: “Hey, ora ho bisogno di imparare come cucinarli… poi potrei voler imparare a conservare gli alimenti o a cercare il mercato contadino locale nella mia città”. La realtà è che ci troviamo nel bel mezzo di un’epidemia di obesità che non è limitata al nostro paese, ma si sta diffondendo in tutto il mondo proprio ora. E, in una specie di universo parallelo, vediamo che anche la fame è in aumento e che ne soffrono oltre 900 milioni di persone. È tre volte la popolazione degli Stati Uniti. Allo stesso tempo, i prezzi del cibo nel mondo stanno aumentando mentre la popolazione mondiale sta crescendo e si avvia a raggiungere i 10 miliardi di persone.
leggi tutto qui:
http://www.libreidee.org/2012/01/doiron-spiazziamo-il-pot…
Articoli collegati
Il coraggio di cambiare paradigma: dalla globalizzazione alla localizzazione e dall’eccesso alla sufficienza
I promotori dell’evento Terra Institute e il Centro Convegni dell’Abbazia di Novacella sono soddisfatti del vivo interesse e della partecipazione al convegno. Le Giornate della sostenibilità torneranno a maggio del 2014.
Niko Paech, uno dei massimi esperti della decrescita in Germania, il fondatore del Movimento italiano per la decrescita felice Maurizio Pallante e la pioniera del movimento new-economy e vincitrice del Premio Nobel alternativo Helena Norberg-Hodge sono stati tre tra gli ospiti illustri delle Giornate della sostenibilità „think more about“, dal 23 al 26 maggio a Bressanone, promosse per la terza volta da Terra Institute e Centro Convegni dell’Abbazia di Novacella, insieme alle Università di Bolzano e Innsbruck.
“Viviamo e consumiamo come se avessimo a disposizione tre pianeti. La crescita economica non è un’opzione sostenibile e l’economia verde non rappresenta la giusta terapia. Di fatto, con il progresso attuale, un sistema economico orientato alla crescita non può essere pensato senza un danno causato all’ambiente” ha detto Niko Paech. “E la crescita non ci ha reso felici, siamo malati e non disponiamo del tempo necessario per goderci la vita e costruire relazioni interpersonali. Abbiamo bisogno di cambiare paradigma, di tornare a un’economia a misura d’uomo. In questo ci aiuta la sufficienza, la liberazione dall’eccesso”.
Maurizio Pallante ha osservato che la decrescita (che non va confusa con la recessione) avviene nel momento in cui siamo in grado di rimuovere le inefficienze per adottare nuove tecnologie capaci di limitare lo spreco di energie e riutilizzare i materiali. Helena Norberg-Hodge ha sottolineato l’urgenza di un sistema economico che non punti alla divisione, bensì alla sintonia con la natura. “La localizzazione rispetta la biodiversità, promuove la libertà individuale e culturale delle persone, crea comunità e sostiene l’economia regionale”.
Agli interventi dei relatori hanno fatto da cornice numerosi eventi collaterali come la „think more about bio regione Alto Adige“, le mostre „re.use“, „Countdown“ e „Cinescope-L’arte della libertà”, le proiezioni del film “L’economia della felicità” a Bressanone e Merano. Nell’ambito del Laboratorio per giovani “youthink more about” a marzo, anche i giovani hanno dato il loro punto di vista sulla sostenibilità. I risultati sono stati presentati nell’ambito del convegno.
Le impressioni dei circa 400 partecipanti al congresso e ai workshops sono state estremamente positive, interessanti discussioni e un vivace scambio di informazioni e opinioni hanno dato a tutti la possibilità di portarsi a casa nuove idee da mettere in pratica.
„Abbiamo constatato con soddisfazione che le Giornate della sostenibilità e gli eventi collaterali suscitano un grande interesse. Ciò dimostra che la strada verso la sostenibilità è già stata intrapresa e che i tempi sono maturi per tradurre il cambiamento di pensiero in azioni quotidiane”, riassumono i promotori Günther Reifer di Terra Institute e Andreas Wild del Centro Convegni Abbazia di Novacella. Le Giornate della sostenibilità torneranno, l’appuntamento è per maggio del 2014.
Info: http://www.thinkmoreabout.com
http://decrescitafelice.it/2013/05/il-coraggio-di-cambiare-paradigma-dalla-globalizzazione-alla-localizzazione-e-dalleccesso-alla-sufficienza/
Guardando questo borgo ci si domanda cosa sia mai successo perchè ci siamo ridotti ad abitare in città super affollate, piene di veleni e pure brutte.
La considerazione a cui tu giungi con facilità
A quanto pare non è minimamente abbordabile attraverso i canali convenzionali il pensiero che in questi luoghi ci si viveva
Minima ruralia – Contadini, dunque villani
Nel deposito delle parole che formano la nostra lingua, per dire di qualcuno che è rozzo, grossolano, o maleducato, o comunque per denigrarlo, si usa un termine che, se vai a vedere bene, vuole dire “contadino”: per esempio, “villano”, “burino”, “bifolco”, “terrone”, “cafone”, “buzzurro” e così andando.
Risalendo all’origine delle parole: villano è l’abitante della villa, dell’insediamento rurale; burino, chi usa gli attrezzi agricoli; bifolco, il guardiano dei buoi; terrone, il lavoratore della terra; cafone è il cavallo castrato da lavoro e, per estensione, chi fatica in campagna; buzzurro, il venditore ambulante di castagne e polenta.
Chi lavora la terra dà da mangiare a tutti e solo per questo il suo lavoro dovrebbe essere considerato tra i più importanti, se non il più importante, invece nel tempo è stato collocato sui gradini più bassi della scala sociale, oggetto di dileggio e disprezzo. Il lavoro che sporca le mani è considerato un lavoro sporco e allora sporco e, dunque, rozzo è chi lo fa.
Questo modo di costruire le gerarchie è lo specchio di un modo urbano di pensare il mondo che al centro dello spazio pone la città e chi ci vive e il contado ai suoi margini; e nella filigrana di questo modo si potrebbe leggere anche la contrapposizione tra le civiltà che nascono dalla scrittura e quelle generate nell’oralità o, forse, tra la propensione all’astrazione e l’ancoramento alla conoscenza materiale, tra un mondo asettico, immacolato e deodorato e un mondo che odora di terra, letame e sudore.
Comunque sia successo, il disprezzo per i contadini viene da lontano, vive in caricatura nella commedia classica e procede lungo tutta la storia della nostra letteratura.
L’istoria de soa natevità
voyo che vu indenda.
La zoxo, in un hostero, si era un somero;
de dré si fé un sono, sì grande come un tono:
de quel malvaxio vento
nascé el vilan puzolento.
Così nel XIII secolo, arguto, ma sprezzante, Matazone da Caligano, racconta la generazione dei contadini attraverso il meteorismo degli asini!
E ancora sull’origine infima e ignobile dei “villani”, nell’Orlandino (1526), Teofilo Folengo sbeffeggiava:
Transibat Jesus per un gran villaggio
Con Piero, Andrea, Giovanni e con Taddeo;
Trovan ch’un asinello in sul rivaggio
Molte pallotte del suo sterco feo.
Disse allor Piero al suo maestro saggio:
“En Domine, fac homines ex eo”.
“Surge, Villane”, disse Cristo allora;
E’l Villan di que’ stronzi saltò fora.
Di altri esempi, se ne potrebbe fare un libro.
Ancora qualche anno fa, sentirti contadino poteva recarti disagio o vergogna. Nel secondo dopoguerra da questa condizioni potevi solo fuggire o nasconderti. La modernità chiamava in città: se non ascoltavi, ti condannavi all’arretratezza. E se volevi sposarti facevi bene a non dirlo il tuo mestiere, ché dalle tue parti una moglie probabilmente non l’avresti trovata, salvo chiedere aiuto a un mezzano che ne avrebbe fatta salire una dal meridione. Lo racconta bene Nuto Revelli ne L’anello forte (1985).
Nell’Italia industriale e progressiva, i contadini non erano considerati solo arretrati, potevano anche odorare di Battaglia del grano o di sacrestia. Kulaki. Qui da denigrare, altrove da sterminare sotto la luce metallica del sole dell’avvenire.
Poi, nel corso degli anni 1990, c’è stata una svolta. Dietro la frana di tante ideologie, il mondo contadino poco a poco è stato riletto come fronte di resistenza al consumismo, all’accumulazione capitalista, alla globalizzazione, spazio di possibile libertà e autonomia. E c’è del vero, ma è vero anche che tanti, così, si sono rifatti la purezza ideologica perduta, lasciando le bandiere, alzando l’immagine della zappa, senza però comunque rinunciare al gusto degli slogan e ai toni da comizio.
Oggi, 2013, mi pare che siamo nel pieno di questo processo di ridefinizione. Prima ci si vergognava di dirsi contadini, oggi c’è addirittura chi lo ostenta, a volte con buon diritto, a volte anche se coltiva un orto o poco più e le sue mani e il suo viso sono chiari e senza segni. E, tra questi, c’è chi volentieri si fa rappresentante dei contadini, loro alfiere ideologico e portavoce, ma purché siano contadini “consapevoli”, ambientalisti, biologici, progressisti, alternativi, forse rivoluzionari, proprio come lui. Il moralismo è lo stesso di chi qualche decennio fa aveva “preso coscienza” e voleva farla “prendere” agli altri, stessa l’astrazione e il disprezzo per la gente che non è “consapevole”, che non “partecipa”, che non si adegua ai nuovi dettami della modernità, e per i contadini che non esercitano la nuova agricoltura e non vanno a ostentarla in piazza: villani, questi, condannati dalla storia. Come sempre.
(questo testo è tratto da “Minima ruralia”, sottotitolo: “Semi, agricoltura e ritorno alla terra”, del filosofo e ruralista Massimo Angelini, pubblicato da “Pentagora”, Savona, 2013)
Fonte: http://www.nazioneindiana.com
Link: http://www.nazioneindiana.com/2013/05/24/minima-ruralia-contadini-dunque-villani/
24.05.2013
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Io posso parlare per la realtà che ho parzialmente conosciuto nella campagna padovana, dove l’essere “contadini” equivaleva frequentemente all’abuso violento di bambini ed animali, all’incapacità di accettare e gestire qualsiasi diversità (ivi comprese le patolologie congenite) ed una vita passata a lavorare incessantemente covando rabbia e rancore, specie contro la gioventù, che raggiungono l’apice con i dolori della vecchiaia.
Sono d’accordo con l’autore che anche chi si riconosce nel “progressismo contadino” non dovrebbe pretendere convergenze ideologiche e farsi portavoce del mondo rurale, ma aspirare ad una società contadina diversa mi sembra veramente il minimo.
Esprimerò qui un concetto che troverà sinpatizzanti e oppositori: di fronte ai fatti non si sono argomenti!.
Perchè dico ciò? Per una ragione sacrosanta; siamo in guerra. E la guerra non si combatte solo con le parole, ma con la prova dei fatti.
Di fronte ad una società nichilista, gestita dalla propaganda all’ennesima potenza, che cerca di scardinare il nostro stato “societario, economico e comunitario” secolare fondato sulla cultura cristiana si sta formando una nuova antropologia di genere, che di per sè è prodroma del transumanesimo alla base del Nuovo Ordine Mondiale. Cosa possiamo fare noi che invece ci riconosciamo come paladini di una società incardinata nella famiglia e nella trasmissione di genere?
Escludiamo di poter scendere sul piano dialettico con chi ci fa apparire come violenti, prepotenti, medioevali, antichi, trapassati, macisti, arroganti, superficiali, patristici… Meglio anteporre i fatti sapendo bene che prima o poi saranno loro ad estinguersi, come è avvenuto nei tempi del Diluvio, dove non solo ci fu un formidabile intervento Divino, ma in parte, prendendo come modello Sodoma e Gomorra, la società non generava e cresceva più propri figli ed era destinata alla estinzione.
Ecco il nostro punto di forza: non passerà una generazione o al massimo due, che il nuovo mondo imploderà e si tornerà alla decrescita felice nella direzione della resilienza cattolica.
Altro che Bocconi… andiamo dal contadino sant’Isidoro per capire la crisi economica
Augusto Del Noce parlava di “eterogenesi dei fini”. Quando si percorre la strada di
un errore si finisce inevitabilmente col raggiungere risultati paradossali, cioè completamente diversi da quelli che si vogliono ottenere. È la legge dell’errore. La Bibbia ce lo dice sin dall’inizio. Adamo ed Eva peccarono per essere “liberi”, per essere completamente svincolati da Dio, per fare a meno di Dio nell’illusione di poter raggiungere una completa autosufficienza, cioè una sorta di auto-divinizzazione. Ebbene, non solo non riuscirono in questo intento, ma si trovarono a dover riconoscere dolorosamente il proprio limite e la propria precarietà. Si ritrovarono “nudi”. Non nudi nel senso fisico ma in quello ontologico. Il limite umano che prima non pesava loro e che nemmeno Dio faceva pesare loro, dopo il peccato diventa enorme, insopportabile: addirittura fa paura. È la legge dell’errore.
Una legge – quella dell’errore – che ovviamente si spiega con l’ordine che Dio ha inserito nella natura. Se s’infrange l’ordine, si ottiene il disordine e, se si ottiene il disordine, si realizza il paradosso. Un paradosso che la Provvidenza eleva ad insegnamento. Non è un caso che già la sapienza antica (quella sapienza che ancora viveva in una dimensione di ignoranza perché precedente al Cristianesimo, ma che si fondava su una recta ratio) parlava della storia come una buona “cattedra” da cui apprendere. La storia come magistra vitae, come maestra di vita, come serie non casuale di avvenimenti, bensì come itinerario significativo di fatti da cui apprendere. Perché, se molto sfugge alla comprensione storica, è pur vero che ciò che accade, che gli sbagli commessi ricevono inevitabilmente un castigo, come ovviamente ricevono un premio tutte le buone cose che le civiltà compiono.
C’è chi giustamente ha detto che mentre i singoli uomini, perché orientati verso la vita ultraterrena, hanno l’eternità per essere premiati o castigati; per le civiltà invece è diverso. Esse vivono solo nella storia e, vivendo solo nella dimensione temporale, ricevono i loro premi e i loro castighi nella storia stessa. Se socialmente si sceglie l’errore, se si diffonde il peccato sociale, la civiltà, compromessa dal peccato, finirà col pagare nel tempo e nella storia.
Queste riflessioni le lego alla vita di un grande-piccolo santo. I miei lettori spero mi stiano capendo. Con “grande-piccolo” intendo un santo che non è molto conosciuto (almeno qui in Italia), ma che è grande, come d’altronde sono grandi tutti i santi che la Chiesa ci offre, fermo restando la differenza di lumen gloriae che comunque essi beneficiano in Paradiso. Il “piccolo-grande” santo che mi viene in mente dicendo le cose da cui sono partito, è lo spagnolo sant’Isidoro contadino. Narro in breve la sua storia e poi capirete il legame.
Biografia di un santo
Isidoro nasce intorno al 1070 da una poverissima famiglia di contadini. Orfano del padre fin da piccolo, va a lavorare la terra nelle campagne intorno a Madrid. A causa della guerra, cerca rifugio e lavoro a nord, a Torrelaguna. Qui conosce la sua futura sposa, Maria Toribia, anch’ella contadina. Isidoro ha una grande fede. È analfabeta ma conosce le cose di Dio e sa pregare. Ogni mattina, all’alba, va alla Messa. Ma soprattutto durante la giornata, mentre è al lavoro, spesso si apparta per raccogliersi in preghiera. I suo compagni di lavoro lo accusano di essere una scansafatiche. Anche il padrone, Juan de Vargas, inizia a sospettare di lui, ma poi si accorge che alla sera il lavoro di Isidoro è bello che compiuto. Alla fine si convince che qualcosa di misterioso aiuta Isidoro nel suo lavoro. Iniziano ad avvenire anche miracoli nelle sue proprietà. Ben presto Isidoro diventa il suo uomo di fiducia e inizia a guadagnare di più, ma lui e la moglie (dichiarata beata nel XVIII secolo) decidono di continuare a vivere come sempre e il di più lo donano ai poveri. Isidoro muore nel 1130. Alla sua morte la sua fama era pari a quella di El Cid Campeador. Fu canonizzato da Papa Gregorio XV il 25 maggio del 1622.
Il segreto del “benessere”
Torniamo ai nostri ragionamenti. Cosa colpisce di ciò che abbiamo letto? Ovviamente il fatto che sant’Isidoro ogni tanto interrompeva il lavoro per raccogliersi in preghiera. Veniva accusato perché, secondo una logica tipicamente umana, per raccogliersi in preghiera occorre del tempo e questo tempo ovviamente veniva tolto al lavoro, con la preoccupazione che quello che non fosse riuscito a fare lui sarebbe stato sulle spalle di altri. E invece, a fine giornata, ciò che riusciva a mietere sant’Isidoro era molto più abbondante di ciò che erano riusciti a mietere gli altri.
Mi viene da pensare all’attuale crisi economica, reale o sedicente (a volte mi viene la tentazione di pensarlo, ma adesso questa questione non ci interessa): da quando gli uomini hanno iniziato a pensare che i soldi sono tutto, non ci sono più soldi. Tutti si lamentano. Lamenti che molto spesso sono un’offesa all’intelligenza. Io che ho da poco passato i cinquant’anni mi ricordo molto bene (se non altro perché ne parlavano sempre) i sacrifici che hanno dovuto fare i miei nonni e i mie genitori in tempi in cui sperare a pranzo di avere la cena qualche ora dopo e a cena di avere la colazione la mattina seguente era preoccupazione tutt’altro che rara. Qui non si tratta di demonizzare pauperisticamente il denaro né di negare ingenuamente che anche in passato ci fosse chi avidamente rincorreva, costi quel che costi, ricchezze e patrimoni.
No, non si tratta di questo. Piuttosto nella nostra epoca in cui è stato fatto fuori Dio con un diffuso ateismo pratico per cui, anche se non si afferma teoricamente che Dio non esiste, si vive come se Dio non esistesse, giocoforza il denaro diventa tutto perché la vita terrena diventa il tutto. Il non potersi permettere le vacanze ai tropici o il cellulare di ultima generazione, diventa il segno di una vita che perderebbe di dignità. Non a caso molte persone che oggi si lamentano della crisi economica parlano del fatto che è una situazione che “toglie la dignità”. O disgraziati che si suicidano per questi motivi lasciano biglietti con su scritto: “non si può vivere senza dignità”. Come se non avere soldi o essere perfino costretti a mendicare fossero cose che tolgano la dignità.
Ecco il paradosso. L’uomo contemporaneo può anche trovarsi nelle condizioni di non avere soldi, ma considera i soldi come il tutto della vita. Da qui il castigo. Sì: il castigo! Avete capito bene, cari lettori. Anche la crisi economica può essere un castigo. Un castigo per far capire all’uomo che non può ridurre se stesso a consumatore o a accumulatore, che non può farsi prendere dall’ansia di produrre senza pensare a se stesso e raccogliersi in Dio per capire il mistero di se stesso. Finanche la Domenica ci hanno tolto. I centri commerciali hanno sostituito le parrocchie. Anche qui una riflessione: centri commerciali aperti sette giorni su sette, ma vendite in crisi. Prima: sei giorni su sette e vendite non in crisi.
Sant’Isidoro non la pensava così. Non era laureato alla Bocconi. Non aveva frequentato la London School of Economics. Non frequentava i salotti buoni dell’economia… Ma aveva capito bene quale fosse la vera legge del lavoro: farsi aiutare da Dio, mettere Dio al primo posto, dare credito non a un consulente finanziario ma solo a Colui che ha detto: «Cercate prima di tutto il regno di Dio, il resto vi sarà dato in aggiunta».
Corrado Gnerre
15 maggio 2013
Etica zero. Quando i soldi possono comprare tutto
Garantirsi una cella de luxe, trattamento a cinque stelle in carcere: 82 dollari a notte. Uccidere un rinoceronte nero, specie rarissima in via di estinzione: 150mila dollari. Sfrecciare in macchina da solo, nell’ora di punta, nella corsia riservata a chi si sposta in gruppo con il car pooling: 8 dollari. Affittare un utero per portare a termine una gravidanza conto terzi: 6.250 dollari. Nello scenario del Festival dell’Economia di Trento, Michael Sandel, docente di Filosofia politica ad Harvard, inserisce la provocazione di un prezzario secco delle mirabolanti offerte del libero mercato, un catalogo articolato contenuto nel suo ultimo libro.
Per la verità, se si fosse attenuto al titolo che recita Quello che i soldi non possono comprare, il volume sarebbe stato molto esile: se siamo nominati giurati di un processo non possiamo ingaggiare qualcuno per prendere il nostro posto; non possiamo vendere il voto (almeno non ufficialmente). L’elenco dei divieti citati, più o meno, finisce qui. Ma se questi sono i paletti che ancora difendono il territorio un tempo ampio dei diritti inalienabili, qualche decennio di ultraliberismo ha fatto miracoli nell’aggiungere scomparti al supermercato dei diritti in vendita.
Ce n’è per tutti i gusti e per tutte le tasche. Per soli 39 dollari la United Airlines offre la possibilità di azzerare l’etica della fila passando davanti agli altri ai controlli di sicurezza. Scandaloso? In fondo è una semplice estensione di un privilegio concesso a chi compra un biglietto di prima classe. E nessuno si turba se una lavanderia fa pagare un extra per un servizio più rapido. Ma se, a Washington, i posti riservati al pubblico nelle audizioni del Congresso vengono accaparrati da senzatetto che passano giorni in fila per poi vendere ai lobbisti il diritto a confrontarsi con il potere legislativo? È ancora un’applicazione del libero mercato che ottimizza l’allocazione di un bene assegnandolo a chi dimostra con il denaro un maggior interesse, o si incrina il diritto dei cittadini alla partecipazione alla politica? È giusto che un posto alla messa con papa Benedetto XVI, per la prima volta negli Stati Uniti, sia stato pagato 200 dollari, o il bagarinaggio, nato su biglietti distribuiti gratuitamente, confligge con il valore dell’evento e lo mortifica? È giusto creare un mercato di futures sulla durata in vita dei malati di Aids con scommesse continuamente rinegoziate, o esistono campi in cui le speculazioni non sono accettabili?
È giusto che un’azienda guadagni centinaia di migliaia di dollari dalla morte di un dipendente perché ha stipulato un’assicurazione sulla sua vita senza comunicarlo al diretto interessato ? O in questo caso, al di là del giudizio etico, si configura un incentivo perverso a risparmiare sulle misure di sicurezza?
La domanda al momento non ha risposta ufficiale. Quella pratica viene dalle cronache: dopo l’attacco terroristico dell’11 settembre alcuni dei primi pagamenti delle polizze sulla vita non andarono alle famiglie delle vittime ma ai loro datori di lavoro.
Antonio Cianciullo
Fonte: http://www.reppublica.it
29.05.2013
La vera storia della razza umana, le menzogne degli occultatori e le finalità nascoste di chi manovra dietro il sipario
venerdì 24 maggio 2013
In questi giorni sono stato impegnato a realizzare una presentazione per il convegno di Ferrara di sabato e domenica 25/26 maggio 2013 (che presto conto di perfezionare ulteriormente e condividere sul web).
“Chi siamo, da dove veniamo, quale è la vera storia della razza umana? Chi nasconde la verità e perché?” … è un discorso un po’ lungo da condensare in 40 minuti
Al convegno segnalo anche i seguenti interventi
SABATO Ore 22,45 – “Alla ricerca di Atlantide” Relazione di Andrea Mangolini
DOMENICA Ore 10,00 – “ILOM: Intelligent Life On Mars” Relazione dell’Ing. Ennio Piccaluga
DOMENICA Ore 11.45 – “Fattore OZ” Relazione della Dr.ssa Enrica Perrucchietti
Riguardo al tema della mia relazione segnalo alcuni articoli interessanti sul mio amici-in-allegria:
http://amici-in-allegria.blogspot.it/2010/11/la-colonna-di-ashoka.html
sulla colonna che sfida la pioggia e non si arrugginisce mai, prodotto di una metallurgia avanzatissima di 1.500 anni fa.
http://amici-in-allegria.blogspot.it/2010/11/la-ciotola-ritrovata-allinterno-di-un.html
sulla ciotola rinvenuta dentro il carbone (in uno strato ufficialmente datato all’epoca carbonifera), che contraddice le teorie ortodosse sulla storia dell’uomo, a soprattutto le datatzioni (e radiodatazioni) convenzionali .
http://amici-in-allegria.blogspot.it/2010/11/baigong-tubi-nella-roccia.html
sui tubi ritrovati in Cina dentro una montagna, resto di chissà quale antica civiltà prediluviana.
http://amici-in-allegria.blogspot.it/2010/11/mummia-con-protesi-di-usermontu.html
sulla mummia di un sacerdote con innestata protesi metallica al ginocchio, capolavoro di chirurgia che non teme confronti con la scienza moderna.
Sull’evoluzione consiglio l’ottimo articolo
http://www.libertaepersona.org/wordpress/2011/01/ornitorinco-uno-darwin-zero-2277/#more-2277 e soprattutto il libro http://harunyahya.it/it/works/9335/
(quanto all’appartenenza degli autori alla fede cristiana o musulmana poco qui mi importa, dal momento che le loro argomentazioni sono valide).
Altri articoli su questo blog sono invece
http://scienzamarcia.blogspot.it/2009/07/fossilizzazione-parte1.html
sulle menzogne dell’evoluzione e della datazione dei fossili
http://scienzamarcia.blogspot.it/2008/09/darwin-e-la-betularia-la-prova-fasulla.html
sulle menzogne dell’evoluzione darwiniana
http://scienzamarcia.blogspot.it/2008/01/energia-atomica-nei-tempi-antichi-la.html
sulla conoscenza e l’uso dell’energia atomica nei tempi antichi
Sui reali mandanti di questa opera colossale di contraffazione della verità, che vogliono farci dimenticare le nostre vere origini, vedi anche gli articoli
http://scienzamarcia.blogspot.it/2009/10/scie-chimiche-3.html
http://scienzamarcia.blogspot.it/2012/08/entita-dominatrici-sciamanesimo.html
http://scienzamarcia.blogspot.it/2012/07/sono-veridici-i-resoconti-di-rapimenti.html
Come ulteriore approfondimento segnalo l’articolo di Zen Gardner
http://www.earth-heal.com/index.php/news/news/50-the-prison-system/886-5-ways-we-are-isolated.html di cui ho trovato una parziale e sintetica traduzione (a cura di Avalon Carr) tra i commenti del recente articolo
http://zret.blogspot.it/2013/05/comprendere-i-processi-economici-dei.html
5 modi con cui ci isolano l’uno dall’altro e ci allontanano dalle nostre radici.
I predatori devono avere avuto una buona conoscenza delle loro prede se volevano che la loro caccia fosse fruttuosa. E’ chiaro che noi siamo stati oggetto di studio e le nostre debolezze sfruttate allo scopo di esaurirci economicamente, fisicamente e spiritualmente. Il noto ricercatore Alan Watt si spinge fino al punto di affermare che tali predatori siano in ultima analisi responsabili per il desiderio di distruggere qualunque senso di individualità in noi.
E’ irrilevante chi compie questa aggressione, noi possiamo vedere che c’è una guerra in corso sull’individuo singolo nella quale siamo assaliti su numerosi fronti, e che stiamo perdendo la nostra identità a un ritmo talmente allarmante , con tale intensità e tanto rapidamente che è assai ridotta la possibilità che ciò stia avvenendo per caso. Sembra che i predatori stiano forzandoci dentro ad una atmosfera matura per favorire la corruzione delle menti. L’identità dei predatori, pur se cruciale, è oggetto di controversia, e tuttavia le loro azioni lasciano segni che sono indiscutibili e sui quali possiamo concordare, e se possiamo concordare su questi segni potremmo forse essere facilitati nel costruire un consenso su cio’ che accade in generale e su cosa fare a riguardo. Detto cio’, non e’ difficile concordare su quali siano i segni. Stanno di fronte a noi tutto il tempo.
1) Separazione dalle nostre madri/ distruzione delle unita’ familiari;
2) Separazione dai nostri anziani;
3) Guerre su antichi suoli/ licenze darwiniane di uccidere;
4) Popolazioni indigene prese di mira in tutto il mondo;
5) Educazione formale.
Vangelo di Marco 10,13-16
In quel tempo, 13 presentavano a Gesù dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. 14 Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. 15 In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». 16 E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.
Controllo e dominio
Gesù s’indignò. Il verbo greco usato aganaktèo – formato dall’avverbio àgan, “molto, troppo, non-sopportabile”, unito ad aktòs, “condotto, spinto”, aggettivo verbale di àgo, “conduco, spingo” – significa “ricevo una spinta, una sollecitazione forte, vengo urtato violentemente”, quindi per estensione indica l’essere irritati, lo sdegnarsi, l’adirarsi. Cos’è che dà una spinta così violenta contro Gesù, tanto da provocare la sua indignazione? Cos’è che lo urta così violentemente, che lo spinge in modo addirittura non-sopportabile?
L’esercizio del controllo e del dominio da parte dei suoi discepoli, questo è quello che urta il cuore di Gesù fino allo sdegno. Per Gesù è una cosa insopportabile vedere i suoi amici e discepoli esercitare controllo e dominio sugli altri uomini. Quanto un uomo è governato e sottomesso alla prepotenza e all’inganno dell’ego, lo si può dedurre facilmente dalla potenza del desiderio di quell’uomo di avere il controllo e il dominio sui suoi simili. Tanto più un uomo è schiavo del proprio ego, tanto più ama visceralmente esercitare il controllo e il dominio sugli altri, desiderio e aspirazione, questi, così potenti, che un uomo non può dissimularli in nessun modo. Non solo. Tanto più un uomo è schiavo del proprio ego e ama visceralmente esercitare controllo e dominio sugli altri, tanto più è facile esercitare su di lui controllo e dominio. Le diverse tipologie di addestramento somministrate all’uomo lungo i diversi periodi della storia, attraverso ideologie, religioni, morali, filosofie, sono stati e sono fondamentali, sia per mantenere più alto possibile il livello del desiderio di controllo e dominio nelle persone, sia per determinare il tipo di copertura legale, istituzionale, religiosa da utilizzare per legittimare un tale invincibile e devastante desiderio di dominio e controllo. Nessuna legge, costituzione, istituzione, morale è stata mai pensata realmente per la felicità dell’uomo, ma solo ed esclusivamente per legittimare la possibilità di esercitare controllo e domino sugli altri. C’è sempre un buon motivo per avere il diritto di esercitare il sacrosanto dovere di controllare e dominare il prossimo. In famiglia si controlla e si domina per proteggere e salvaguardare in nome dell’amore, dell’educazione, della morale, dei princìpi, del quieto vivere, dell’unità, del sangue. Negli affetti e nelle relazioni si controlla e si domina in nome della fedeltà, della fiducia, della gelosia, del possesso, per il desiderio di cambiare gli altri. Nel mondo del lavoro si controlla e si domina in nome del profitto, degli affari, del guadagno, del dovere, dei contratti, della carriera. Nella società si controlla e si domina in nome della legge, della convivenza, della pace, della sicurezza, del progresso, della tranquillità. Per esercitare il controllo sugli altri, l’ego del controllore ha assoluta necessità che coloro, sui quali desidera esercitare il controllo, siano in qualche modo a lui legati e dipendenti. Per esercitare il dominio sugli altri l’ego del dominatore ha assoluta necessità che coloro, sui quali desidera esercitare il dominio, siano in qualche modo a lui sottomessi e sottoposti. In qualsiasi caso, la legge del controllo e del dominio prevede che, se i controllati e i dominati non si lasciano controllare e dominare facilmente, a causa di un loro improbabile, innato, inspiegabile, malevolo rifiuto del controllo e del dominio, vanno rieducati anche con la forza e la violenza per il loro bene e il bene di tutta la comunità. Chi controlla i propri simili e cerca di esercitare il dominio su di loro, si oppone a Dio, è il peggior nemico della vita e l’essere più letale per l’umanità. Cercare di avere il controllo ed esercitare il dominio sugli altri è sempre male, viene sempre dal male, conduce sempre al male, perché in qualsiasi caso è sempre un modo per impossessarsi dello spazio altrui, è un modo per togliere spazio e dunque movimento alla persona e alla vita degli altri.
Il verbo greco, che nel vangelo viene usato per descrivere le parole e i gesti di rimprovero dei discepoli contro coloro che presentano i bambini a Gesù, perché li tocchi e benedica, è epitimào, “vado contro, giudico-valuto la pena, condanno”. Descrive pienamente lo stato mentale ed emotivo degli uomini immersi nell’ego, in perenne opposizione alla vita e agli altri uomini. Ma perché gli uomini si oppongono, si oppongono sempre, non accettano ma rimproverano-condannano, entrano in conflitto? Perché, pur volendo con tutte le loro forze avere il controllo degli eventi e delle persone ed esercitare su di loro il dominio, si rendono conto empiricamente che non possono avere il controllo di nulla e di nessuno. Si rendono conto che non possono esercitare il dominio totale sugli altri, allora entrano in uno stato mentale e psichico deviato e allucinato, dove il delirio di onnipotenza, che desidera garantirsi il controllo e il dominio, si trasforma in un’esigenza assoluta, imprescindibile per la propria sopravvivenza, che sfocia inevitabilmente e regolarmente in opposizione, blocco, sopraffazione, conflitto, violenza verso gli altri uomini.
Cosa propone Gesù all’umanità per sostituire lo spietato controllo reciproco e la devastazione del dominio? Gesù propone una cosa semplicissima e potentissima. Letteralmente è scritto: e avendoli abbracciati. L’abbraccio. Il verbo enagkalìzomai, “prendo sulle braccia, abbraccio”, esprime il contatto fisico, ma non solo, descrive la propensione interiore ad aprire le braccia, ad accogliere, ad avvolgere. Per abbracciare occorre aprire le braccia per avvolgere l’altro, aprire l’intelligenza, aprire il cuore e, invece di chiedere spazio, offrire spazio agli altri. Abbracciare è offrire spazio all’interno del proprio spazio fisico, psicologico, spirituale, cardiaco. Un abbraccio è apertura, accoglienza, l’abbraccio espone il petto e il cuore.
Ma Gesù non propone solo un abbraccio. Il suo abbraccio semplice e speciale, completamente inedito, è un abbraccio benedicente, che crea un nuovo dialogo interiore tra le persone, un dialogo interiore rivitalizzante, bello, sano, gioioso. Letteralmente è scritto: li benediceva. Ecco il contatto psichico, kateuloghèo, “parlo bene, benedico”. È abbracciare l’altro per immergerlo in parole nuove, nella benedizione della gratitudine, del benessere, dell’amore, della fiducia, della pace, della gioia. Etimologicamente il verbo kateuloghèo è composto dalla preposizione rafforzativa katà unita a euloghèo, composto a sua volta da eu, “bene”, e lègo, “raccolgo, dico”, dall’accadico lequ/laqu, “raccolgo, comprendo”.
Ma l’abbraccio di Gesù è perfino oltre. L’abbraccio di Gesù, abbraccio affettuoso e avvolgente, abbraccio benedicente, diventa anche imposizione delle mani. Letteralmente è scritto: ponendo le mani su di loro. Ecco il contatto nello spirito, il contatto dello Spirito. Tìthemi tas chèiras, “pongo le mani”, è il gesto che indica il nome stesso di Gesù: sanare e salvare. È il gesto della pienezza dell’accoglienza, dell’unità, della rinascita. Imporre le mani non è un semplice toccare, ma è insieme guarigione e trasmissione della propria forza-salvezza: Gesù impone le mani sia per guarire gli ammalati, sia per trasmettere la sua dýnamis, la sua potenza sanatrice-salvatrice, per trasmettere la pienezza della sua gioia e di ogni benessere.
Ecco cosa urta violentemente Gesù, ecco cosa provoca lo sdegno potente di Gesù: guai a coloro che, in nome del loro velenoso ego, usano il loro sterile desiderio di controllo e dominio per legittimare ogni blocco e impedimento a questo triplice abbraccio, incontro con Dio, con la vita, con i fratelli.
Raramente mi sveglio presto con tanti pensieri come oggi che mi frullano per la testa.
Dico questo perchè la mia igiene mentale è collaudata e consiste nel pulirmi da ogni ragionamento, preoccupazione, pensiero, scrupolo di coscienza prima di addormentarmi (circa mezz’ora di divagazione totale), per poi addormentarmi pregando.
Ma ieri la giornata è stata caotica, per cui qualcosa è rimasto nel subconscio; e la testa deve aver continuato a lavorare. Così ecco la proposta che ho da fare:
in primis metto a disposizione la mia casetta. Nella casa patronale ci sono altre stanze ed io potrei mettermi in una di queste.
Sarebbe un modo per stare insieme ed “esperimentare” la vita di una piccola comunità e di un similborgo a dimensione ridotta. Ci sono tutti i servizi possibili e immaginabili. Inoltre d’estate c’è sempre possibilità di arrangiare un lavoro extra. Potremmo inventarci anche qualche servizio e sperimentarci nel lavoro di squadra.
Può essere poi che io mi sposti, che vada qua e là. Lo stesso vale per voi.
Staremo a due passi da Roma, nel centro Italia, insomma. A due passi dall’aeroporto e dalla stazione. Potremmo spostarci con le bici e tenere sempre il forno a legna acceso per le pietanze, il pane e la pizza.
Sarebbe sempre festa e magari potremmo aggregare anche altri amici, nel limite del possibile. Lo spazio non manca: l’importante è che le spese non gravitino tutte su di me.
Abbiamo la nostra cucina ma potremmo anche condividere quella grande.
Potremmo trasformare gli spazi che al momento sono utilizzati diversamente e ricavare officine e depositi.
Intanto sto finendo di costruire la serra e gli spazi per l’orto. Ma sto anche
riflettendo su un orto pensile e altre forme di coltivazione. In questo potremmo farci venire ottime idee sfruttando a tutto nostro vantaggio la natura.
Poi, in quest’ottica, potremmo cominciare ad allargarci, pensando a Fatima e ai luoghi di pellegrinaggio e dove sono avvenuti i Miraccoli Eucaristici e tutt’altro ci si presenterà di volta in volta per l’occasione o come nuovi imput esterni.
Intanto come base potremmo allestire uno studio di progettazione, un laboratorio ed un ufficio di redazione per rimanere collegati con il mondo.
Mi diceva ieri un’amica che il padre lavora nella rivendita di formaggi, salumi, baccalà, ecc. E’ una sua attività e rifornisce i piccoli rivenditori. La ditta però è in rosso perchè fondata su vecchi metodi di rivendita e distribuzione, che non tiene conto dei GAS, delle Filiere brevi, del Km0, ma nemmeno della rivendita “porta a porta”. Sono assolutamente a conoscenza della direttiva Bolkestein, ma credo che si possa raggirare la legge attraverso la creazione di una Confraternita consortile, così come è concepita l’Arca della Bellezza.
Ho pensato che potremmo agganciare questi contatti (a cominciare magari dalla Puglia) e pensare noi a una redistribuzione (magari anche riprendendo i discorsi con altri amici; che significa anche produzione legata ai supermercati marchiati Xenobia e alla filiera del miele e di produzioni affiliate e convenzionate sul territorio a marchio doc). Se ne siamo capaci potremmo noi stessi ragionare su come gestire una norcineria con tanto di allevamenti. Ciò significa contattare piccoli produttori e diventare noi la loro rete di distribuzione, creando una filiera corta e favorendo direttamente i loro interessi. Poi ho in mente la produzione di manna da frassino, canapa, patate, sementi naturali, liquori da nespolo (simile all’amaretto da saronno) e non solo; manicaretti da forno ed altro. Mi piacerebbe riprodurre prodotti tipici quali i taralli pugliesi, torroni, focacce, gelati, oli di oliva, yogurt, sottoli e sottacetei; preparati di baccalà, timballi, torte salate, biscotti, confezioni alimentari per le strenne natalizie. Potremmo buttarci anche sull’abbigliamento, secondo i disegni scaturiti dalle esperienze degli Arcieri e lanciare una griffe parallela per i narcisisti e i “modaioli” con i cui proventi avviare gli altri progetti. La ricerca poi di borghi abbandonati vien da sè. L’importante è sviluppare modelli, marchi, progetti, una rete, un metodo, una strategia aziendale e persino industriale, se serve. Ma sempre a carattere artigianale e per aggregazione di persone che diventano piccoli imprenditori indipendenti anche se associati alla stessa rete di Xenobia.
In questo progetto potremmo da subito coinvolgere tutti gli amici. E sto parlando anche di servizi di assistenza, ritiri spirituali, valore aggiunto di moduli formativi per le scuole, i campi ricreativi, l’educational, la film location e le aziende. Potremmo allestire Format e gestirne la promozione dei lavori sviluppati da terzi. Potremmo pensare ad una radioonline e a telegiornali. Il tutto avendo come base Fregene, che potrebbe essere la nostra Silicon Valley.
Ma a questo potremmo aggiungere la produzione di Tende Yurta, Essenze e Piante Medicinali, prototipi di Saponi, impianti energetici a basso impatto liberi e gratuiti, Ricette Eco, modelli (inginocchiatoi, pannellistica, guide, manuali, forni, composter, riciclo, fertilizzanti, carri, attrezzi, antiparassitari, nuove economie, pellegrinaggi, ecc.), cultura vivaistica ed eco solidale, Banco Alimentare, e cultura Freegan, ecc.. Eccellenze Artigianali e AgroAlimentari, Qualità Totale, Efficacia, GLobalizzazione, gadget, souvenirs….
Faremo conoscere così, il nostro rigoroso e rivoluzionario marchio: Io Vivo i Borghi di Xenobia
Idee da sviluppare insieme
Parusìa
in Gesù Adveniente e Maria CorRedentrice